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Jannik Sinner, campione di umanità. La rivoluzione educativa di cui tutti abbiamo bisogno e lo sport in modo particolare

Ieri, dopo 47 anni, la nazionale italiana di tennis guidata dal ct Volandri, a Malaga contro l'Australia ha conquistato la coppa Davis. Sinner ha brillantemente guidato Arnaldi, Musetti, Sonego e Bolelli e nuovamente regalato una lezione di vita

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Ha riscritto la storia del tennis italiano; prima di lui nessun aveva mai vinto così tanto nelle Atp Finals e ora a 22 anni ha raggiunto il più alto gradino in Coppa Davis. Questi sono i campioni.

Eppure c’è un’altra vetrina di trofei che Jannik Sinner vanta da tempo, da sempre; sono i suoi e nessuno saprà mai scipparglieli via: l’educazione, l’altruismo, la mitezza… e ancora altro che ognuno di noi a sentirlo parlare avrà colto e apprezzato.

Le parole che ha pronunciate in conferenza stampa dopo la vittoria di ieri sera a Malaga in cui ha guidato la squadra che dopo 47 anni ha riportato la Coppa Davis in Italia, lo consacrano campione di umanità, atteggiamento al quale ci sta lentamente abituando, provocando, speriamo, una rivoluzione educativa di cui il mondo dello sport ha bisogno, e che riportiamo integralmente: “Ci tengo… vogliamo dire che domani è un giorno importante per Tathian (Garbin). Speriamo che questa vittoria le possa dare forza. Saremo tutti con lei. Qua si parla di vincere la Coppa Davis. Sì, è bello, si fa la storia e siamo tutti contenti. Ma quello che conta nella vita è totalmente qualcos’altro. Dobbiamo sentirci molto fortunati di essere in questa posizione in cui siamo; e ovviamente saremo tutti con lei”. Il pensiero del tennista altoatesino è alla ct della nazionale femminile di Tennis che oggi sarà sottoposta ad un secondo intervento chirurgico per l’asportazione di un tumore.

Influencer di buona maniere, il ragazzo con i capelli rossi (anche preso in giro per questo) continua ad educare: ringraziare pubblicamente gli avversari, augurare loro il meglio, complimentarsi con i team di altri campioni per i traguardi raggiunti, chiamare in causa gli amici, dispensare gratitudine così come ha fatto (e con lui gli altri della squadra italiana di tennis) nei confronti di Matteo Berettini il campione italiano che viene da un difficile momento sportivo e personale ma che ha seguito la nazionale in Spagna per questa attesa finale.
Se l’Italia del tennis da oggi lo celebra per i meriti e per i risultati di cui è stato capace, restituendo a questa disciplina una forte visibilità e sicuramente suscitando nuovi affezionati, c’è un’altra Italia che ha il dovere di riconoscere davanti ai meriti umani di questo ragazzo i propri fallimenti sul piano educativo: Sinner insegna il valore della squadra, cosa che in uno sport individuale come il tennis non è scontata; il valore della vita altrui, il valore della sconfitta che migliora (se ne fai tesoro e ti lasci aiutare a leggerne le cause) ma non umilia e neppure esacerba l’animo; il valore del sacrificio e della concentrazione, e quello dell’esultanza vissuto con compostezza, quasi…letizia.

Una sfida, quella disputata ieri al palazzetto “Martìn Carpena” che aveva il sapore della precarietà soprattutto a causa del peso emotivo che gravava sulle spalle del capitano Filippo Volandri e dei cinque convocati Jannik Sinner, Matteo Arnaldi, Lorenzo Musetti, Lorenzo Sonego e Simone Bolelli; finchè gli occhi sono stati solo per Sinner, anche quelli del suo diretto avversario De Minaur, divenuto spettatore di un nuovo prodigio.
Chapeau. Riconoscenza a chi riesce a fare dello sport non solo un campo di battaglie per piazzare classifiche ma un’esperienza che suggerisce in maniera così amplificata come in queste ore, modelli per la vita di altri giovani.

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