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La domenica di Papa Francesco. Anche nella prova non staccare gli occhi dalla luce di Gesù

Incessante l'appello alla pace da parte di Francesco nella seconda domenica di quaresima

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Fabio Zavattaro – Sono passati due anni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina; 171 sono i giorni trascorsi dal 7 ottobre, da quelle violenze indicibili compiute da Hamas e dalla risposta militare di Israele: e la pace sembra essere solo un miraggio, mentre al mondo non rimane altro che il conto dei morti, dei feriti, e delle distruzioni. Una “guerra su vasta scala”, ricorda “con dolore” Papa Francesco nelle parole che pronuncia dopo la preghiera dell’Angelus: “quante vittime, feriti, distruzioni, angustie, lacrime in un periodo che sta diventando terribilmente lungo e di cui non si intravvede ancora la fine”. Una guerra, la prima, che “sta devastando quella regione d’Europa”, e “scatena un’ondata globale di paura e odio”. La preghiera del Papa è per il “martoriato popolo ucraino”, e per le “numerosissime vittime innocenti”; così supplica “che si ritrovi quel po’ di umanità che permetta di creare le condizioni di una soluzione diplomatica alla ricerca di una pace giusta e duratura”. Preghiere ancora per la Palestina, per Israele, e per i tanti popoli “dilaniati dalla guerra”; e non manca nemmeno l’invito a aiutare concretamente chi soffre: “pensiamo a tanta sofferenza, pensiamo ai bambini feriti, innocenti”.

Ma i conflitti non sono solo in Europa e Medio Oriente. Un pensiero Francesco lo rivolge alle violenze che si consumano nella Repubblica Democratica dal Congo – auspica la fine degli scontri “e la ricerca di un dialogo sincero e costruttivo – e ai frequenti rapimenti in Nigeria. Infine, la Mongolia colpita da un’ondata di freddo intenso con “gravi conseguenze umanitarie”; un “fenomeno estremo, segno del cambiamento climatico e dei suoi effetti” che incide sulla vita di donne e uomini, soprattutto quella delle persone più vulnerabili, per questo chiede “scelte sagge e coraggiose per contribuire alla cura del creato”.

Dall’attualità alla spiritualità
Angelus nella domenica in cui le letture ci propongono due monti: Moira e Tabor, Antico e Nuovo testamento, storie fatte di ascolto e obbedienza. Il primo – che in ebraico significa “ordine di Dio” – è il luogo indicato a Abramo per offrire in olocausto, per fedeltà al Signore, il figlio unigenito Isacco, ma sarà fermato dall’angelo del Signore, come leggiamo nella Genesi. Il secondo, il Tabor, è il monte della trasfigurazione di Gesù; anche qui si manifesta il Signore che mostra a Pietro, Giovanni e Giacomo il figlio amato, l’agnello da sacrificare, il Salvatore.

È interessante notare che nella Sacra Scrittura è sui monti che sempre accade qualcosa che li lega al sacro: sul monte Oreb Mosè riceve la rivelazione del Nome e sul Sinai le tavole della legge; il monte Moira – più correttamente Moirah – secondo la tradizione ebraica è l’altura di Gerusalemme, il luogo dove venne edificato il tempio di Salomone, mentre per i padri della chiesa è la collina fuori dalle mura di Gerusalemme, chiamato il Cranio, là dove Gesù si consegna al Padre per la nostra salvezza.

È, dunque, sul monte Tabor che Gesù viene visto trasfigurato, “le sue vesti divennero splendenti, bianchissime” leggiamo in Marco, e apparve ai tre discepoli “Elia con Mosè e conversavano con Gesù”. Aveva annunciato ai discepoli la sua Passione, dice Papa Francesco all’Angelus, sul monte Tabor Gesù “svela loro il senso di ciò che avevano vissuto insieme fino a quel momento. La predicazione del Regno, il perdono dei peccati, le guarigioni e i segni compiuti erano infatti scintille di una luce più grande: la luce di Gesù, la luce che è Gesù”. La risposta di Pietro – “Rabbi è bello per noi essere qui, facciamo tre capanne…” – in qualche modo manifesta un legame con il passato, con la tradizione antica, Gesù, Elia e Mosè insieme, e non coglie ancora la novità del Nuovo Testamento.

Il messaggio del Tabor, afferma il Papa, è proprio “non staccare mai gli occhi dalla luce di Gesù” specialmente “nei momenti di prova”. Come cristiani, dice ancora Francesco, nel cammino della vita siamo chiamati a “tenere sempre davanti agli occhi il volto luminoso di Gesù, non staccare mai gli occhi da Gesù … Lungo i sentieri dell’esistenza, a volte tortuosi, cerchiamo il suo volto, pieno di misericordia, di fedeltà, di speranza. Ci aiutano a farlo la preghiera, l’ascolto della Parola, i Sacramenti”.

Fonte SIR

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