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Matese / Roma. Vittime mafia, anche il nome di Luigi Ciaburro nella marcia dei 100mila

Le celebrazioni iniziate già ieri, questa mattina hanno raggiunto il momento più alto durante il corteo per le strade di Roma. Tra i nomi vittime della criminalità organizzata anche quello del Maresciallo Ciaburro originario di Sant'Angelo d'Alife. Presenti a Roma i suoi tre figli

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“Siamo in 100mila.Vogliamo un’Italia libera dalle mafie, dalla corruzione e dall’ingiustizia. Libera di parlare di pace, di curare chi sta male e di accogliere chi arriva da lontano. Un Paese libero e cittadini liberi perché responsabili”. Lo ha detto don Luigi Ciotti dal palco del Circo Massimo nel suo intervento di chiusura a Roma della XXIX Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie organizzata da Libera. A sfilare in corteo anche la famiglia di Luigi Ciaburro, il maresciallo dei Carabinieri di Sant’Angelo d’Alife ucciso dalla camorra a Villa Literno il 9 settembre 1975 quando una telefonata anonima, di notte, lo inviò sulla ferrovia dove qualcuno avrebbe dovuto bloccare e sequestrare la merce di un treno di passaggio tra Casapesenna e Villa Literno. Alle 2.50 inseguendo un uomo sulla strada ferrata, uno dei tanti coinvolti nel malaffare, Ciaburro perse la vita. 

Il suo nome, è risuonato stamattina dal palco, insieme agli oltre 1000 pronunciati ad alta voce, lentamente.
Clarus più volte ha ricordato il suo sacrificio, divenuto poi motivo di ampio racconto nei libri citati da Raffaele Sardo, giornalista di Casal di Principe e amico di don Peppino Diana, simbolo della lotta criminalità organizzata attraverso la cultura e l’impegno sociale.

Il racconto che la nostra redazione raccoglieva nel 2014
La sera dell’8 settembre il Maresciallo aveva partecipato ad una riunione con gli agricoltori locali, era rincasato, poi nella notte la telefonata anonima che lo allertava a correre lungo la ferrovia.
“Mio padre è morto alle 2.50 del 9 settembre, mentre rincorreva un uomo, mentre cercava di
aggredire anche fisicamente il malaffare diffuso in quelle terre”, ci spiegava la figlia Annagloria. “Per tutta la notte non avemmo alcuna notizia; mia mamma più di una volta venne a svegliarmi preoccupata per il suo mancato rientro. Solo all’alba, alle 7.30, ritornarono in caserma – dove vivevamo anche noi – alcuni uomini in divisa. Ci bastò guardare fuori dalla finestra e vedere gli occhi di tutti, anche della gente che si era raccolta, puntare verso di noi. Il silenzio che aveva coperto improvvisamente ogni rumore sembrò urlare più di ogni pianto che dopo si sprigionò”.
Villa Literno, la città delle mamme e dei padri preoccupati per il futuro dei propri figli lo pianse amaramente. La moglie coraggiosamente, sull’esempio del marito tenne unita la famiglia. Purtroppo nessuna autopsia sul corpo di Ciaburro: chi lo abbia aggredito o ferito non si sa. I malviventi lungo la ferrovia? Il treno in corsa? Dopo quarant’anni nessuna verità. La salma venne restituita alla famiglia dopo 4 giorni dall’accaduto; la moglie chiese la sepoltura e non altro che avrebbe potuto ancora ferire il corpo di quell’uomo.
Un esempio di dedizione, di valore e onore; di amore per la famiglia, per la propria terra natìa dove il suo corpo riposa, perché è lì che voleva ritornare.
Memorie di uomini di cui spesso si perde traccia, ma che in realtà hanno lasciato un segno inciso nella terra e nella carne di chi ne ha conosciuto le gesta eroiche e la carità.

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