Home Chiesa e Diocesi “Convertitevi”. La Quaresima, quel difficile cambio di mentalità

“Convertitevi”. La Quaresima, quel difficile cambio di mentalità

Radicalità, religiosità, umanesimo: le dimensioni dell'uomo che si converte

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Foto di Mike da Pixabay

Paolo Marocutti* – Convertitevi (metanoèite). Il verbo metanolo (da metà e noèō) significa “cambiare mentalità, pensare diversamente, cambiare vita, convertirsi. Corrisponde all’ebraico shub, nel senso di “ritornare a Dio, fare inversione di marcia dopo aver sbagliato strada. C’è dunque necessità di “convertirsi” cioè cambiare decisione, modo di pensare. Infatti, la “conversione” metànoia, esprime il “cambiare modo di pensare, pensare in modo diverso, guardare al di là delle cose”. Infatti, ogni miglioramento e ogni cambiamento di atteggiamento hanno inizio con un nuovo modo di pensare: solo se cambia l’intenzione può mutare l’atteggiamento. Nella Bibbia la conversione è, perciò, l’atteggiamento dell’uomo chiamato ad aprirsi all’intervento salvifico di Dio. La Scrittura per indicarla predilige termini che significano cambiare strada, tornare indietro ed espressioni metaforiche, come cercare il Signore, invocarlo, umiliarsi, rivolgere il cuore al Signore, cercare il bene, odiare il male e fare il bene, obbedire, acquistare un cuore nuovo, circoncidere il proprio cuore, scavare un nuovo solco, lavarsi dalla malvagità.

La conversione si presenta nella Bibbia con tre caratteristiche fondamentali: la radicalità: si tratta, infatti, del cambiamento di tutto l’uomo, modo di agire, cuore e mente. La religiosità: non è l’uomo che converte sé stesso, ma è Dio che lo trasforma; confrontandosi non con sé stesso, ma con Dio l’uomo scopre la direzione e la misura del cambiamento. Infine, l’umanesimo: la conversione è un ritorno a casa, alla propria identità e originalità; convertendosi l’uomo non si perde, ma si ritrova. L’accento è messo non sul mutamento delle qualità o delle azioni dell’uomo, ma su quello dell’orientamento globale, del suo rapporto con Dio. La conversione non è legata solo alla confessione sacramentale e alla penitenza, ma investe tutta la vita e la vicinanza del regno di Dio ne è il motivo. Dato che Dio è vicino, dato che Dio è presente, si è avvicinato a noi in Gesù Cristo, dobbiamo convertirci, distoglierci da noi stessi e rivolgerci a lui. Il pericolo fondamentale della nostra vita è quello di ruotare troppo attorno a noi stessi, di continuare a chiederci soltanto che cosa ci porti la vita e di pensare esclusivamente al nostro benessere. Il pentimento, necessario per iniziare la conversione, è il primo atto. Infatti, con il pentimento misuriamo la distanza tra quello che il Signore ha concepito e quello che noi abbiamo realizzato; tra ciò che ci è stato donato e ciò da cui abbiamo, o non abbiamo, tratto vantaggio, ciò che abbiamo, o non abbiamo, adempiuto e solo prendendo coscienza dell’orrore, della forza mortifera del peccato, della vergogna di non essere degni di noi stessi possiamo trovare la forza di sottrarci a quella schiavitù. Senza tutto questo sopportiamo molto bene la nostra condizione e non si può fare nulla che ci liberi dalle nostre catene. Per questo motivo, viene utilizzata la parola metànoia perché per “convertirci” è necessario cambiare prospettiva di sguardo. Infatti metà può significare anche “dietro”: allora conversione potrebbe significare “vedere dietro le cose”, “vedere Dio in tutte le persone e nella creazione”, “riconoscere Dio, che ci parla, negli avvenimenti di tutti i giorni”. Conversione significa esercitarsi a vedere gli altri con lo sguardo di Cristo.

*Sacerdote, psicologo, docente

Fonte SIR

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