Giovani donne che hanno scelto non il mondo, ma di pregare per il mondo; eppure del mondo e di quanto accade in esso sono costantemente aggiornate. La preghiera che da questo monastero sale a Dio porta con sé le storie della gente: sono la richiesta di una grazia giunta da un angolo lontano del pianeta, un “grazie a Dio”, le intenzioni corali per la pace, la concordia, le conversioni, le vocazioni, le notizie di cronaca mondiale che qui tante volte giungono prima dei canali ufficiali: preghiere che bussano a queste porte, superano le grate, trovano spazio nel cuore accogliente delle monache e da qui si elevano…
La forza silenziosa della Chiesa di cui ogni credente non può fare a meno.
Nella giorno della Presentazione di Gesù al Tempio, il 2 febbraio, che la Chiesa dedica alla Vita Consacrata varchiamo il portone del Monastero di San Benedetto e Madonna di Guadalupe di Piedimonte Matese, uno dei luoghi storici della città e tanto caro alla popolazione, punto di arrivo e di ristoro, casa accogliente: qui dove un tempo erano le monache benedettine dedite alla preghiera e ad attività artigianali ed educative, oggi vive una giovane comunità di Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento provenienti diversi paesi d’Europa e dal Messico. Qui il tempo scorre tra preghiera comune, adorazione personale, artigianato di alto pregio, la cura del giardino, l’amorevole cura per le anziane monache – un tempo benedettine – che da alcuni anni si sono uniti all’attuale famiglia monastica.
Quest’anno la Giornata per la Vita consacrata cade nel periodo di uno straordinario Giubileo concesso alle monache Adoratrici per tutto il 2024 dalla Penitenzieria Apostolica in occasione dei 200 anni della morta della beata Madre Maddalena dell’Incarnazione, fondatrice dell’Ordine. A Piedimonte Matese e nelle città ove presenti i monasteri della stessa Federazione (Europa, Africa, Israele, America e in particolare in Messico) si alterneranno solenni liturgie e momenti di preghiera aperti a tutti, ma soprattutto incontri con la spiritualità della madre Fondatrice da cui è nata questa esperienza monastica, l’ultima in ordine di tempo approvata dalla Chiesa.
“Sarà per tutte noi e per chiunque vorrà avvicinarsi alla sua figura, il ricordo e la conoscenza più intima di una donna determinante in un momento storico decisamente laico e volutamente distante da Dio: quello della Rivoluzione francese e delle sue ripercussioni in tutta Europa” a parlarne è Madre Caterina dell’Eterno Padre, vicaria del Monastero di Napoli, originaria di Badolato in provincia di Catanzaro. Laureata in Medicina, si specializza in Radiologia oncologica e lavora in un noto presidio medico della Lombardia, poi la scelta del monastero e il trasferimento a Napoli da dove raggiunge spesso Piedimonte Matese per aver cura delle monache più anziane.
“Una rivoluzione nella Rivoluzione” così ci descrive la presenza e l’opera della beata M. Maddalena dell’Incarnazione che di fatto veste l’abito monacale il 26 ottobre 1788 nel monastero delle Francescane di Ischia di Castro (Lazio). Di lì a qualche mese, il 19 febbraio 1789, in un’estasi prolungata Cristo le rivelerà la missione scelta per lei: fondare l’Opera delle Adoratrici perpetue. Quello che è definito “il giorno del lume”, esperienza di profonda unione con Dio, stride fortemente con l’esperienza storica, sociale e filosofica del momento che pone nei lumi della ragione la strada per la felicità e le risposte che l’uomo si attende in più campi del sapere, della cultura, della conoscenza del mondo. “Nasciamo in un’epoca – spiega Madre Caterina – in cui il papa Pio VII sta per essere esiliano e i monasteri vengono gradualmente chiusi e molti ordini religiosi soppressi: questa è l’originalità del nostro Ordine, un vivere controcorrente in un tempo che esclude fermamente esperienze come la nostra”.
Straordinariamente attuale la riflessione: fede e ragione; il mondo e il silenzio. Alle parole di Madre Caterina nella stanza del monastero al piano terra riservata all’accoglienza di ospiti, si sovrappongono i motori delle auto che il basalto sconnesso della strada amplifica e fa rimbombare; così le voci dei passanti da fuori: le pareti dell’antico edificio non sono blindate, lasciano entrare segnali di vita di cui le monache sanno cogliere il valore, la fragilità, la novità, o il superfluo… come non esistesse un dentro o un fuori ma una sintonia continua tra terra e Cielo che si congiunge nella preghiera.
L’esperienza controcorrente delle Adoratrici diventa ancor più concreta alle parole della giovane Madre Caterina: “La forza del nostro Ordine è l’ispirazione stessa che ha avuto la Madre, quando era appena diciottenne, in un’epoca in cui la donna non aveva voce e il livello di analfabetismo tra la popolazione era elevatissimo; a pesare su quanto doveva compiersi per volontà di Dio anche un diffuso falso misticismo che la Chiesa guardava con distanza, sospetto e talvolta preoccupazione. In questo contesto risulta sorprendente che la Beata Madre Maddalena sia riuscita nella sua Opera seppur le difficoltà non le siano mancate neppure da monaca e superiora dell’Ordine. Oggi più che mai possiamo confermare che c’era una profezia in tutto quanto perché le rivelazioni del giorno del lume sono divenute realtà”.
Un lungo e difficile percorso attende M. Maddalena dell’Incarnazione: dopo il “lume” è il tempo di fondare l’Istituto secondo la rivelazione ricevuta; il monastero che dal 1807 abita insieme ad altre monache presso il Convento dei Santi Gioacchino ed Anna alle “Quattro fontane” a Roma viene perquisito e l’Opera è soppressa. Seguiranno anni di esilio per necessaria tutela della sua vita e delle sorelle; dopo la caduta di Napoleone il ritorno a Roma e un nuovo inizio. Il 18 settembre 1817 Madre Maddalena e le sorelle adoratrici vestono l’abito bianco con lo scapolare rosso secondo il disegno dato da Dio nella prima estasi. “Il Signore sceglie i piccoli per confondere i grandi, e così è stato per la nostra fondatrice, più forte del suo tempo e dei contrasti subiti” è la conclusione di Madre Caterina nel fare sintesi di un lungo e complesso periodo storico per la Fondatrice e la Chiesa in generale.
“O si è matti, o c’è qualcosa di fondato”: Madre Caterina ci scherza su pensando alla genesi di questa famiglia e al presente che essa vive: “Sono trascorsi solo duecento anni; pochi se pensiamo alla storia degli ordini monastici secolari ben più noti, eppure la famiglia delle Adoratrici cresce e si alimenta dei carismi delle numerose giovani che chiedono di entrarvi: siamo medici, avvocati, artiste, infermiere, archeologhe, insegnanti… chiamate per una vita più alta impegnata con la preghiera e l’adorazione notte e giorno, così come chiesto alla Fondatrice il “giorno del lume”; ma la chiamata per noi tutte è soprattutto testimonianza: il solo fatto di esserci, la sola presenza è già un’apertura del Cielo, è già presenza di Dio sulla terra”.
Ma perché si assottigli quel margine tra dentro e fuori da questo monastero è importante chiarirsi pensando alle domande di chi, nel mondo, non riesce a comprendere il valore di una vita in monastero; donata sì a Dio, ma in maniera esclusiva. Madre Caterina risponde sintetizzando la sua esperienza di studentessa in Medicina e poi di medico e in ultimo da consacrata che quotidianamente incontra Dio. “I perché sulle nostre scelte; cosa significa vivere in monastero; la difficoltà a comprendere fino in fondo cosa facciamo e perché adoriamo il SS. Sacramento ininterrottamente ed altre domande che continuamente ci vengono poste, rispondono perfettamente allo stile di questo mondo fondato su tanto efficientismo, su uno spasmodico fare e non sull’essere, sulla centralità dell’uomo e non su Dio. Tornano ancora oggi quei principi che agitavano l’Europa nel momento in cui siamo nate: troppo forte la disumanizzazione a cui assistiamo e alla quale rispondiamo oggi come allora con la scelta di mettere Dio al centro, facendo della nostra esperienza una strada possibile per ogni uomo o donna”.
Madre Caterina racconta e si racconta, a nome delle sorelle monache e della superiora del monastero di Piedimonte Matese esprime gratitudine per questo incontro e la possibilità di parlare della loro significativa storia; è un fiume in piena: racconta dei giovani e dei gruppi parrocchiali che a Napoli visitano il Monastero, della recente esperienza di approfondimento biblico che l’Ordine ha stabilito grazie all’incontro con il movimento Neocatecumenale, e si affretta dire “Spero che ci saranno ancora occasioni per parlare di noi…”.
Poi un ritorno sulla sua storia personale per ribadire ancora una volta il senso della scelta di consacrarsi a Dio: “il mondo professionale in cui mi sono formata da giovane mi ha insegnato che anche i più grandi luminari della scienza, della medicina, della tecnica hanno l’urgenza di trovare in se stessi e nel silenzio la dimensione più autentica… di riscoprirsi un’anima”. La sua frase termina con un invito: “Trovare il tempo per stare con Gesù nella preghiera e riconoscere che siamo qui non per fare ma per essere figli di Dio”.