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Nel nome di Giorgio La Pira i giovani vivono e costruiscono la pace. Cristiani, musulmani ed ebrei a Castiglione della Pescaia

in 200 al Villaggio La Vela per l'International camp, esperienza che ogni anno riunisce giovani di religioni diverse: una "diplomazia" informale fondata sul comune desiderio di pace tra tra i popoli in nome di valori imprescindibili e non di emergenze

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Foto Opera Giorgio La Pira

“Fare comunità è centrale per realizzare un cambiamento duraturo. I piccoli cambiamenti individuali possono diffondersi all’esterno, generando trasformazioni più ampie e sistemiche. Costruendo comunità forti, possiamo favorire un cambiamento culturale e creare un mondo migliore. Questo nuovo approccio culturale deve essere caratterizzato dal dialogo, dalla comprensione e dal desiderio collettivo di cambiamento, opposto al paradigma dominante dello sfruttamento e del consumismo”. Lo scrivono, i duecento giovani, tra cui cristiani cattolici e ortodossi, musulmani ed ebrei, provenienti dai Paesi del Mediterraneo, dal Medio Oriente e dall’Est Europa, che hanno partecipato all’International camp presso il Villaggio La Vela di Castiglione della Pescaia dell’Opera per la gioventù Giorgio La Pira. L’iniziativa, si legge in una nota, è stata promossa dall’Opera insieme al Consiglio dei giovani del Mediterraneo, progetto della Conferenza episcopale italiana, opera segno del Convegno dei vescovi di Firenze Mediterraneo frontiera di pace ed affidata alla Rete Mare Nostrum, costituita dalla Fondazione Giorgio La Pira, dalla Fondazione “Giovanni Paolo II”, dall’Opera per la Gioventù.
“Il rapporto tra pace ed ecologia è profondo – osservano i giovani -. Il degrado ambientale porta a scarsità di risorse, che a sua volta alimenta i conflitti. Al contrario, la pace fornisce la stabilità necessaria per fare progressi in tutti i campi, inclusa la tutela dell’ambiente. Ridurre la produzione e la vendita di armi è un passo cruciale verso un mondo più pacifico. Dobbiamo ripensare i sistemi economici che traggono profitto dalla guerra, investendo invece in un’industria volta alla pace e sostenibile. Le armi non sono la risposta; il dialogo sì. La guerra è uno dei più grandi disastri ambientali che l’umanità possa infliggersi”. E ancora: “Dobbiamo promuovere la pace e il dialogo come fondamenta per un futuro sostenibile. Abbracciare la sostenibilità dovrebbe plasmare il modo in cui educhiamo i bambini e i giovani. Le nostre comunità dovrebbero promuovere la responsabilità verso il pianeta e i suoi abitanti, attraverso strumenti come il pensiero critico, l’empatia e la comprensione interculturale”.
Per i partecipanti al campo, “è importante ricordare i valori e gli elementi essenziali che hanno guidato le nostre discussioni: persone, pianeta e prosperità. Questi valori non sono soltanto un obiettivo, ma un principio guida che dovrebbe ispirare tutte le nostre azioni in futuro. Molti partecipanti, specialmente i giovani, possono combattere con sentimenti di disperazione, ma il cambiamento è possibile solo se crediamo in esso e lavoriamo collettivamente per realizzarlo”. I giovani evidenziano: “Senza speranza, il cambiamento non può realizzarsi. Il nostro sogno ed obbiettivo per il futuro è quello di costituire comunità fiorenti, salvaguardare la salute del pianeta e raggiungere una prosperità condivisa. Dobbiamo essere disposti a uscire dalle nostre zone di comfort intellettuali e abbracciare idee audaci e innovative. Facendo così, possiamo creare un futuro non solo sostenibile, ma anche giusto, pacifico e pieno di speranza. Che questo sia un invito all’azione. Insieme, possiamo fare la differenza. Le nostre società hanno bisogno di noi. Possiamo cambiare. Cambieremo”.

Fonte SIR

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