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Olimpiadi 2024, via i clochard da Parigi. Come la città perde la sua vocazione alle relazioni

La città punta al decoro, a maggior turismo e quattrini e rischia di smarrire la vocazione di luogo di relazioni tra persone diverse che nell’incontro si conoscono, si rispettano, si stimano

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Foto di Christoph Müller da Pixabay

Paolo Bustaffa – Per i Giochi Olimpici che si terranno a Parigi dal 26 luglio all’11 agosto, si prevede un allontanamento di oltre 12.000 persone tra le quali molti clochard. Questa decisione, come dichiarano le autorità, punterebbe a una “pulizia sociale”: la capitale francese per quell’evento deve presentarsi al mondo in tutta la sua lumiére  non può permettersi sbavature e ombre.

E come purtroppo accade a fare le spese di queste scelte sono i più fragili, quelli che non hanno un tetto sopra la testa ma come tutti hanno un cielo.  Sta succedendo in molte città ricche. Nel nostro Paese questi episodi si sono verificati a più riprese con tanto di delibere comunali e con forze dell’ordine sollecite nell’allontanare anche coloro che avrebbero voluto civilmente opporsi alla cacciata degli innocenti dal centro città.

Anni scorsi in un incontro europeo sui centri urbani si discuteva di questi temi e qualcuno prese la parola per dire che anche i clochard sono nell’anima di una città ed è assurdo portarli in lontane periferie o fuori dal perimetro urbano per far sì che il centro sia pulito. Come se queste persone mancassero di rispetto alla città o invece fossero proprio loro a subire una mancanza di rispetto nel venire ridotte a scarti da rimuovere.

Il decoro della città si afferma deve essere garantito anche per attirare il maggior numero possibile di turisti. Questioni di soldi, di economia da far girare.

Accade però che a Barcellona, Malaga e Maiorca in queste settimane i cittadini abbiano detto ai turisti di tornare a casa. Sono troppo numerosi, e rischiano di far saltare gli equilibri della vita cittadina. Ad esempio, con il rincaro dei prezzi delle case che i proprietari preferiscono affittare ai turisti per brevi periodi a cifre altissime piuttosto che a residenti o a lavoratori impiegati in città.

Molti spazi pubblici sono diventati ristoranti a cielo aperto, le ore del giorno e della notte sono stravolte da un andirivieni compulsivo che divora tempi e spazi, neppure s’accorge delle bellezze, guarda ma non vede.

Certo, questa invasione porta soldi e ne porta molti ma la città può essere la casa solo per alcune persone e non per altre che invece di portare quattrini chiedono quattrini.

Non si tratta di respingere e di rimuovere.  Si tratta di prendere atto che qualcosa di importante non funziona e il problema non si risolve al grido “tornate a casa!” ma con una cultura e una politica non piegate al mercato e alle apparenze. La città rischia di smarrire la vocazione di luogo di relazioni tra persone diverse che nell’incontro si conoscono, si rispettano, si stimano. Restituire l’anima alla città ecco il compito che spetta a cittadini e amministratori pubblici ricordando che il decoro urbano, che non è solo quello estetico, viene messo a rischio più che dai clochard da mercanti pronti a svendere perfino una città.

SIR

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