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Le memorie del Palazzo, tra ricordi e documenti d’archivio un racconto inedito sulla dimora della famiglia Filangieri

La presentazione presso la sede dell'Associazione Storica del Medio Volturno il prossimo 13 giugno. Sarà presente l'autrice e discendente della famiglia Filangieri, Flaminia Baffigo

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Memorie del Palazzo è il libro della giornalista Flaminia Baffigo dedicato ai ricordi d’infanzia nella dimora di famiglia, Palazzo Filangieri a San Potito Sannitico. Un racconto che risponde al “pegno di riconoscenza” che avverte nei confronti delle sue radici, e che ha portato a termine con ricchezza di particolari scaturiti dalla ricerca storica sui documenti conservati al Palazzo e mutamenti strutturali che l’edificio ha subito. La presentazione del volume, con la presenza dell’autrice si terrà giovedì 13 giugno alle 18.00 presso la sede dell’Associazione Storica del Medio Volturno a Piedimonte Matese (scarica la locandina)

Flaminia Baffigo – Nella mia breve Nota iniziale, anteposta al testo, ho spiegato di aver utilizzato il termine Memorie nella sua titolazione per sottolineare la parte avuta dai documenti custoditi all’interno del Palazzo nel ricostruirne la storia. Ma altre Memorie e non solo quelle cartacee hanno concorso alla sua stesura. Ed è stata poi la lontananza, una lontananza di spazio e di tempo, che mi ha portato a ripercorrere con lo sguardo della memoria e della storia i luoghi, le situazioni, il concatenarsi degli eventi.

Così è stato per l’ultima immagine con cui ho voluto chiudere il racconto sul Palazzo, e che appartiene all’inizio degli anni cinquanta del Novecento. Quella della superficie in cemento del campo da tennis, in giardino, squarciata all’altezza della rete da un ordigno caduto proprio lì e certamente la sensazione che si trattasse di una bomba inesplosa era solo il frutto dei miei timori di bambina e dello sguardo che mi faceva vedere tutto più grande di quanto non fosse. Anche se questo non mi impediva di giocare dall’altra parte del campo.

San Potito Sannitico. La corte di Palazzo Filangieri

Poi si è trattato di saper leggere i documenti che il Palazzo custodiva e trovare per ciascuno la sua collocazione, mettere insieme tutti i frammenti, ricostruire gli accadimenti e dare il posto a ciascuno di essi. Non certo senza una ragione, ma perché le storie ascoltate, lette o ricostruite sono andate a comporre una sorta di grande puzzle, si sono inserite in una cornice dove ogni pezzo ha trovato la sua giusta collocazione.

Un Palazzo trattiene tra le sue mura e i suoi spazi il ricordo di tutto quello che vi è passato. Il tempo che ne ha scandito l’esistenza è talmente lungo che anche piccoli frammenti si sommano gli uni agli altri e danno l’idea di tutto quel che è trascorso lì dentro.

Nel Palazzo di piani 2 e di vani 47, come registrato al Catasto nell’Ottocento, più di una volta gli spazi si sono modificati, si sono espansi e hanno trovato altre configurazioni. Ai tempi delle permanenze più lunghe, la stanza per noi tre fratelli, era ricavata con un tramezzo nel grande salone per essere a fianco di quella della Fontana dove dormivano i nostri genitori. E ancora adesso ce n’è la traccia sul pavimento di cotto dipinto, un solco grigio scavato nelle decorazioni che parte dal fianco del camino di marmo per raggiungere la parete di fronte. Era lì che erano stati messi i nostri letti per evitare che gli inevitabili rumori, che avremmo potuto provocare, disturbassero il silenzio che il nonno pretendeva intorno a sé.  E così in una ennesima diversa destinazione delle numerose stanze e dei molteplici ambienti, il Palazzo ci accoglieva con una flessibilità degna di una creatura vivente.

Parlarne ora è quasi un pegno di riconoscenza per l’edificio intero, per i suoi spazi interni e per quelli del giardino che allo stesso modo hanno visto lo stratificarsi di epoche successive e il diverso configurarsi del terreno e delle piante. È a distanza di anni ricordare che sotto le finestre della Meridiana, quella che era la stanza da letto del nonno, bisognava evitare di passare in certe ore del giorno. Anche se le finestre erano lassù, al primo piano e c’era la doppia chiusura dei vetri e delle imposte. Ma lì dietro c’era chi aveva vissuto la Grande Guerra nei sommergibili, e chissà cos’era stato ritrovarsi chiuso in un piccolo spazio sott’acqua martellato dall’artiglieria nemica.

È anche attingendo a questi ricordi che le Memorie molteplici mi hanno consentito di ricomporre una storia ricca di dettagli che si sono trasformati in scrittura. Così e con tutti i suoi limiti, per aver dovuto comunque selezionare cosa era essenziale e cosa no, ho scritto questo libro.

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