Giovanna Corsale – “Carissimo papà con molto piacere ti rispondo alla tua desiderata lettera. Apprendo che voi state tutti bene e così fino ai medesimi tempi, puoi essere sicuro anche di me che goda di perfetta salute e appresso come Dio vuole.” Queste le parole che fanno da incipit all’ultima lettera che Michele Mone, soldato originario di Piana di Caiazzo (oggi Piana di Monte Verna) riesce a spedire alla sua famiglia, datata il 13 agosto 1943, prima che le sue tracce si perdessero completamente in maniera ufficiale il 6 giugno del ’43 e che il giovane venisse dichiarato disperso. Michele Mone nasce il 20 febbraio 1921 ed è in forza, durante il secondo conflitto, presso la prima Batteria Divisione “Brennero” effettivo al 47° gruppo artiglieria contraerea da campo 75/46.
Quello occorso a Michele è un destino comune a tanti altri giovani partiti per difendere la patria in guerra e mai più tornati, lontani dagli affetti più cari e messi severamente alla prova dalla paura che ogni giorno potesse essere quello fatale… Tuttavia, il sacrificio di Michele non è stato mai archiviato, ma anzi ancora oggi è la ragione che spinge il Luogotenente Cavaliere Giuseppe Monaco, suo pronipote, a portare avanti la sua ricerca per il ritrovamento del corpo di Michele – probabilmente disperso nel mare della Grecia – o anche solo per rintracciare un piccolo segnale che possa restituire il degno epilogo a questa vicenda. Giuseppe persevera nella sua missione grazie all’iniziativa del Gruppo “Linea Volturno 1943”, creato da alcuni amici di Piana di Monte Verna, cultori di storia, appassionati ricercatori di memorie e frammenti ormai conosciuti sui social attraverso la pagina Facebook. (Approfondisci qui)
Partito per il fronte greco-albanese, il giovane Michele non può fare a meno di pensare alla sua famiglia, a mamma, papà, i fratelli, dai quali si trova così lontano, ma altrettanto vicino con il cuore, con i ricordi e attraverso le parole affidate alla scrittura cerca di percepire il calore della sua casa che mai più rivedrà. “Vi faccio presente che il giorno 6 corrente abbiamo fatto una giornata insieme con il paesano Clemente e lui sta abbastanza bene in salute e abbiamo fatto una chiacchierata insieme e siamo rimasti molto soddisfatto della nostra visita. Caro papà vi ringrazio per i pacchi che mi volete mandare anzi caro papà, io vi ringrazio molto che voi avete tutto questo cuore verso di me e anche io lo stesso, però per adesso ho tutto e non ne ho bisogno visto che alcune cose me le danno gli altri, ma per adesso mi occorre niente.”
In una terra sconosciuta, dove il tempo sembra quasi non passare mai e stretto nella morsa dell’ignoto, a Michele non rimane che appellarsi a Dio: “E poi caro papà dovete sapere che dove sono io c’è pure la malaria e vi dico che per Grazia di Dio dove stiamo noi non c’è la malaria e stiamo molto bene. Poi caro papà al riguardo della licenza che voi avete detto al Maggiore Sergi, io vi dico che non è possibile e che noi non sappiamo qual è il nostro destino e che qui non possiamo stare…. ma noi caro papà riguardo a questo con l’aiuto di Dio tutto passerà e arriverà quel bel giorno che ci abbracceremo.
Nonostante la tristezza per non poter trascorrere la Pasqua insieme ai suoi, Michele scrive: “Io vi auguro di fare la Santa Pasqua contento e felice come se io fossi alla vostra presenza e di non avere nessun pensiero e state tranquillo che io forse la Santa Pasqua la faccio con il paesano Clemente.” Non manca un pensiero per suo cugino “che si è rotto le gambe e spero che presto guarisce meglio di prima, e poi mi fate sapere voi qualcosa di buono.” Il profondo amore che lega Michele alla sua famiglia non viene scalfito dal terrore che la guerra porta con sé; si tratta di un sentimento solido e inarrendevole, che ha un pensiero per tutti, fino all’ultima lettera: “Io non mi prolungo e vengo con i saluti a mio fratello e sorella e baciami Maria e Giovanni e salutami gli zii che domandano di me. Vi torno a salutare e vi bacio e vi dico sono vostro figlio Michele attendo una pronta risposta e buone notizie.”