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Commento al Vangelo seconda domenica di Avvento. Giovanni il Battista, colui che “prepara” la via del Signore

Commento al Vangelo di domenica 10 dicembre, seconda di Avvento - Anno B

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di Padre Fabrizio Cristarella Orestano
Comunità Monastica di Ruviano (Clicca)

II domenica di Avvento – Anno B
Is 40,1-5.9-11; Sal 84; 2Pt 3,8-14; Mc 1, 1-8

La venuta del Signore, benché imprevedibile quanto ai modi e ai tempi, non è mai sganciata dalla storia degli uomini: al contrario, essa viene preparata all’interno della vicenda umana dal misterioso agire di Dio, che sempre si serve della collaborazione di uomini e donne pronti ad accoglierne la voce, per quanto scomode e costose possano risultare le sue richieste. È stato così per Abramo, per Mosé e per quanti, nel corso della storia della salvezza narrata nella Scrittura, hanno “prestato” la propria voce a un Dio che, a differenza degli idoli fatti dalle mani dell’uomo, non ha labbra, eppure può e desidera parlare.

 

Tiziano: “San Giovanni Battista” (1540 ca.) – Gallerie dell’Accademia – Venezia

Se a Giovanni il Battista spetta un posto tutto particolare all’interno della folta schiera di precursori del Signore – ai quali la Lettera agli Ebrei non esita a riferirsi, additandoli alla comunità cristiana come modelli di una fede capace di attendere “operosamente” la venuta del Signore (cf. Eb 11) –, ciò non è solo a motivo della prossimità cronologica con la vicenda di Gesù di Nazaret: tra Giovanni e Gesù, infatti, è possibile riconoscere un vincolo assolutamente unico e particolare, che si fonda sulla disponibilità di entrambi a obbedire l’uno per mezzo dell’altro alla volontà di quel Dio, che nella coscienza di Gesù e attraverso di essa per tutti gli uomini, si sarebbe rivelato con il volto di un Padre: il battesimo di Gesù al Giordano per mano di Giovanni, infatti, mostra che tanto Gesù quanto Giovanni hanno accettato di non sottrarsi a un’obbedienza a Dio tanto assoluta quanto “cieca” («Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia», Mt 3,15).

In tal modo, però, Giovanni e Gesù, così diversi nello stile della loro vita e della loro predicazione, si incontrano in quella tensione al Regno che costituisce il cuore del loro annuncio («Il regno dei cieli è vicino», Mt 3,1 e 4,17) e sono in pieno accordo nel mostrare che tale annuncio non può rinunciare alle esigenze della giustizia. La misericordia, che pure costituisce uno dei nuclei centrali del messaggio di Gesù, sarebbe assolutamente svuotata della sua portata esistenziale e salvifica se ad accompagnarla non vi fosse la giustizia, che implica il guardare alla vicenda umana “in verità”, riconoscendola abitata dal peccato e, dunque, bisognosa di conversione (Giovanni «proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati… E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati», Mc 1, 4-5).

È proprio questa “ferita”, da cui è affetta la storia degli uomini, a far sì che Dio tenti instancabilmente di entrare in essa per portarvi la sua salvezza. Uno sguardo vero, per quanto “crudo”, sulla realtà umana e sulla “verità” della sua miseria, dunque, aiuta l’uomo a cogliere in profondità l’efficacia salvifica dell’intervento di Dio nella storia, ricordando che per godere di quella salvezza nell’oggi è necessario riconoscere l’umano bisogno di salvezza e, ancor più, mettere a fuoco ciò da cui concretamente essere liberati. Il peccato non è mai qualcosa di teorico e di astratto: esso, al contrario, è il collocarsi, consapevole e concreto, al di fuori della relazione filiale/fiduciale nei confronti di Dio, per porsi al servizio di tutti quegli idoli, che, pur non essendo Dio, ricevono da parte dell’uomo la fiducia che a Dio solo spetterebbe. È allo smascheramento di queste schiavitù che mira la dura essenzialità di Giovanni, che la predicazione di Gesù non nega, ma compie: se, infatti, Giovanni ha vissuto e annunciato l’essenziale, denunciando tutto ciò che lo contraddice, Gesù lo ha fatto mostrando nella sua umanità la novità e la pienezza di vita che quell’essenziale realizza in quanti lo accolgono.

Ai discepoli del Signore, che ancora vivono nella tensione tra ciò che è preparazione (la vita in Christo e in Ecclesia) e ciò che è compimento (il Regno), è, dunque, chiesto di arrivare ancora a Gesù “passando per il Battista”: sottrarsi a questo significa condannarsi a non gustare mai pienamente nel proprio oggi il dono di una salvezza che raggiunge l’uomo al cuore della sua miseria.

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