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House of the Dragon 2. Una stagione preparatoria, la danza dei draghi è lenta, ma avvincente

Conclusasi lo scorso 5 agosto, la serie HBO è disponibile completa su Sky Atlantic e Now

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Noemi Riccitelli – Il pubblico si aspettava una danza dei draghi impetuosa e focosa (letteralmente!), ma l’attesissima seconda stagione di House of the Dragon (qui la recensione della prima stagione), disponibile ora completa su Sky Atlantic e Now e prodotta da HBO, andata in onda da lunedì 17 giugno e conclusasi lo scorso 5 agosto, ha rivelato toni più cadenzati, ma non meno avvincenti e decisi.
Infatti, se il finale della prima stagione aveva lasciato intuire che l’intreccio del seguito sarebbe stato più che sorprendente, da qui il grande hype intorno alla nuova stagione, gli ultimi 8 episodi di House of the Dragon hanno rappresentato una scelta molto oculata in termini di trama e sceneggiatura, quasi una fase preparatoria e di passaggio verso quelle che saranno la stagione 3 e 4, già annunciate e confermate dall’ideatore della serie Ryan Condal.

Dopo la morte del figlio Lucerys (Elliot Grihault), attaccato dal drago di Aemond (Ewan Mitchell), Rhaenyra (Emma D’Arcy) cerca giustizia e l’incoronazione del fratellastro Aegon (Tom Glynn-Carney) ad Approdo del Re la convince sempre di più che sia necessaria un’azione organizzata per reclamare il trono che è suo di diritto.
Così, il conflitto tra i Verdi, sostenitori di Aegon, e i Neri, sostenitori di Rhaenyra, raggiunge l’apice.

Uno scenario teso e tutto aperto che, come già sottolineato, non è stato sviluppato del tutto, preferendo una linea di understatement, costellata, tuttavia, da colpi di scena e azioni che, pur non distinguendosi per particolare audacia e stupore, hanno modificato equilibri e relazioni tra personaggi e contesti.
E, quindi, questa seconda stagione di House of the Dragon si caratterizza per lunghi dialoghi, inquadrature intense su volti corrucciati e preoccupati, eleganti sequenze, ricche di simboli e dettagli, esaltati dalla bella fotografia di Fabian Wagner.

Una stagione di respiro, di approfondimento, di ricerca, in cui la violenza (cifra caratterizzante della “sorella” Game of Thrones) sembra essere stata messa da parte in favore di diplomatiche, verbose puntate che, da una parte e dall’altra, hanno mostrato profili inaspettati e nuove condizioni.
Protagonisti indiscussi, più della precedente stagione, sono stati i draghi: maestosi e incantevoli, è stato messo in evidenza il loro peculiare rapporto con i rispettivi cavalieri, enfatizzando il feeling tra uomo e drago.
Unici, in tal senso, gli effetti speciali di Michael Dawson, che hanno reso queste creature più vive e affascinanti che mai.

Il cast si conferma brillante e di un livello unico: Emma D’Arcy (che nel 2023 ha ricevuto la candidatura come Miglior Attrice in una serie drammatica ai Golden Globe), Matt Smith, Olivia Cooke, Ewan Mitchell, Tom Glynn-Carney, Fabien Frankel, Rhys Ifans e tutti gli altri interpreti conducono l’azione in modo magistrale, con un sentimento e coinvolgimento tali che hanno contribuito a rendere questa serie un vero gioiello nel panorama delle contemporanee serie TV.

Tuttavia, le scelte stilistiche di questa stagione hanno fatto discutere e diviso la fan-base, che ha tacciato lo show di noia, scarso interesse e poca aderenza ai fatti narrati nei romanzi di George R. R. Martin.
Eppure, il secondo capitolo di House of the Dragon ha intessuto dei ricami, proprio come nella bellissima sigla, di un arazzo che, a poco a poco, si è definito e i cui nodi saranno sciolti successivamente, con quello che sì, sarà un vero coup de theatre.

Un pathos, dunque, diverso, che ha fatto della pazienza e dell’accuratezza le sue principali direttrici, con una narrazione intensa che ha costruito i personaggi come caratteri con un’interiorità ben tornita, complessa e acuta, e le azioni come panorami di vorticosi eventi da dispiegarsi.
Insomma, il meglio deve ancora venire, ma questo intermezzo è tutto ugualmente da godere.

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