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Rustin. Agli Oscar la storia vera dell’attivista americano Bayard Rustin, prodotta dagli Obama

Il film ha guadagnato la nomination ai prossimi Academy dell'11 marzo per il Miglior Attore protagonista a Colman Domingo

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Noemi Riccitelli – Presentato in anteprima mondiale lo scorso agosto al Telluride Film Festival e disponibile su Netflix da novembre, Rustin, diretto da George C. Wolfe, è uno dei titoli del circuito Academy Awards, grazie alla candidatura come Miglior attore protagonista a Colman Domingo, interprete nel ruolo principale dell’attivista americano Bayard Rustin.
Rustin è stato il promotore della storica Marcia dei diritti per il lavoro e la libertà degli afroamericani, avvenuta a Washington nel 1963, durante la presidenza Kennedy: in quell’occasione Martin Luther King pronunciò il celebre discorso “I have a dream“.

Stati Uniti, anni ’60. Preoccupazioni, indecisione, divisioni interne serpeggiano tra i vertici e i membri del Movimento dei diritti civili per gli afroamericani quando Bayard Rustin (Colman Domingo) propone di organizzare una grande marcia non violenta a Washington: un evento con lo scopo di riunire e compattare le persone e i principali rappresentanti del movimento in segno di protesta e solidarietà collettiva.

Figura decisamene poco nota nelle pagine di storia, Rustin sembra essere rimasto nell’ombra proprio a causa delle sue stesse idee e convinzioni: omosessuale dichiarato, egli non ha mai nascosto il suo orientamento, divenendo negli anni ’70 anche sostenitore delle cause LGBT.
Inoltre, particolarmente vicino al pensiero socialista, del cui partito divenne segretario, pare che sia stata proprio questa ulteriore assimilazione a rappresentare per lui una damnatio memoriae; tuttavia, nel 2013 l’ex Presidente USA Obama, che con la moglie Michelle è produttore esecutivo del film, gli ha conferito il riconoscimento della Presidential Medal of Freedom.

George C. Wolfe, già regista per Netflix di Ma Rainey’s Black Bottom (qui la recensione di Clarus) realizza un classico profilo biografico che ha lo scopo di presentare e far conoscere al pubblico il personaggio in questione, senza tuttavia una particolare enfasi o coinvolgimento.
Infatti, sebbene l’intera pellicola ruoti soprattutto intorno all’intensa interpretazione e personalità di Colman Domingo, non a caso candidato all’Oscar e al Golden Globe per la sua performance, Rustin appare nel complesso sottotono, non brillante, nonostante il racconto di una vicenda storica in sé epocale.

Tuttavia, il film assume una certa rilevanza nel contesto dei riconoscimenti cinematografici di Hollywood, soprattutto se si considerano le anomalie nella scarsa rappresentazione della comunità afroamericana sullo schermo e la presenza di interpreti della stessa comunità in contesti di premiazioni ufficiali.
Infatti, nella pellicola, oltre al protagonista, si distinguono altri brillanti interpreti come Jeffrey Wright, anch’egli candidato all’Oscar, ma per il film American Fiction, e anche l’inedito Chris Rock, in un ruolo sui generis per il suo solitamente ilare profilo (è lui il comico che nel 2022 condusse la cerimonia degli Oscar, beccandosi il famigerato ceffone da Will Smith).

Inoltre, Rustin si fa foriero di valori universali, senza tempo: la pace, il compromesso, il rispetto, che tuttavia oggi appaiono affievoliti, se non addirittura inesistenti, in una contemporaneità dilaniata dall’odio e dall’orgoglio.

Una menzione particolare va fatta al brano “Road to Freedom”, scritto e interpretato da Lenny Kravitz, che è stato candidato al Golden Globe per la Migliore canzone originale.

Nel complesso, Rustin risulta un film ben curato, ma probabilmente un po’ manierista, risultando privo di quel pathos e ispirazione che avrebbe potuto, invece, possedere.

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