Silvia Rossetti – Dal 21 novembre entreranno in vigore regole più restrittive sul “parental control” e ai minori sarà limitato l’accesso a siti web considerati pericolosi. Gli ultimi dati riferiscono che la percentuale di bambini dai 6 ai 10 anni che si connette ad Internet è del 54%, e arriva al 94% nella fascia di età tra i 15 ed i 17 anni. Il 5% dei giovani tra i 14 e i 21 anni risulta essere moderatamente dipendente da internet e lo 0,8% è seriamente dipendente. Tra le dipend15enze più diffuse: i social network, il gioco online, lo shopping o i siti pornografici. Il SIR (Servizio di Informazione Religiosa, agenzia della Chiesa Cattolica Italiana) il prof. Federico Tonioni, psichiatra e psicoterapeuta, ricercatore dell’Istituto di Psichiatria e Psicologia nella Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Prof. Tonioni, pensa che regole più restrittive sul “parental control” possano essere una misura risolutiva? Non credo. Proteggere i giovani utenti della rete è importante, ma la vera tutela non nasce dalle misure restrittive.
La diffusione delle nuove tecnologie quanto influenza la psiche e la mentalità delle nuove generazioni? L’ambiente post-natale in cui i nostri figli crescono è inedito rispetto a quello delle nostre generazioni, sono immersi fin dalla nascita nel mondo digitale. Il loro profilo cognitivo è cambiato, il linguaggio per immagini ha più spazio rispetto a quello delle parole. Questi cambiamenti sono evolutivi, non patologici. Occorre prenderne atto. La scuola, ad esempio, non si è adeguata, si utilizzano ancora troppi libri di carta. Lo zaino di un bimbo della scuola primaria è paragonabile a un trolley. Anche le metodologie didattiche e i contenuti non si sono evoluti, nelle aule gli alunni si annoiano e nel frattempo i disturbi dell’apprendimento sono cresciuti esponenzialmente. In gran parte d’Europa non esistono classi, ma corsi. Si imposta con gli studenti un rapporto più dialogante e si punta alla responsabilizzazione del discente.
Bisogna però fare i conti con i danni che l’eccessiva esposizione al web determina… Nelle giovani generazioni assistiamo a un decremento acuto dell’uso del corpo. La comunicazione digitale non è “virtuale”, ma “reale” perché su Internet si trovano amicizie, ci si innamora, si lavora… È ovvio, però, che le relazioni digitali non sono “intere”, manca il corpo in queste esperienze. Le emozioni nel mondo digitale sono “rappresentate” più che vissute, pensiamo all’impressionante numero di emoji che utilizziamo nelle chat. A volte il tempo trascorso a stretto contatto col digitale diventa la copertura di insicurezze relazionali e di una angoscia esistenziale profonda, così il web assume una funzione “autoterapeutica”, quindi patologica. Attraverso i dispositivi si attiva uno stato di dissociazione mentale, che rischia di trasformarsi in una gabbia di vetro da cui poi non si esce più.
In che cosa consiste e quanto è diffusa la dipendenza dal web e dalle nuove tecnologie? La patologia del web si divide in due cluster. Il primo riguarda quei ragazzini tra gli 11 e i 13 anni che, non riuscendo a scalare la “montagna” l’adolescenza, si rifugiano nel ritiro sociale, divenendo degli hikikomori. Questi preadolescenti praticano il gaming, dedicandosi soprattutto giochi “sparatutto”, che fanno da detonatore alla loro rabbia. Il secondo cluster è rappresentato dai ragazzi che invece sperimentano l’adolescenza e accedono ai social network. Spesso si imbattono con il problema del cyberbullismo, sperimentando la vergogna e l’umiliazione. Questi episodi determinano dei veri e propri breakdown, mettendo a nudo le loro fragilità emotive.
Come fare prevenzione? Non è sottraendo il pc o stabilendo gli orari di connessione che si prevengono le patologie. Il controllo allontana da noi i nostri figli e li spinge in luoghi inaccessibili. La prevenzione deve essere fatta fin dai primissimi anni di vita. A volte i genitori cadono nella tentazione di trasformare un tablet in una baby sitter a buon mercato. Lo facciamo tutti! In alternativa, diventiamo radicalisti e poniamo divieti. È fondamentale ricordare che l’autostima è l’unica forma di prevenzione efficace e non è determinata dalle perfomance scolastiche e sportive. Essa nasce soprattutto dall’esperienza di essere amati, soprattutto quando si delude. Le regole vanno stabilite non per “vincere” sui figli e ridurli all’obbedienza, ma per comprendere e far comprendere cosa è meglio in quel momento e innescare trattative.