Dove vanno Israele e Hamas? Quale sia la direzione del conflitto in Terra Santa è ancora difficile capirlo e anche ipotizzarlo.
Di sicuro “a Betlemme non ci sarà Natale” se non attraverso la sole celebrazioni liturgiche presiedute dal Patriarca dei Latini Card. Pierbattista Pizzaballa alla Basilica della Natività.
A parlarne stamattina è stato Padre Ibrahim Faltas, vicario per la Custodia di Terra Santa ai giornalisti delle testate diocesane riuniti a Roma presso il Carpegna Hotel Domus Mariae per la XX Assemblea elettiva.
Il suo intervento giunge a soli due mesi dai precedenti incontri che alcuni tra questi giornalisti hanno avuto con lui direttamente a Gerusalemme in settembre: se allora le sue parole sono state invito a raccontare sui giornali il bene e lo sforzo che la Chiesa cattolica e tutte le chiese cristiane hanno costruito per favorire dialogo e pace, a dare voce allo sforzo congiunto delle Chiese cristiane, associazioni, famiglie perché la Terra Santa sia casa del pane che sfama il desiderio di bene, di libertà…
Stamattina, diversamente, nelle sue parole e nel suo sguardo il peso dell’incertezza, dell’incognito e la certezza che dallo scorso 7 ottobre, il giorno in cui Hamas ha attaccato Israele tutto è completamente cambiato “israeliani e palestinesi che lavoravano insieme non si salutano più”. Freddezza, diffidenza, distacco, e perfino la paura da parte degli arabi di parlare ad alta voce per strada rivelando così radici e identità.
Ma l’intervento di Faltas è iniziato ricordando le due Intifade e i terribili giorni dell’assedio alla Basilica di Betlemme dal 2 aprile al 10 maggio 2002 in cui lui fu protagonista assoluto del dialogo tra israeliani e palestinesi. Uomo di dialogo e di accordi, anche oggi padre Faltas porta avanti la missione del dialogo che apre strade impensabili, che spianino sentieri tra l’accidentato percorso di pace di cui il mondo intero ha bisogno, ha partire dalla Terra Santa. La pace in questo luogo quale premessa a tanti processi di pace: è il sogno e il grido che da quel luogo si solleva con ferma certezza.
Faltas ha ricordato ai giornalisti della Fisc il primo giorno degli attacchi di Hamas ad Israele; lui era a Gerusalemme con i ragazzi della sua scuola: “mai avevamo visto passare tanti razzi”; di lì a qualche ora le famiglie hanno ritirato i loro ragazzi e così tenuti a casa per 15 giorni.
Città spettrali Gerusalemme e Betlemme, lontane dalle scene che i pellegrini sono abituati a vedere; famiglie senza lavoro perché ristoranti, alberghi e negozi di souvenir hanno chiuso a fronte di un tirano nuovamente azzerato dopo la già pesante situazione del COVID-19; solo da Betlemme ogni mattina escono 130 insegnanti che lavorano nelle scuole cattoliche percorrendo impervi percorsi stradali, il resto degli abitanti è blindato nella piccola città n mentre si alimenta il sogno di molti arabi cristiani di scappare e andare altrove. Chi custodirà i luoghi santi? È questa la complessa scena restituita da padre Ibrahim ai presenti: desolazione e domande senza risposta a cui indirettamente ci viene spontaneo rispondere con una proposta da qui, dalla nostra Italia: aiutiamo i cristiani di Terra Santa attraverso i canali ufficiali in cui far confluire il nostro sostegno economico perché i frati della Custodia e la Chiesa Cattolica possano garantire beni, servizi, formazione e cultura.
“Tutti sono cambiati, non trovi una persona che è uguale a prima del 7 ottobre”: la preoccupazione è quella di una ripresa (quando sarà il momento) difficile e fragile.
“Oggi alle 7 del mattino è iniziata la tregua, ma secondo me dopo inizierà un’altra guerra, quando i palestinesi usciranno e vedranno la distruzione di questi 50 giorni”, ha aggiunto padre Faltas. “Gaza è completamente distrutta – ha spiegato -. I nostri cristiani si sono radunati nel convento latino. 700 persone al freddo, senza medicine, mangiare e bere. 18 persone sono morte a causa di un bombardamento: 9 donne e 9 uomini. Tutti hanno perso la casa”.
Immagine che chiama in causa la nostra preghiera e un’attenzione in più.