Noemi Riccitelli – Dici Willy Wonka e non puoi non fare a meno di pensare a Gene Wilder e ai suoi grandi occhi blu sognanti mentre canta “Pure Imagination” nella pellicola anni ‘70 di Mel Stuart, o a Johnny Depp con i suoi bianchissimi denti e l’espressione sbarazzina, nella versione più moderna di Tim Burton.
La fabbrica di cioccolato, romanzo dello scrittore inglese Roald Dahl, ha sancito senza dubbio l’immaginario favolistico di bambini e adulti, contribuendo alla definizione di personaggi e situazioni uniche: che dire degli Umpa Lumpa e della loro danza stramba, e chi non ha mai desiderato di trovare il biglietto d’oro nell’incarto del cioccolato per visitare la fabbrica del signor Wonka?
Un immaginario che la cinematografia ha consolidato, rendendolo concreto, come nei succitati esempi, e che continua a progredire con nuove declinazioni della stessa storia: ecco che, così, dal 14 dicembre arriva al cinema Wonka, con la regia di Paul King e protagonista il giovane e amatissimo attore Timothée Chalamet. Questo nuovo racconto ripercorre le origini del mastro cioccolataio più famoso di sempre.
Willy Wonka (Timothée Chalamet) è un giovane con una passione particolare, trasmessagli dalla madre (Sally Hawkins): il cacao.
Il suo sogno, infatti, è aprire una cioccolateria tutta sua, ma giunto in una nuova città, viene osteggiato dai competitor locali, tra tutti il perfido Slughworth (Paterson Johnson), alleati tra loro e appoggiati anche dall’ambigua figura di padre Julius (Rowan Atkinson).
Qui Willy conosce Noodle (Calah Lane), la quale lo supporta e aiuta nel suo progetto, nonostante le difficoltà, rappresentate anche dalla signora Scrubbit (Olivia Colman).
La fama e l’iconicità delle precedenti pellicole basate sulla storia di Dahl potevano suggerire diffusi pregiudizi e dubbi riguardo una nuova trasposizione cinematografica, eppure il nuovo Wonka è riuscito ad essere piacevolmente sorprendente, con un racconto tutto originale che intrattiene e si distingue.
Infatti, Paul King che dirige il film e scrive la sceneggiatura insieme a Simon Farnaby, riesce a creare un intreccio efficace, mai noioso, che mantiene un buon ritmo per l’intera durata della pellicola.
Il cast contribuisce certamente alla riuscita d’insieme: su tutti, Timothée Chalamet nel ruolo del protagonista dimostra ancora una volta la sua versatilità, misurandosi in questo caso anche con il canto e con il ballo; nella sua interpretazione sono riconoscibili movenze e mimiche del Wonka di Gene Wilder, che il giovane attore avrà di certo tenuto in considerazione nel suo studio del personaggio.
Insieme a lui, Olivia Colman e Rowan Atkinson confermano il talento di attori maturi, impersonando due figure ilari e buffe.
Una menzione particolare va fatta, inoltre, per Hugh Grant, in un profilo davvero sorprendente, quello dell’Umpa Lumpa.
L’attore, nonostante le vere e proprie dimensioni ridotte, interpreta con il suo irresistibile savoir-faire la piccola creatura, conferendogli carattere e quel naturale umorismo molto british.
Dolcissimo anche il cameo di Sally Hawkins, che con grazia definisce il profilo della madre di Willy.
Le canzoni e le musiche (scritte e composte rispettivamente da Neil Hannon e Joby Talbot) risultano, a volte, ridondanti e, soprattutto, la loro traduzione (che è, ovviamente, in linea con il doppiaggio italiano del film) sembra rallentare la cadenza delle stesse, oltre che a rendere monca l’interpretazione originale del cast.
Ricercati e d’impatto sia i costumi (Lindy Hemming) che le scenografie (Nathan Crowley), enfatizzati anche dalla fotografia di Chung Chung-hoon.
Wonka è, nel complesso, un film ben riuscito, una storia che racconta il sogno e la tenacia di un giovane ragazzo, desideroso di rendere realtà quella che è molto di più di una semplice passione familiare, quanto un’eredità di amore resa attraverso l’ingrediente che, al pari dell’amore stesso, è più unico che raro: il cioccolato.
Una visione per i più piccoli, ma che anche gli spettatori adulti possono apprezzare per il suo valore.