Accadeva in questo giorno, 18 ottobre, di ottanta anni fa.
I tedeschi in ritirata avevano minato strade e case, ponti e punti di collegamento che potessero essere utili alla risalita degli americani verso nord. Don Biagio Mugione, arciprete della Chiesa di San Sebastiano M. di Alvignano aveva solo 29 anni quando morì con un colpo d’arma da fuoco alla nuca. Secondo i racconti dei paesani, si trovava a Dragoni ma avendo saputo che la chiesa dove era parroco era stata minata, partì per raggiungere Alvignano ma di lui si persero le tracce. Testimoni riferirono subito che i tedeschi lo avevano caricato su un carro armato mentre sparavano tra la gente. Il suo corpo fu rinvenuto alcuni giorni dopo in un fossato e quindi avvisata la famiglia e organizzato il funerale celebrato da don Gregorio Mormile che era parroco in San Pietro e Paolo. Testimoni diretti di quei fatti, fino a pochi anni fa, raccontavano dell’impegno delle giovani di Azione Cattolica nell’allestire la bara, con rimediate assi di legno.
Questa sera alle 19.00, nella chiesa di San Sebastiano don Biagio sarà ricordato nella Messa alla presenza dei familiari e dei fedeli; pochissimi ne restano di quelli che lo conobbero di persona, ma in tanti vive il ricordo – tramandato oggi da anziani genitori o nonni – di un giovane sacerdote entusiasta della sua vocazione, appassionato del Vangelo tanto da essere innestato completamente nella vita della gente a lui affidata.
Era nato a Cardito il 14 febbraio 1914; per il suo legame familiare con Caiazzo e l’amicizia con l’allora vescovo Mons. Nicola Maria Di Girolamo venne in questa Diocesi per la sua missione pastorale e inviato come parroco ad Alvignano. Sapeva che la cultura era la strada per migliorare gli animi e la condizione sociale delle persone, perciò si rese disponibile ad impartire lezioni di latino e greco a chi glielo chiedeva; per la cura di se stesso invece, decise di iscriversi alla Facoltà di Lettere a Roma; appassionato di fotografia e di musica condivise con i giovani della sua comunità queste esperienze. Ripristinò i circoli di Azione Cattolica che il fascismo aveva soppresso e con l’AC diede vita ad una serie di iniziative per animare la vita della comunità. Il più caro ricordo di lui è l’eredità lasciata attraverso la scrittura (musica e parole) dell’Inno a San Ferdinando d’Aragona, patrono di Alvignano e Dragoni.
Ottanta anni dai fatti dell’ottobre del 1943 sono un evento già celebrato con rispetto e dolore dalle comunità di Caiazzo e di Alife anch’esse duramente provate dai fatti terribili provocati dalla ritirata tedesca, dopo la firma dell’Armistizio da parte del Generale Badoglio, e dall’avanzata delle forze militari alleate da sud. Piovvero bombe e la tensione si abbattè come pesanti frustate sulla popolazione.
Nello stesso giorno, il 13 ottobre, Caiazzo fu teatro della strage di Monte Carmignano per mano tedesca che in un casolare di campagna vide la fucilazione di 22 civili di ogni età. Su Alife invece cadde pesante il bombardamento degli americani (preceduto da una più leggera incursione il 9 ottobre) in cui persero la vita 80 civili mentre altri rimasero feriti. Pochi giorni fa, l’Amministrazione Comunale di Caiazzo e la Pro Loco di Alife, in collaborazione con enti e associazioni dei rispettivi comuni si sono resi protagonisti di eventi celebrativi.
In questo scenario accanto a don Biagio Mugione di Alvignano si collocano altre due figure di sacerdoti esemplari: don Pasquale Cervo e don Antonino Leggio.
Il primo era nato a Caiazzo l’11 agosto 1887; per lunghi anni parroco a Liberi – territori dediti alla pastorizia – si adoperò nel sociale fronteggiando l’analfabetismo e riunendo intorno a sé numerosi giovani ai quali insegnò a leggere e scrivere e suonare la chitarra. Nel 1939 il suo trasferimento a Caiazzo lo vide protagonista nella sua città natale dei fatti della seconda Guerra mondiale. Quel 13 ottobre del ’43, appresa la notizia della strage di Monte Carmignano fu tra i primi a correre sulla collina poco distante dal centro cittadino per assistere alla triste scena dei corpi dilaniati e benedirli, adoperandosi poi con un gruppo di volontari per la ricomposizione dei cadaveri (nello stesso giorno in contrada Fruscio furono trucidati anche un giovane contadino di 19 anni e un seminarista di 16 anni).
Di lì a pochi mesi, il 27 gennaio del 1944, durante un’incursione aereo, lo colsero le bombe mentre era in Cattedrale con un gruppo di bambini per il consueto appuntamento del catechismo. “Non fuggite, tra poco ce ne andremo tutti in Paradiso!”: per don Pasquale anche quel dolore avrebbe avuto una soluzione. Fu coraggio e fu fede la sua, anche quando nell’immediato dopoguerra contravvenne al divieto delle Gerarchie ecclesiastiche di portare la benedizione pasquale nelle case dei nemici della Chiesa (era il tempo dei feroci scontri tra Partiti): don Pasquale bussò alle case di tutti, convinto sostenitore che la misericordia di Dio e la sua mano benedicente è per tutti.
Don Antonino Leggio, raccontano ancora oggi gli alifani, fu rinvenuto senza testa. Il bombardamento di Alife in zona Castello fu più pesante che negli altri punti della città; era l’area dove il sacerdote abitava e da qui si muoveva per raggiungere la Cattedrale. Era nato ad Alvignano il 24 novembre 1886; aveva compiuto gli studi ginnasiali a Caiazzo e poi proseguito la sua formazione nel Seminario di Piedimonte d’Alife. Fu ordinato sacerdote a Caiazzo dal vescovo Settimio Caracciolo il 6 giugno 1909. Nel 1911 lo stesso vescovo lo nominò parroco di San Bartolomeo in Sant’Angelo d’Alife, una parrocchia di 600 anime, tra le più importanti e ricche della Diocesi di Alife. Fu tra i protagonisti del rinnovamento pastorale della Diocesi con l’avvento del vescovo Mons. Felice Del Sordo. A Sant’Angelo d’Alife infatti il giovane sacerdote si attivò anche in campo sociale fondando il gruppo de “L’Unione”; mentre insieme ai circoli di Azione Cattolica (durante la soppressione fascista e poi dopo) fu strenuo difensore di principi di democrazia e libertà assumendo rispetto alla scena politica locale un riconosciuto ruolo di visibilità. Fu per la Diocesi di Alife valido riferimento culturale e soprattutto vocazionale tanto che su incarico del Vescovo Luigi Noviello ebbe la responsabilità di curare i giovani in formazione al sacerdozio. Una volta designato alla Parrocchia Santa Maria Assunta-Cattedrale di Alife il suo impegno fu soprattutto con i giovani di Azione Cattolica; promosse la Santa Missione, pellegrinaggi e il rifacimento artistico della Cattedrale affidando al pittore napoletano Gaetano Bocchetti la realizzazione degli affreschi che ne coprono le pareti. Bello riconoscere, entrando oggi in chiesa, che quel luogo riconduce a lui, a quel sacerdote morto tragicamente a 57 anni di cui gli alifani che lo conobbero, ancora ne ricordano la dolcezza dei modi e la determinazione. Già da giorni era nell’aria odore di morte; la voce delle incursioni dei bombardieri americani aveva raggiunto la piana alifana dopo che si erano intensificati da alcuni mesi gli attacchi su diversi comuni della Campania. Molti alifani, soprattutto gli uomini adulti, si erano rifugiati sulle colline della frazione di San Michele ma don Antonino aveva scelto di restare sul posto. Per lui come tanti altri non vi fu scampo. Il 21 novembre 1948, terminato il Conflitto, Mons. Della Cioppa celebrò in Cattedrale una messa in suffragio degli alifani morti durante i due bombardamenti ricordando in modo particolare la figura del sacerdote. In quella circostanza fu letto il Decreto del Presidente della Repubblica che gli concedeva la Medaglia d’argento al valore civile.
Giovani sacerdoti per i giovani. Sembra essere stata questa la preoccupazione e il filo conduttore fra i tre, audacemente immersi nella povertà quotidiana, nei bisogni espressi dalla popolazione come dal Vangelo: essere con gli ultimi, per gli ultimi, incarnarsi.
L’ottantesimo anniversario di questi fatti ci riporta alla loro testimonianza di fede cristiana e diventa motivo per ripensare la nostra, alle scelte coraggiose che ogni giorno ci interpellano a stare nel terreno minato della storia, seminando pace.