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“Ci credo agli occhi, specchio dell’anima mia e tua”. Il legame tra insegnanti ed alunni nella poesia di Maddalena Zullo

Un testo poetico che Clarus sceglie di dedicare, insieme al commento dell'autrice, ad alunni ed insegnanti: perché il nuovo anno scolastico sia tempo di ascolto e di cura

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“Ci credo agli occhi, specchio dell’anima mia e tua,
perché se piangi tu forse è anche affar mio”.
Sentire la responsabilità della cura; accogliere l’adolescenza dei propri alunni e averne rispetto; innaffiare e coltivare le loro storie: la vive così la sua esperienza di insegnante Maddalena Zullo, docente di materie letterarie in una Scuola secondaria di primo grado.
E affida questo sentimento ad una poesia, Credimi (scarica), candidata alla prima edizione del concorso Parole e Vita indetta dal Consultorio CIF di Avezzano APS in cui ha ricevuto una menzione speciale.

Originaria di Alife, al termine degli studi universitari si trasferisce al Nord dove risiede attualmente con la famiglia a Fino Mornasco (CO). Una viva passione per l’arte (dalla pittura alla letteratura) che traduce anche nella pubblicazione del libro Terra viva. Sotto una buona stella (Le Parche, 2020), dedicata alle sue radici. L’altra passione, per l’umanità e i diritti la coinvolge nell’esperienza politica del paese in cui vive.
L’insegnamento – l’obiettivo di quand’era ragazza e il traguardo di donna – si consolida come esperienza di relazione e per le sue attitudini si traduce in poesia.

“Ci credo ai tuoi bozzetti di speranze.
Ci credo che sei già un po’ uomo, ci credo che sei già un po’ donna:
che ne sei a volte felice e a volte no.
Ci credo che non ci lasceremo veramente finché avrete un disegno nel cuore”.
Questa poesia
(scarica) nasce qualche anno fa – spiega l’autrice – nel momento in cui ho lasciato una classe terza, che conoscevo dalla prima. In quell’occasione, era la prima volta che da precaria completavo un ciclo con lo stesso gruppo, io per prima ho dovuto imparare a lasciarli andare e la poesia mi ha aiutato. È una sorta di testamento morale e valoriale in vita, reciproco, di ciò che si dà, consapevolmente senza pretese. È una risposta, da insegnante che ha sempre fatto solo l’insegnante e che dalla scuola in qualche modo non è mai uscita, a tutti coloro che parlano degli adolescenti sgranando gli occhi e alzando le mani, perché in questo lavoro solo “sporcandoti le mani” puoi davvero capire che l’adolescenza è terribilmente bella, di uno splendore straziante.

Mi sento un contadino dell’anima, perché innaffio e coltivo i miei ragazzi, “gli adolescenti” che tutti temono, che scansano, che non capiscono, nel momento in cui da semi diventano pianta, in quel momento cruciale e terribile in cui il seme sente quella spinta verso l’alto, ma ha una grande quantità di terra sopra e non conosce il sole, e soffre e combatte tra la voglia di restare seme e l’istinto e la curiosità di germogliare e conoscere il sole. Ecco, io sono accanto in quel momento cruciale di trasformazione e morte e nascita. Oggi il mio mestiere è diventato più complesso ma è nel rapporto umano ed empatico con la nuova adolescenza che bisogna investire per creare il terreno dove comunicare e crescere insieme. Mi piace insegnare perché mi piace imparare, sempre, dai ragazzi soprattutto. Mi piace insegnare perché oggi è un lavoro dinamico che implica risolvere problemi diversi e complessi a volte contemporaneamente e questo per me è stimolante. Mi piace insegnare perché ogni giorno incontro, e di questo sono ancora convinta, la parte migliore dell’umanità ed eticamente e per principio devo averne cura, un pò perché ne sono affascinata e un pò perché è oggettivamente il mio futuro.

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