Home Arte e Cultura Coppie di Crocifissi in Piedimonte Matese. Chi erano?

Coppie di Crocifissi in Piedimonte Matese. Chi erano?

Ricerca di manufatti e ricerca documentaria su reperti conservati a Piedimonte Matese a cura del dott. Rosario Di Lello

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Rosario Di Lello – Premetto, al solito, che ho scritto non per il competente in materia, è ovvio ma per qualche comune lettore, amico, interessato all’argomento; pertanto, al fine di rendere più chiaro lo svolgimento del tema m’è parso non superfluo riferire, sia pure in sintesi, quanto ho appreso sulla crocefissione da testi specifici di autori moderni e di agevole reperimento.

La crocefissione, pena originaria, è probabile, in Fenicia, fu adottata in Grecia e a Roma e quindi importata in Israele. Già negli anni avanti Cristo, I Romani avevano fatto largo uso di questo supplizio voluto e definito, crudelissimo, quanto mai orribile e nefando; all’inizio, lo praticarono a carico degli schiavi ribelli, in pace, e dei disertori e dei vinti, in guerra; in seguito, lo estesero anche ad altro genere di giudicati colpevoli.(1) Aggiungo: il supplizio, soltanto al pensarci, si rivelava di solito crudelissimo, orribile e nefando, molto prima dell’esecuzione, così come a carico di Gesù. (2)  

In croce il condannato doveva apparire nudo, pertanto i carnefici lo svestivano e ne inchiodavano le mani sul palo orizzontale e i piedi sul montante. I due chiodi infissi negli arti superiori, passando ognuno attraverso il polso in uno spazio tra le ossa, rendevano sufficiente un sol colpo di martello, ledevano il nervo provocando forte dolore, sostenevano un peso considerevole; non un sol chiodo lungo e robusto trapassava i due piedi sovrapposti, ma uno soltanto ne trafiggeva ciascuno, ad arti separati. Il reo lo si poneva, altresì, a cavalcioni di uno zoccolo infisso nel montante, perché il peso non lacerasse mani e piedi e, così, il corpo non scivolasse dalla croce. Non è improbabile che, talvolta, per il senso di rispetto presente nelle tradizioni giudaiche, gli si coprissero con un panno le parti intime. (3)

Gli uomini venivano messi in croce col viso rivolto al pubblico, le donne con il dorso. Il sostegno che, tra le cosce, reggeva il corpo, aveva, inoltre, forma di corno per impedire che –forse con lo scivolamento del fisico in avanti e in basso e con l’arresto conseguente della respirazione– la morte giungesse in breve tempo; se tuttavia tardava oltre un certo limite, la si procurava o producendo fumo denso sotto il patibolo o praticando al condannato il crurifragium cioè la frattura degli arti inferiori o trafiggendogli il fianco (4)  e, in tal modo, ostacolandone il respiro.

Forme di croce (Rielaborato di R. Di Lello)

Per quel che attiene al modello, la croce era di legno e presentava due forme usuali: l‘una, detta capitata, aveva tronco verticale lungo con porzione che, breve al di sopra del trasversale, fungeva da capo, l’altra ne era priva; (5) ambedue venivano fissate al suolo per mezzo della estremità inferiore.

Nel trattare della crocefissione non son mancate altre descrizioni  come ad esempio, un uomo crocifisso, sepolto ad una certa distanza a nord-est di Gerusalemme, aveva avuto le braccia legate alla traversa della croce, un chiodo nel polso destro, le gambe ai lati del montante, le caviglie separate e fissate da chiodo di 12 centimetri, le ossa della gamba destra fratturate per crurifragium. (6) La crocefissione subì modifiche nel tempo fino alla scomparsa nel IV secolo d.C. e, insomma, può essere vista “personalizzata” ossia in rapporto alla persona condannata e al crimine attribuitole,(7) nonché, è probabile, ad estemporanee condizioni ed esigenze del momento.

Nel mondo antico, la morte in croce, ritenuta la più orribile, era disprezzata perché, presso i romani, veniva praticata a carico di delinquenti, stranieri e schiavi di bassa categoria, pertanto i cristiani dei primi secoli, provandone vergogna, non raffiguravano crocifisso il figlio di Dio, anche se riconoscevano l’evento e il simbolo; (8)  già tanto, vanificandone le contraddizioni, conferma, pare, la reale esistenza  di Gesù e la sua morte in croce.

Nel particolare del tema e allo stato dell’indagine, risulta che Gesù è ancora il crocifisso emblematico passato alla Storia. Nelle parrocchie di Piedimonte, donne ed uomini, avanti negli anni, già da fanciulli o da giovani e in certi momenti, l’ hanno notato,  nelle chiese del luogo, in un disegno, in un dipinto o, più spesso, modellato sopra una croce di metallo o di legno; l’hanno visto con la testa coronata di spine, con gli occhi chiusi, con le braccia aperte, con le mani e i piedi trafitti da chiodi, col bacino coperto da un panno, con ferite e macchie di sangue sul corpo. V’è stato chi è rimasto impressionato e, talvolta ha riflettuto sulle sofferenze patite e qualcuno certamente s’è chiesto: “Se fosse capitato a me, sarei sopravvissuto al solo pensarci? avrei resistito già al dolore della fustigazione e del trasporto del legno? per quanto tempo? e senza urlare e chieder pietà?”.

V’è pure chi, contemplandone l’immagine anche altrove, ha notato che in “S. Damiano (Assisi) ha gli occhi aperti”, in “S. Maria Maggiore in Roma è senza corona di spine”, (9)  nel Museo Nazionale perfino della lontana Reykjavik è “in legno di betulla islandese, del XII secolo, il più antico” e, di arte locale, risulta stupendo (10) ed oltremodo singolare nel volto, nella veste, nella postura e nel fermo dei piedi separati.

Foto di Angelo Versaci

A Piedimonte, inoltre, v’è chi conserva qualche vetusto bel manufatto: in casa Versaci, ad esempio, stanno due statuine ereditate, ognuna in cartapesta, di cm. 40×50 circa e, per non lederle, tenute mani e piedi non più con chiodi ma, guarda caso, con legacci di stoffa o di cotone, sopra nuova croce costruita dieci anni orsono, in legno al naturale (11) e capitata. Ambedue i crocifissi  presentano corona di spine sul capo, ferite, panno celeste intorno al bacino, un foro da chiodo nel palmo delle mani e mentre l’una ha gli arti inferiori separati e ciascun piede con incavo da chiodo, la seconda ha un piede sull’altro e foro sul dorso. Leggendo il Nuovo Testamento (12) e per quel che dirò, le immagini m’hanno portato a pensare, brevemente, “Perché sono due e non una, o forse erano in tre?”

Sempre più nel dettaglio, nella parrocchia dell’Annunziata, ad esempio, nella chiesa di Santa Lucia, vien giù dal soffitto, a confine del presbiterio, una croce capitata e di legno in nero con la statua di Gesù con corona di spine, coperto di panno bianco all’inguine e palmo delle mani e piedi uniti trafitti da chiodo; nel tempio monasteriale di S. Benedetto, in un grosso quadro, datato 1711, sta dipinto Gesù su croce capitata, coronato di spine, con bacino avvolto da panno bianco e chiodo in ciascun palmo di mano e nel dorso di ciascuno piede; nel Santuario Mariano, o dell’Annunziata, nella Cappella della Crocefissione e a capo d’altare, una statua del Cristo, di altezza media, longilineo e robusto, sopra croce capitata di legno in nero, presenta aureola, corona di spine, testa reclinata in avanti a destra, ferita lacero contusa, da caduta, su spalle, gomiti e ginocchia, ferita da punta e taglio in uno spazio intercostale destro, arti superiori spalancati come per un abbraccio, palmo delle mani penetrato da chiodo, bacino coperto da panno celeste, piede destro sovrapposto al sinistro e trapassati al dorso da un chiodo lungo e robusto, come da arte figurativa tradizionale.

Piedimonte Matese, Parrocchia AGP, (Foto R. Di Lello)

Ma non è tutto: nei primi giorni del giugno 2023, visitando in una sala sovrastante la navata destra e adattata a museo parrocchiale una mostra di libri concernenti la religione cattolica, la mia attenzione è rimasta subito attratta da due crocifissi, autentiche opere d’arte. Ritornatovi per una indagine ho appreso che, giacendovi da molto tempo, restaurati nel 2018 e riportati in sede l’anno dopo, avevano trovato posto, nel 2020, ai lati di un affine Cristo in croce, a costituire un insieme. (13) Dei tre crocifissi, ognuno in cartapesta, di cm. 80×120 circa e sopra croci capitate di legno in nero, i due a lato, con gli inguini coperti di panno celeste risultano singolari per la rarità del soggetto ed eccezionali per l’attinenza alla crocefissione: mostravano, infatti, polsi inchiodati, arti inferiori separati e ciascun piede trafitto da un chiodo; nell’espressione, inoltre, l’uno, rammaricato, guardava il suolo, l’altro, con aureola, volgeva sereno lo sguardo verso il cielo. Inediti allo stato dell’indagine, chi mai raffiguravano?

Quei due in croce, ai lati del Cristo, m’hanno ricondotto, attentamente, a brani che, di un  episodio descritto in Vangeli canonici, qui volgo dal latino e dal greco: “Ed erano condotti con lui altri due, per essere messi a morte. E dopo che giunsero nel luogo che è detto Calvario, ivi crocifissero lui –Lc, XXIII, 32-33– (14) E insieme/accanto a lui crocifiggono (i) due predatori/saccheggiatori, uno alla sua destra ed uno a sinistra– Mc, XV, 26-27– (15)  […]Ed uno di quei ladroni crocifissi lo insultava […] E l’altro, rispondendogli, lo rimproverava dicendo :”[…] costui, in verità, non fece niente di male. E diceva a Gesù: Signore ricordati di me quando sarai nel tuo regno. E Gesù rispose a lui: In verità ti dico che oggi sarai con me in paradiso”– Lc, XXIII, 39, 40, 42, 43– (16)  Da notare che i termini predatore e saccheggiatore significano: specialm.1) pirata 2)soldato di ventura 3) brigante” (17) o, “rivoltosi di natura politica […] addirittura zeloti […] ribelli”. (18)

Dunque? A questo punto sembra risolto l’interrogativo del titolo su quei due in croce rinvenuti in Piedimonte Matese.

Bibliografia
1) Henri Daniel- Rops, La vita quotidiana in Palestina al tempo di Gesù, Milano, Mondadori, 1986-1999, pp.  68-69, 92, 204. Giuseppe Ricciotti, Vita di Gesù Cristo, Milano,Mondadori,1962, pp. 676-678. Pier Luigi Baima Bollone–Pier Paolo Benedetto, Alla ricerca dell’uomo della sindone, Milano,  Mondadori, 1978, p. 75.
2) Cfr. Rosario Di Lello, Gesù sudò sangue (riferimenti di storia e scienza), in “Storia della Chiesa”, Telese, Istituto Storico Sannio Telesino, 2 aprile 2021.
3) Costantino Fouard, Vita di N.S. Gesù Cristo, Torino, SEI, 1930, II, pp.312-315. G. Ricciotti. cit., p. 678-680 e 685, P.L. Baima Bollone – P.P. Benedetto, cit. pp157-158.
4) H. Daniel- Rops, cit.,  pp. 204-205 e 208. G. Ricciotti, p. 681.
5) H. Daniel-Rops, cit. Giuseppe Ricciotti, cit., P.L. Baima Bollone–P.P. Benedetto, cit.
6) Cfr. Rinaldo Fabris, Gesù di Nazareth storia e interpretazione, Assisi, Cittadella, 1983, p. 306; Pier Luigi Baima Bollone, L’impronta di Dio, Milano, Mondadori, 1985, pp. 183-184. John Dominic Crossan, Gesù Una biografia rivoluzionaria, Firenze, STIAV, 1994, pp. 156-157.
7) Emanuela Marinelli, Sindone, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1996, pp. 40-41 e 46-47.
8) Vittorio Messori, Ipotesi su Gesù, Torino, Società Editrice Internazionale, 1976, pp. 240-244.Cfr. pure R. Fabris, cit. pp. 304-306.
9) Anna A. Marro, email, Piedimonte Matese, 06/7/2023, ore 9.
10) Pasqualina Manzelli, email e foto,  09/7/2023, ore 9,23 e 10/7/’23, ore 12,46.
11) Angelo Versaci, referente, Piedimonte Matese, 30.5.2023 e 28. 6. 2023, ore 11.
12) Cfr. pure Il Nuovo Testamento, Mt, XXVII, 42, Mc, XV, 32, Lc, XXIII, 32-33, Gv, XIX, 18.
13) Ad opera del nuovo parroco, don Armando Visone, ref. Federico Della Paolera, 14-7-2023, ore 10.20.
14) Testo latino, in La Sacra Bibbia, a c d  Antonio Martini, Firenze, Usigli, 1852, IV, pp. 206-207.  15- Testo greco in Emilio Salvatore, <<Gesù il Nazareno, il crocifisso, è risorto>> (Mc 16,6), Trapani, Il pozzo di giacobbe, 2017, p. 76.
16) Testo latino, in La Sacra Bibbia, a c. d.  A. Martini, cit.
17) Guglielmo Ghemol, Vocabolario greco-italiano, Firenze, Edizioni Sandron, 1983, p. 635.
18) Cfr. E. Salvatore cit. pp. 118-119.

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