Solo pochi giorni fa neve e sole: spettacolo della natura nel Matese ricoperto di bianco e di luce: non sono mancate le prime escursioni in ciaspole e sci, ma anche passeggiate in riva al lago; decine gli scatti fotografici che hanno immortalato sul posto la bellezza dei particolari e la suggestione del paesaggio, ma anche a distanza, fissando sui cellulari l’imponenza del nostro massiccio. È tornata la pioggia e la Protezione Civile della Campania segnala per le aree del Matese e dell’Alto Volturno un’allerta gialla fino alla serata di questo 30 novembre. Tra l’entusiasmo generale si son fatte spazio frasi come “tutto normale”, o “questo è il tempo” con la speranza che la siccità e la scarsa neve dei mesi centrali dello scorso inverno non trovi replica, eppure c’è da confermare che siamo in piena emergenza climatica: situazione ben diversa da come va il tempo oggi, domani o per l’intera settimana.
Perché “meteo non è clima”, come spiega Pietro Lacasella, antropologo e scrittore-blogger interessato ai contesti alpini, che tra le sue attività oggi organizza e cura i contenuti della testata online Lo Scarpone del Club alpino italiano: divulgazione a portata di tutti ma su fondamenti scientifici. Dal 2020 cura il blog Alto-Rilievo / voci di montagna su cui proprio nei giorni scorsi ha spiegato questa differenza: “Un soffio d’inverno sta attraversando la catena alpina. E menomale verrebbe da dire! Eppure c’è già chi ha incominciato ad affermare – affidandosi a singoli eventi meteorologici – che questi episodi sono la dimostrazione che il clima non sta cambiando. Niente di più scorretto. Gli studiosi ci insegnano infatti che, mentre il tempo meteorologico indica una condizione temporanea dell’atmosfera in un determinato luogo, il clima è invece l’insieme di tutti i fenomeni meteorologici e atmosferici che si verificano in un intervallo di tempo molto più lungo (in genere 25-30 anni)”.
Quindi ancora attenzione, ancora l’invito a cambiare rotta rispetto alle abitudini: l’appello di studiosi ed esperti raggiunge tutti, dai governi, all’industria, ai singoli abitanti di un Pianeta ormai malato.
L’attualità di Papa Francesco
Oggi a Dubai si apre la Cop28, la ventottesima edizione della Conferenza delle parti delle Nazioni unite dedicata al clima, per la prima volta con il più alto numero di rappresentati: settantamila partecipanti per fare il punto sull’accordo di Parigi siglato nel 2015 circa il taglio delle emissioni di gas serra. Tra i più attesi ospiti ci sarebbe dovuto essere Papa Francesco, fermato in Vaticano da un’infezione polmonare, protagonista di una nuova battaglia per la salvaguardia del Pianeta: Laudate Deum, dopo Laudato Sì, è il secondo documento dal 2015 che il Pontefice consegna non solo al mondo cattolico ma alla comunità mondiale ricordando che “Nessuno può ignorare che negli ultimi anni abbiamo assistito a fenomeni estremi, frequenti periodi di caldo anomalo, siccità e altri lamenti della terra che sono solo alcune espressioni tangibili di una malattia silenziosa che colpisce tutti noi. È vero che non tutte le catastrofi possono essere attribuite al cambiamento climatico globale. Tuttavia, è verificabile che alcuni cambiamenti climatici indotti dall’uomo aumentano significativamente la probabilità di eventi estremi più frequenti e più intensi”. Chiama in causa proprio i progressi e i fallimenti delle Conferenze sul clima; esamina sotto la lente il concetto di potere nel cui nome l’uomo (governante o cittadino) ha piegato la natura, chiedendo maggiori responsabilità, e agli uomini di fede una presa di coscienza in nome di quel mandato originario a custodire la Terra.
“Dio ci ha uniti a tutte le sue creature”, scrive Francesco, “Eppure, il paradigma tecnocratico può isolarci da ciò che ci circonda e ci inganna facendoci dimenticare che il mondo intero è una “zona di contatto”. (Laudate Deum, 41).