Noemi Riccitelli – Se la prima stagione di The Bear è riuscita a farsi notare al grande pubblico e a far parlare di sé, la seconda (qui la recensione) ha rappresentato la consacrazione della serie creata e diretta da Christopher Storer, sancita in particolare da uno stuolo di premi e riconoscimenti.
Ecco, allora, che una terza stagione (e anche una quarta in produzione) si presenta come la naturale prosecuzione di una storia che è riuscita a coinvolgere e colpire per la delicata intimità e i profondi temi esistenziali trattati.
I nuovi dieci episodi di The Bear 3 sono disponibili dal 14 agosto su Disney Plus (negli USA la serie è già uscita il 27 giugno).
All’indomani dell’inaugurazione del nuovo ristorante, la brigata di chef Carmy (Jeremy Allen White) appare più confusa e disorientata che mai.
Sidney (Ayo Edebiri) cerca di tenere il focus sulle esigenze della cucina e, al tempo stesso, dare una direzione alla sua vita, ma il rapporto con il socio-collega Carmy è sempre molto teso.
Inoltre, Natalie (Abby Elliott) e Richie (Ebon Moss-Bachrach) si trovano ad affrontare importanti cambiamenti.
Per la terza volta, la cucina in The Bear è luogo di tensioni e scontri, ma anche di complicità e inaspettati legami: aspri dialoghi con fuochi e fiamme, dunque, ma anche dolci, burrose parole, lasciate mantecare.
È la ricetta di uno show che, seppur in questo nuovo capitolo non particolarmente sorprendente, riesce in ogni caso a toccare il cuore di chi guarda.
Infatti, se il ritmo del racconto, soprattutto nei primi cinque episodi, sembra sottotono, nella seconda metà delle puntate, cambia: in particolare, gli episodi 7 e 8, di cui il primo, Napkins (Tovaglioli) diretto dalla stessa Ayo Edebiri, segnano un netto cambio di passo nell’enfasi del racconto, con un focus su personaggi rimasti fino a quel momento un po’ come sagome.
Non a caso, mentre le precedenti due stagioni hanno presentato una visione di insieme dei protagonisti, ponendo maggior attenzione al personaggio di chef Carmy, qui ad emergere sono anche le singole personalità e le loro esistenze; i legami, i dialoghi tra i personaggi si fanno epifanie, vagheggiano nuovi scenari e possibili risoluzioni.
Insomma, in The Bear 3 testo e sotto-testi della serie si fanno più complessi e delicati, se vogliamo, le relazioni tra i diversi comprimari si modificano, permettendo loro di riflettere, affrontare “non detti”, cambiare.
Da un punto di vista squisitamente tecnico, The Bear si conferma un progetto raffinato, ben realizzato: scrittura, regia (anche “l’incursione” di Edebiri), fotografia e, ça va sans dire, il cast sono brillanti;
oltre ai sempre bravi Jeremy Allen White e Ayo Edebiri (ma anche Ebon Moss-Bachrach, Oliver Platt, Jon Bernthal, insomma, davvero tutti), menzione particolare alla superba Jamie Lee Curtis, la quale nell’episodio Ice Chips (Cubetti di ghiaccio) offre una performance notevole, che fa eco a quella di Fishes (Pesci) della seconda stagione.
Non avrà quello smalto della novità o del grande colpo di scena (questa una delle critiche principali ricevute), forse, in tal senso, ci si è assuefatti troppo all’idea di dover sempre vedere sullo schermo un qualcosa che lasci a bocca aperta, di avere una stagione performante dopo l’altra, ma The Bear 3 è una bella, “ordinaria” visione di una serie che, certamente, saprà, a suo modo, come sorprendere fino alla fine.