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Commento al Vangelo di domenica 28 luglio. La moltiplicazione dei pani e dei pesci, l’invito a dare se stessi per gli altri

Commento al Vangelo, XVII domenica del Tempo ordinario anno B

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di Padre Gianpiero Tavolaro
Comunità Monastica di Ruviano (Clicca)

XVII domenica del Tempo ordinario – Anno B
2Re 4,42-44; Sal 144; Ef 4 1-6; Gv 6,1-15

Tagba (Terra Santa), Chiesa della moltiplicazione dei pani e dei pesci

La moltiplicazione dei pani (che il Quarto evangelo presenta come il segno dei pani, al quale viene fatto seguire immediatamente il discorso sul pane di vita) è il “miracolo” più attestato dagli evangeli: esso viene raccontato ben sei volte, dal momento che gli evangeli di Matteo e Marco presentano ciascuno due moltiplicazioni dei pani.

Il quarto evangelista, tuttavia, come è solito fare ogniqualvolta si trova a narrare fatti o a riportare contenuti paralleli agli altri evangelisti, rilegge questo segno in una prospettiva narrativa e teologica “altra”. A questo proposito, è tutt’altro che secondaria la precisa indicazione cronologica offerta dal Quarto evangelo: questo segno è dato da Gesù quando «era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei».

Il testo sembra così introdurre il lettore/ascoltatore in quel “deserto” che i discepoli, non diversamente da Israele, ora devono attraversare (e non a caso, nel discorso che segue, Gesù fa un riferimento alla manna): i discepoli, come i loro padri, infatti, hanno lasciato tutto, fidandosi di Dio e hanno seguito Gesù, il Figlio di Dio, con entusiasmo… i discepoli hanno provato con Lui la gioia della Parola che corre e che compie prodigi… hanno visto le folle numerose seguire Gesù, per ascoltarlo e per vedere i segni da Lui compiuti.

Ora, però, inizia un tempo diverso: proprio in questo capitolo, infatti, Giovanni mostra la crisi, gli abbandoni, le incomprensioni che la missione di Gesù conosce… il Figlio di Dio sta entrando in un deserto di solitudine e di dolore per cercare ogni uomo abbandonato e sofferente: egli si sta avviando in un deserto privo di sicurezze umane, nel quale, però, è pronta a manifestarsi la gloria di Dio.

È proprio al cuore di questo deserto che Gesù è chiamato a mostrare e il discepolo è chiamato a riconoscere l’amore fino all’estremo (cf. Gv 13,1). È questo un deserto di prova, per Gesù non meno che per i suoi discepoli: ed è per questo che l’evangelista sottolinea che Gesù si rivolge a Filippo «per metterlo alla prova». Questo deserto di prova dovranno attraversare i suoi, imparando a fidarsi di Dio e di Colui che Egli ha inviato, al di là di ogni umana certezza.

In questa prospettiva, la scena diventa allora paradigmatica: in questa povertà di tutto, in questo “estremo”, in cui la debolezza e l’assenza di ogni certezza è l’unica certezza, c’è solo una cosa da fare: dare tutto quello che si è e si ha. O c’è questo abbandono o non si è fecondi: è questo il nucleo duro e profondo del racconto giovanneo!

Il ragazzino con «cinque pani d’orzo e due pesci» è segno della piccolezza che dà tutto (come suggerisce il numero sette, che è numero di totalità): in tal modo, egli crede all’incredibile… come è possibile sfamare una folla grandissima con soltanto cinque pani e due pesci? E saggiamente (secondo la sapienza “calcolatrice” tipica del mondo) Andrea sottolinea: «che cos’è questo per tanta gente?». Ecco però che la piccolezza e la debolezza offerte diventano fecondità!

Negli evangeli sinottici Gesù rifiuta, nelle tentazioni nel deserto, di trasformare le pietre in pane, perché ciò significherebbe saltare la fatica dell’umano: non si fa, infatti, pane dalle pietre, essendo il pane fatto di aratura, semina, cura, mietitura, macina, impasto, cottura, distribuzione… Qui, però, Gesù moltiplica proprio il pane fatto di fatica e di lavoro, rendendo fecondi la fatica e il lavoro dell’uomo, di cui quel pane è già in sé segno.

La prova è, dunque, credere che nei deserti dell’uomo, nelle perversioni della mondanità, nella sproporzione tra il mondo e la piccolezza dell’evangelo la sola cosa che conta è dare tutto se stesso, non diversamente da Gesù!

La prova che i discepoli ora devono attraversare li deve portare ad affrontare la Pasqua di Gesù e poi, subito dopo, anche le loro personali “pasque”, i loro “esodi”… quelli che nella sequela di Cristo li porteranno a dover sperimentare l’estremo del rifiuto del mondo e dell’ostilità del mondo, ma anche della potenza dell’evangelo!

L’evangelo invita i discepoli del Signore a riflettere ancora una volta sul dono di quello che si è, ben al di là dei limiti che ci si impone! A volte quello che si è appare davvero poco: solo “cinque pani e due pesci”! Eppure, proprio quei pochi pani e pesci sono ciò di cui il Signore ha bisogno per dare il pane del Regno a un mondo affamato e disorientato.

 

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