Noemi Riccitelli – È una continua sfida allo sguardo e all’intelletto dello spettatore: il regista greco Yorgos Lanthimos, dopo il plauso generale e i prestigiosi premi ricevuti per il recente Povere Creature! (qui la recensione), torna in sala con un nuovo film, Kinds of Kindness, attraverso il quale, ancora una volta, assecondando la sua originaria ispirazione, propone una visione decisamente bizzarra, ma non banale e per niente superficiale.
Girato nel corso della fase di montaggio di Povere Creature!, per Kinds of Kindness Lanthimos è tornato al sodalizio con Efthymis Filippou, firma delle sceneggiature dei suoi primi e iconici film: Dogtooth, Alps, The Lobster, per la quale ha ricevuto la Nomination all’Oscar, e Il sacrificio del cervo sacro.
Un lavoro intenso con due progetti in contemporanea che ha fatto sì di confermare sul set parte del cast del film appena realizzato, in particolare: Emma Stone, che ormai può dirsi a tutti gli effetti musa e anche mecenate del regista, insieme a Willem Dafoe e Margaret Qualley, con l’aggiunta di Jesse Plemons e Hong Chau.
Sono loro, infatti, i protagonisti di Kinds of Kindness, al cinema dal 6 giugno, dopo la presentazione al Festival di Cannes: una cornice che racchiude tre episodi, in cui Lanthimos e Filippou realizzano e mostrano il loro concetto di gentilezza e disposizione verso l’altro.
The death of RMF, RMF is flying e RMF eats a sandwich sono i titoli dei tre quadretti che si alternano sullo schermo, ambientati in un luogo indefinito, con personaggi sempre diversi, anche se proprio una misteriosa figura è sempre presente in tutti e tre gli episodi.
Un rebus eccentrico, inquieto e dissacrante, ma anche ironico, sicuramente provocatorio: è Lanthimos che dopo i successi dei più piacenti La favorita e Povere Creature! riprende quel suo personalissimo e originario filone che lo ha portato alle cronache del cinema d’autore.
Il titolo della pellicola parla di gentilezza e, infatti, ciò che viene mostrato è un peculiare catalogo di azioni, modi di fare, sentimenti gentili, almeno nella singolare visione del regista.
Una gentilezza che i personaggi declinano in abnegazione, sacrificio, bisogno, in un parossismo crescente e surreale, accentuato da inquadrature e close-up che che catturano i dettagli fondamentali di un mosaico grottesco.
Se Lanthimos è il demiurgo di questa realtà tutta sua, gli interpreti la animano con performance vivide, accettando i giochi istrionici del regista: ad emergere è soprattutto Jesse Plemons, il quale ha conseguito, non a caso, il premio per la Miglior interpretazione maschile a Cannes.
Kinds of Kindness si presenta come un esercizio di stile, quasi una “voglia matta” di Lanthimos, un capriccio, uno sfizio irriverente dopo i successi hollywoodiani, che non possiede particolari ambizioni, ma inizia e finisce nel perimetro di uno stile certamente unico.
Per la maggior parte della critica un’occasione mancata, ma forse la pellicola va presa per quello che è: una parte dei “dolci sogni” (la colonna sonora è eloquente in tal senso) del regista.