Tra non molti anni i testimoni diretti delle stragi naziste non saranno più tra noi; non ascolteremo più quel racconto di dolore dalle voci pacate, dolci, lente che ci hanno appassionati ed emozionati negli ultimi anni, da quando lo sfogo è diventato una cocente lava riversata sull’umanità. Auschwitz, Dachau, Mauthausen nel 2024 prendono forma attraverso la descrizione di dettagli, vivono ancora attraverso gli occhi di chi vi ha trascorso gli anni della fanciullezza o della giovinezza uscendone vivo, mentre altrettanta memoria resta affidata alla documentazione di documenti (video, libri, articoli) raccolti con ogni particolare cercando di non perdere di quei fatti nessuna sfumatura. E sono tonalità pesanti, di una cupezza che abbiamo il dovere di preservare per non dimenticare, perché non accada più. La forza del racconto e delle testimonianze è stata un’eccezione nella Storia del mondo e chi ha avuto la fortuna e il dolore di esserne uditore diretto tra non molto non potrà non sentire la responsabilità del ruolo di staffetta, correndo in avanti per continuare a raccontare e a dire, anticipando i tempi ed altri possibili terribili stragi: ci auguriamo che accada così, perché non accada più.
Pubblichiamo la testimonianza di chi ha ascoltato e fatto ascoltare la storia di Elisa Springer in una scuola.
Una Rosa rossa, di Anna Orsi
L’inizio era stato tutt’altro che idilliaco. Erano grandi e grossi i ragazzi di quella quarta classe superiore. Io, a confronto, uno scricciolo. I loro occhi puntati su di me in maniera obliqua. Non riuscivo ad incrociare i loro sguardi. Ero ‘nuova’, appena giunta in quella scuola. E insegnavo ‘religione’! Erano certi che mi avrebbero messa ko. Occorreva conquistare il loro rispetto e la loro fiducia. Per riuscirci dovevo usare testa e cuore, lavorare con tutta la passione di cui ero capace. Pazienza, costanza, entusiasmo, e, finalmente, dopo i primi durissimi mesi, ci fu un nuovo inizio. Cominciò un dialogo aperto e autentico che, un anno dopo, rese possibile vivere insieme a quei ragazzi un’esperienza umana e culturale unica e profonda.
Avevo conosciuto Elisa Springer (nella foto) nell’aprile 1998. Nata a Vienna nel 1918, sopravvissuta ai campi di sterminio, tra cui Auschwitz. In Italia, per lei, una seconda vita. Sposa un pugliese, diventa madre. Nessuno avrebbe conosciuto la sua storia se il figlio non le avesse chiesto di raccontare innanzitutto a lui. Elisa ritrova le parole custodite negli anni e rompe quel lungo silenzio impostole da quanti preferivano non sapere, ignorare, dimenticare. Decido di farla conoscere ai ragazzi. Elisa è una donna autentica, serena, pacificata, portatrice di bene, entra nel cuore, mi è entrata nel cuore. Organizzo l’incontro nell’Aula Magna dell’Istituto. Elisa comincia la sua narrazione. Il suo tono è pacato, la voce suadente. Racconta con il cuore, i ragazzi l’ascoltano in silenzio. Un silenzio pieno di rispetto. Le pongono domande. Sono completamente conquistati. Li osservo. Che tenerezza! Usano furtivamente i fazzoletti per asciugare le lacrime che non riescono a trattenere. Guardano Elisa con affettuosa commozione. Improvvisamente due, quelli che inizialmente erano stati i più ‘duri’, schizzano letteralmente fuori dalla sala. Balzo fuori anch’io. Non capisco. Una manciata di minuti e riappaiono, trafelati e sorridenti. Volano letteralmente da Elisa e le donano una bellissima rosa rossa. Guardano Elisa con una tenerezza infinita e sorprendente. Sanno di avere infranto delle regole e mi diranno “pressoré, scusate se non vi abbiamo chiesto il permesso, ma noi una rosa rossa gliela dovevamo dare a quella signora!” Elisa resta a pranzo con noi al Convitto. Condividiamo la mensa ed il cuore con tutti quei ragazzi che, grazie a questo incontro, hanno compreso il perché del “Giorno della Memoria”.
(Pubblicato su Clarus periodico 1/2023)
Suggerimenti per la lettura
Di Elisa Springer: Il silenzio dei vivi, Marsilio editore, 1997; e L’eco del silenzio, Marsilio editore, 2003.
(Pubblicato su Clarus periodico 1/2023)