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La preservazione della Diocesi alifana all’atto del Concordato del 1818

Per la rubrica di storia "Matese tra moderno e contemporaneo" torniamo a parlare della chiesa locale: un carteggio a firma del Vescovo Emilio Gentile fa emergere di lui la forte determinazione nel difendere la sede episcopale di Piedimonte dopo l'unione delle Diocesi di Cerreto e Alife nel 1818

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di Armando Pepe

Premesse e considerazioni
A seguito della Bolla pontificia «De utiliori», (del più utile), promulgata da papa Pio VII il 27 giugno 1818, occorreva riconsiderare l’organizzazione ecclesiastica e la redistribuzione delle diocesi (poiché considerate in sovrannumero) nel Regno delle Due Sicilie. Il presule di Alife, Emilio Gentile, scrivendo al cardinale Diego Innico Caracciolo-, membro delle Congregazioni dei Vescovi e regolari, della Residenza dei vescovi, dei Riti, della Consulta e del Buon Governo, delegato di Sua Santità Pio VI-, premeva affinché, nell’unione delle due diocesi, Cerreto ed Alife, la sede episcopale rimanesse a Piedimonte. Dal canto suo, il sindaco di Alife, Tommaso Apicio, magnificava l’illustre passato della propria città, ribadendone la centralità ecumenica e le preclare doti artistiche e architettoniche, implorando di non toccare la cattedrale.

Carlo VI in un ritratto di Johann Gottfried Auerbach

Dal carteggio emerge la passione, energica a dispetto dell’età, del vescovo Emilio Gentile, mostrata nel difendere Piedimonte, pari alla fervida tenacia del sindaco alifano, fiero della propria memoria storica. I brevi stralci presi in esame depongono a favore di una identità viva e del pari operosa: la Piedimonte dei tanti opifici, ove si lavorava e per cui si era famosi nell’intera Penisola, l’agricola e fertilissima Alife. L’ordinario diocesano sottolineava il titolo di Città, conferito a Piedimonte dall’imperatore Carlo VI d’Asburgo, il 23 dicembre 1730, la notorietà per i due mercati settimanali e per le fiere annuali (facile il riferimento alla fiera di San Martino), l’amenità del luogo e l’eredità immateriale di una santità trascorsa (parlando di San Giovan Giuseppe della Croce) e nondimeno immanente. Il colto sindaco alifano, Tommaso Apicio, andava fiero del fatto che, nonostante le traversie subite ed elencate, la città stesse rinascendo a ritmo vigoroso, coniugando antichità e modernità.

Le perorazioni del vescovo Emilio Gentile
Eminentissimo e Reverendissimo Signor Cardinale [Diego Innico] Caracciolo, Delegato di Sua Santità
«(f. 102. v.) La città di Alife, luogo della mia Cattedrale, rinomatissima nei fasti dell’antico Sannio, non deve riputarsi oscura, mentre è una città cinta di mura, con quattro porte, è popolata di 2000 abitanti, ed ha un fabbricato, ed un recinto per abitazioni, molto esteso, mentre Telese è interamente distrutta, e non conta che circa cento abitanti. Altronde, la città di Piedimonte d’Alife, luogo della mia ordinaria residenza, (f. 103. r.)  colla Curia e col Seminario, è vicinissima ad Alife, e può dirsi una continuazione della stessa, è una delle principali città della provincia, decorata col titolo di Città con Diploma Imperiale di Carlo VI [d’Asburgo], conta circa seimila abitanti, ha molti casali vicini, ed è celebratissima per la salubrità ed amenità del clima, per l’abbondanza ed eccellenza dei prodotti d’ogni sorta, per la rotabilità delle sue strade interne ed esterne».

«(f. 103 v.) La rinomanza della Città di Piedimonte, mia ordinaria residenza, sì per le circostanze di sopra indicate, come per la molteplicità de’ Stabilimenti di arti e manifatture, tra le quali si distingue quella della manifattura del cotone, di speciale protezione di Sua Maestà, che occupa circa 500 lavorieri (operai), per la concorrenza di più provincie e distretti nelle fiere annuali, e nei due mercati settimanali, per l’esistenza di due Collegiate parrocchiali insigni, con due magnifici templi, per l’ornamento di due monasteri di Religione Benedettina, e di un Convento di Frati Alcantarini, con celebre Santuario, e Solitudine adiacente, oltre quattro altri monasteri soppressi, di Celestini, Domenicani, Carmelitani, e Cappuccini, pel pregio di quattro Congregazioni laicali, e di vari monti di Pietà, e di beneficenza, merita una particolare considerazione per conservarsi nella medesima Città la sede vescovile in preferenza di Cerreto [Sannita], dove non concorrono affatto le accennate circostanze».

«(f. 104 r.) La città di Piedimonte, la più cospicua del Distretto medesimo, verrebbe a spogliarsi del miglior comodo, ed ornamento, della Sede vescovile, e del Seminario, di cui ha goduto per più secoli. L’educazione della gioventù di tutto il Distretto verrebbe a soffrire un discapito significante nella mancanza del Seminario di Piedimonte, posto in una delle migliori situazioni della Città, e frequentato da tutte le Diocesi vicine. In generale, la disciplina, la letteratura, il costume pubblico, e l’educazione civile resterebbero in un ristagno conseguente per la disunione delle prime Autorità ecclesiastiche, amministrative e civili del Distretto».

Piedimonte d’Alife, 18 agosto 1818
Umilissimo e obbedientissimo Emilio Gentile, vescovo di Alife

Memoria
«(f. 108 r.) La diocesi di Alife, in provincia di Terra di Lavoro, è la più antica delle sue limitrofe, cioè Venafro, Caiazzo e Cerreto […]. Il di lei seminario, capiente di settanta alunni, ha ducati duemila di rendita. […] Prima delle passate vicende, vi esistevano sette monasteri-,  ed ora ve ne sono due-, di monache claustrali benedettine, in numero di circa ottanta, che vivono con le di loro rendite, ed uno di Padri Alcantarini, in dove vi sono circa cinquanta Frati, ed è rinomato per un Santuario che vi esiste, il quale fu abitato dal Beato Giovan Giuseppe della Croce, in dove fondò le prime basi di sue virtù. […] Prima delle passate sventure fu stabilito di venirsi a visitare dal nostro Augusto Sovrano [Ferdinando I delle Due Sicilie]

Piedimonte d’Alife, 18 agosto 1818
Umilissimo e obbedientissimo Emilio Gentile, vescovo di Alife

L’orgoglio alifano del sindaco Tommaso Apicio
«(f. 110 r.) A Sua Eminenza il Cardinale Caracciolo. Signore, la Comune di Alife, in Provincia di Terra di Lavoro, e per essa il Sindaco, umilmente implora dall’Eminenza Vostra che nell’esecuzione dell’articolo 3 del Concordato, si conservi la sua Cattedrale nella stessa Città di Alife, dove fu fondata dai primi secoli della Chiesa. È noto all’Eminenza Vostra la grandezza, la potenza, la perspicuità di Alife, una delle capitali del Sannio, e quindi colonia dei Romani, patria feconda di tanti famosi eroi. E benché, dopo tredici espugnazioni belliche, e dopo il tremuoto [terremoto] del 1688, sia decaduta dalla sua grandezza, pure col beneficio del sito, e mediante le paterne cure di Sua Maestà, (Deo Gratias), va risorgendo dalle sue ruine, e riacquista rapidamente la sua gloria. Il numero, che vi cresce continuamente, del popolo, il Culto dei cittadini, la regolarità nelle fabbriche, che vi si costruiscono, la mondezza, che vi s’introduce, tutto promette il suo novello ingrandimento. Quindi è che s’implora dall’Eminenza Vostra di non permettere che la detta Cattedrale vada a subire l’ultimo destino […] La detta Cattedrale fu rifabbricata dalla stessa Università, e con Decreto della Sacra Congregazione del Concilio fu confermata nella città medesima nel 1705, quando da taluni si pretese ingiustamente di traslocarsi altrove, profittando delle vicende della detta Città. […] La detta Cattedrale è comoda all’accesso di tutte le popolazioni di questa e di altre diocesi per essere sita Alife in amena, ridente, ed apertissima pianura. […]

Tommaso Apicio Sindaco, Alife, 18 agosto 1818

Fonti e bibliografia
Archivio Apostolico Vaticano (AAV), Archivio Nunziatura Napoli 2, «Diocesi di Alife»;
Giuseppe Pignatelli, CARACCIOLO, Diego Innico, Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 19 (1976);
Jean-Marc Ticchi, Pie VII. Le pape vainqueur de Napoléon?, Paris, Librairie Académique Perrin 2022.

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