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Via i mercanti dal Tempio, spazio sacro riservato solo a Dio. Commento al Vangelo della terza domenica di Quaresima

Commento al Vangelo della III domenica di Quaresima, Anno B

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di Padre Gianpiero Tavolaro
Comunità Monastica di Ruviano (Clicca)

III domenica di Quaresima – Anno B
Es 20,1-17; Sal 18; 1Co 1, 22-25; Gv 2,13-25

Valentin_de_Boulogne, Cacciata dei mercanti dal tempio, 1620, Palazzo Barberini (Roma)

Se in Cristo si realizza l’alleanza definitiva e gratuita tra Dio e l’uomo, occorre chiedersi quale efficacia abbia questa alleanza nelle vite dei discepoli del Signore e quale sia, dunque, lo spazio reale, concreto che essa apre nei loro passi, nei loro giorni, nelle loro scelte, nello scorrere del tempo che è la loro vita. Accettando di entrare nello spazio dell’alleanza, l’uomo, infatti, si apre a un’espropriazione da sé che non è un atto “puntuale”, destinato a esaurirsi una volta professata la propria personale adesione al Signore: la rinuncia a se stessi e la configurazione a Lui sono, in realtà, il frutto di un progressivo percorso di sequela all’interno del quale ci si trova a dover fare di continuo i conti con le parole esigenti di Dio, che non “gioca al ribasso”, neanche di fronte all’evidenza di una ripetuta infedeltà dell’uomo.

È solo nello spazio dell’alleanza proposta da Dio e di frequente disattesa dagli uomini che acquista pienamente significato la gelosia di Dio: essa, diversamente dalla nostra – che, dietro la paura di perdere chi si ama, manifesta in realtà una paura per se stessi – è una gelosia che teme per noi… una gelosia che vuole proteggere colui che è amato dal cadere nelle trappole degli idoli. Quella divina, dunque, è una gelosia capace di liberare e di far crescere. Anche nell’episodio della “purificazione” del Tempio vi è la proclamazione profetica, da parte di Gesù, di questa gelosia liberante di Dio: in ciò vi è un vero e proprio “evangelo”, una straordinaria rivelazione di chi è Dio e di chi è l’uomo di fronte a Dio.

Scacciando i mercanti dal Tempio, Gesù non intende fare una polemica moraleggiante contro il “commercio sacro”, contro il lucro attorno al “sacro” (cosa che sarebbe tutt’al più una conseguenza dell’annunzio dell’evangelo): egli, piuttosto, sta affermando i diritti di Dio e lo fa proclamando che c’è uno spazio di Dio che non può essere ingombrato di “altre cose”. Gesù non va al Tempio per riformare la liturgia o i costumi: egli va al Tempio, compiendovi un gesto forte e provocatorio, per dare spazio a Dio in mezzo agli uomini. D’altra parte, il Tempio di Gerusalemme era un segno proprio di questo spazio che spetta a Dio nello spazio degli uomini e che Gesù, entrando nel Tempio, vede occupato da “altro”.

Già il profeta Zaccaria aveva terminato il suo libro annunziando la scomparsa dei mercanti dal Tempio, per affermare che finalmente Israele tutto sarebbe divenuto interamente spazio santo di Dio (cf. Zc 14,21). Gesù, realizzando questa parola profetica, afferma che Dio è geloso del suo luogo di dimora e, in Gesù, egli stesso viene a rimuovere ciò che impedisce il dimorare di Dio nell’uomo. Lo zelo per la dimora del Signore divorerà Gesù fino allo scandalo della croce (cf. 1Cor 1,23-24). Perché lo spazio di Dio in ogni uomo sia aperto e sgombero, Gesù si fa vittima pasquale per una definitiva liberazione che renderà gli uomini capaci di dare spazio a Dio.

Per sottolineare ciò, il Quarto Evangelo pone la scena della purificazione del Tempio nei giorni che precedono la Pasqua: l’evangelista sottolinea che Gesù scaccia le bestie, che venivano usate per i sacrifici, con i loro venditori e con i cambiavalute che permettevano ai pellegrini di avere il denaro del Tempio con cui comprare le vittime sacrificali. Di quelle vittime, ormai, non c’è più bisogno, giacché Gesù sarà il vero agnello che, prendendo su di sé il peccato del mondo (cf. Gv 1,29), “sgombrerà” lo spazio di Dio. Non a caso, la polemica che scaturisce da questo gesto di Gesù nel Tempio conduce subito alla croce, al mistero pasquale di morte e risurrezione, per cui ci sarà un nuovo “santuario”, il corpo del Crocefisso, che sarà riedificato in tre giorni e in cui ogni uomo potrà avere la grazia di aprire il proprio spazio a Dio, una volta reso capace di lottare contro ogni ingombro di quello stesso spazio. La stoltezza della croce è l’unica via in grado di liberare l’uomo per renderlo immagine del Figlio, l’uomo nuovo, l’uomo vero: celebrare Pasqua è immettersi in questa dinamica di libertà.

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