Noemi Riccitelli – Probabilmente uno dei personaggi storici più noti, raccontati, rappresentati, il simbolo di una Nazione e di una fase storica delicata e di passaggio per l’equilibrio del continente europeo, quella tra ‘700 e ‘800.
Fonte di ispirazione per la fervida scrittura di Ugo Foscolo e di Alessandro Manzoni, Napoleone Bonaparte è indubbiamente una figura che ha appassionato, deluso, entusiasmato, diviso, le sue gesta e le sue sconfitte appartengono alla Storia e l’arte, in tutte le sue forme, cinema in primis, ha restituito al pubblico, molteplici volte, in molteplici forme, il suo profilo.
Così, anche il regista britannico Ridley Scott, già incline al racconto storico (tra tutti, l’iconico Gladiatore, di cui è in fase di riprese l’attesissimo sequel) fornisce una sua personale (personalissima) versione del generale, poi imperatore, Bonaparte, al quale ha dato le fattezze del camaleontico Joaquin Phoenix, il suo Commodo nel Gladiatore.
Napoleon è al cinema dal 23 novembre, prodotto da Apple Studios.
Parigi, 1789. Con la decapitazione della ormai ex regina Maria Antonietta (Catherine Walker), la Rivoluzione Francese raggiunge il suo culmine e il popolo si dà un nuovo governo, plasmando così il prossimo futuro della Francia.
Napoleone Bonaparte (Joaquin Phoenix), ufficiale dell’esercito, riesce, grazie alle sue doti in battaglia e ai suoi legami politici, ad inserirsi sempre di più nelle maglie del potere del nuovo Stato, diventando generale, Primo console e, infine, imperatore.
Le sue campagne militari lo conducono in tutta Europa, passando anche per l’Africa, con la celebre campagna d’Egitto; nel corso dei suoi viaggi il pensiero, tuttavia, torna sempre a casa, alla sua amata Giuseppina (Vanessa Kirby), con la quale instaura un rapporto molto peculiare.
Il titolo del film è icastico: il protagonista assoluto è proprio lui, Napoleone, di cui Ridley Scott fornisce un profilo insolito, tendendo a sbiadire la verità storica, per lasciare spazio, invece, ad una visione che va al di là del tradizionale racconto biografico.
Infatti, la sceneggiatura di David Scarpa si snoda tra l’interiorità del protagonista, mostrandone le venature umanissime, e il racconto delle sue imprese, la cui messa in scena è grandiosa, da manuale di storia.
Ilarità, capriccio, piccole-grandi manie caratterizzano il Napoleone di Scarpa e Scott, restituendo così allo spettatore una sagoma originale, che va oltre il potente generale a cavallo o dell’imperatore che si autoincorona, come nei dipinti del tempo di Jacques Louis-David, le cui scene il regista riprende in più sequenze del film.
Joacquin Phoenix si conferma unico e inimitabile: espressioni, pose e atteggiamenti contribuiscono alla riuscita del personaggio in una performance di pregio.
Anche Vanessa Kirby, nel ruolo dell’amata prima moglie di Napoleone, è una protagonista di impatto, con sguardi intensi e decisi si pone accanto a Phoenix con altrettanto talento.
I due, infatti, riescono a dar vita al rapporto ambiguo, di reciproca seduzione e attrazione, non solo fisica, ma soprattutto intellettiva, al limite della dipendenza affettiva e psicologica.
Tuttavia, nonostante le performance autorevoli, il racconto progredisce lentamente, per avere poi dei momenti di vera esaltazione e puro piacere visivo nelle sequenze delle varie battaglie, esaltate dalla fotografia di Dariusz Wolski (già sodale di Scott in altre pellicole) e dalle musiche di Martin Phipps (tra i suoi lavori più recenti, la serie Netflix The Crown).
In particolare, tra tutte, si distinguono la finale e definitiva Battaglia di Waterloo, in cui si evidenzia la presenza di Rupert Everett nel ruolo del generale Wellington, con un’interpretazione modesta per minutaggio, ma brillante nell’esecuzione, e la campagna di Russia.
In conclusione, Napoleon è certamente una visione pregevole, che ha il suo valore, da vedere al cinema, ma non il migliore film di Ridley Scott per coinvolgimento e pathos.