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Un Natale di speranza: quattro visioni al cinema e in piattaforma per illuminare la prospettiva sul futuro

Il Settore comunicazioni sociali della Chiesa Italiana propone quattro nuovi titoli e un grande classico per invitare ad una viva riflessione sul senso dell'Avvento

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Noemi Riccitelli – «Anche se il timore avrà più argomenti, tu scegli la speranza».
Così il filosofo Seneca nelle sue Epistulae Morales ad Lucilium, invitando il suo interlocutore ad abbandonare i timori e le preoccupazioni, scegliendo di credere e sostenere una prospettiva positiva. Ed è proprio questa stessa luminosa visione che la Commissione nazionale valutazione film della CEI ha abbracciato nella preparazione del nuovo Sussidio pastorale per l’Avvento e il Natale, dal titolo “La luce della speranza”. Certo, evocare una dimensione così rosea potrebbe sembrare un paradosso, forse anche superficiale, considerando la dura, durissima realtà che il mondo vive in questo momento storico, ma il tempo dell’Avvento rappresenta, del resto, proprio questo: credere che, nonostante tutto, qualcosa di straordinario sia possibile, impegnandosi tuttavia concretamente nella quotidianità per affermare una dimensione pacifica e costruttiva.

Vegliare, condividere, preparare, custodire, testimoniare, illuminare, contribuire, agire: verbi, imperativi, che la Commissione ha scelto per accompagnare i titoli proposti in questa riflessione cinematografica nel corso dell’Avvento.
Vincenzo Corrado, direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, nell’introduzione, parla di una “lanterna magica”, una luce forte e viva di cui ognuno deve farsi latore per illuminare le vie troppo spesso cupe della vita di tutti i giorni e come questa luce, spesso, possa essere rappresentata dal cinema stesso.

Il sussidio, curato da Massimo Giraldi, Sergio Perugini, don Andrea Verdecchia ed Eliana Ariola, con una nota introduttiva di Arianna Prevedello, responsabile della formazione e azione pastorale dell’Acec (Associazione cattolica esercenti cinema) presenta i seguenti titoli, tra sala, piattaforme (Netflix) e “archivio” storico: “The Old Oak” di Ken Loach, “Il male non esiste” di Ryusuke Hamaguchi, “Tutta la luce che non vediamo” di Shawn Levy e “Wish” di Chris Buck e Fawn Veerasunthorn, infine, il classico “Scrivimi fermo posta” (“The Shop Around the Corner”, 1940) di Ernst Lubitsch.
Storie in cui i protagonisti, pur trovandosi in difficoltà, vessati da condizioni critiche, volgono uno sguardo fiducioso al futuro, resistendo con coraggio.

 THE OLD OAK  2016, Inghilterra del Nord.
In una cittadina un tempo legata all’attività mineraria e ora con un’economia implosa, segnata da povertà e diffusa disoccupazione, arrivano delle famiglie di profughi siriani.
Gli abitanti rispondono con freddezza: c’è paura, non tanto del “diverso”, quanto di nuove bocche da sfamare. E così si verificano episodi di odio e intolleranza.
A dare un cambio di passo alla situazione sono il proprietario di un pub, TJ Ballantyne (Dave Turner), e una ragazza siriana, Yara (Ebla Mari). Insieme organizzano dei pranzi domenicali per la comunità. Da lì (ri)parte il dialogo, il cammino di convivenza solidale… (Qui l’articolo di Clarus)

 IL MALE NON ESISTE  Campagna fuori Tokyo, oggi.
Nel villaggio di Mizubiki vive Takumi con la figlia Hana. Le loro giornate si susseguono dolci, tra una passeggiata nei boschi per raccogliere legna, acqua e spezie da usare in cucina. Una vita fatta di gioco e contemplazione, senza contaminazioni urbane. Un giorno si presentano dei tecnici di una società che annunciano alla piccola comunità locale che presto lì sorgerà un “glamping”, un campeggio di lusso volto a ospitare clienti facoltosi in cerca di un respiro nel verde. I metodi con cui i tecnici vogliono “sedurre” gli abitanti sono marcati da ambiguità…

 TUTTA LA LUCE CHE NON VEDIAMO  Francia, 1944.
Negli ultimi accesi combattimenti, tra l’imminente arrivo delle truppe statunitensi e le ostilità dei nazisti ancora su suolo francese, a Saint-Malo c’è Marie, una ragazza non vedente, che trasmette illegalmente da una postazione radio in casa. Nell’assenza dell’amato padre Daniel e dello zio Etienne, impegnati nella resistenza, la giovane mantiene vivo il morale della gente e al contempo diffonde messaggi in codice per gli alleati. Sulle sue tracce due soldati tedeschi, il brillante radiofonista Werner, ammaliato dalla sua voce, e lo spietato ufficiale Von Rumpel.

 WISH  Il regno magico di Rosas, su un’isola nel Mediterraneo,
è governato da re Magnifico, che ha il potere di esaudire desideri
e sogni del suo popolo. A Rosas vive la diciassettenne Asha, che vorrebbe diventare apprendista del re, anche per poter esaudire il sogno del nonno centenario. Una sera Asha si imbatte in una piccola stella, Star, che accorre al suo richiamo per aiutarla…

Per concludere, il classico degli anni ’40 Scrivimi fermo posta, il cui titolo originale è The Shop Around the Corner, prodotto e diretto da Ernst Lubitsch, tratto dalla commedia Parfumerie, scritta nel 1937 dal commediografo ungherese Miklos Làszlo.
Commedia romantica, ambientata a Budapest poche settimane prima del Natale, vede come protagonisti Alfred e Klara, interpretati da James Stewart e Margaret Sullavan, due giovani commessi che lavorano nello stesso negozio di articoli da regalo di proprietà del signor Matuschek.
I due hanno avviato una corrispondenza epistolare, ignorando l’uno l’identità dell’altro: una dinamica peculiare che conferisce vivacità alla vicenda.
Certamente più noto il riuscitissimo remake C’è posta per te (You’ve Got Mail) diretto nel 1998 da Nora Ephron, con la coppia Meg Ryan e Tom Hanks.
Scrivimi fermo posta, nelle parole della Commissione, è una visione piacevole, in grado di ricordare allo spettatore le gioie semplici della vita, la loro unicità.

Qui il link diretto per leggere e sfogliare il Sussidio pastorale La luce della speranza. 

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