di Padre Gianpiero Tavolaro
Comunità Monastica di Ruviano (Clicca)
XXVI domenica del Tempo ordinario – Anno B
Nm 11,25-29; Sal 18; Gc 5,1-6; Mc 9,38-43.45;47-48
L’evangelo di Marco non si stanca di evidenziare l’incapacità dei Dodici di comprendere la via paradossale di Gesù: una via che conduce a una assoluta libertà di amare, passando attraverso l’umiliazione del farsi schiavo. E così, alla disputa che anima i discepoli su chi debba considerarsi tra essi più grande, l’evangelista fa seguire un altro episodio dal quale emerge la “cecità” dei discepoli a motivo del loro attaccamento al potere. Questa volta è Giovanni a farsi portavoce di una gelosia di potere non più personale, ma comunitaria: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demoni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva».
Giovanni, dando voce al gruppo dei Dodici, accusa questo esorcista di essere “abusivo”, perché fuori dalla cerchia canonica di Gesù. Eppure, Gesù è netto nel rifiuto di una tale posizione: «Non glielo impedite». Gesù contesta la posizione dei discepoli, individuando il vero problema nel “nome di Gesù” e, dunque, nel rapporto che si ha con lui: «Chi non è contro di noi è per noi». Questa affermazione di Gesù sembra contrastare con l’affermazione di segno opposto, che si trova nell’evangelo di Matteo: «Chi non è con me è contro di me!» (cf. Mt 12,30). La contraddizione, in realtà, è solo apparente: i due detti, infatti, vanno collocati in due situazioni molto diverse.
Matteo si rivolge a una comunità che vive di rimandi e che appare tentata di non prendere posizione per Colui che pure chiama “Signore” (cf. Mt 7,21: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli»). Marco, dal canto suo, si rivolge a una Chiesa tentata di integralismo e, dunque, tentata di credersi in possesso di Dio. A una Chiesa che può cadere in simili trappole, l’evangelo rivolge una parola chiara che le chiede di guardare alla propria identità… quella che Gesù le ha dato: portare il Regno di Dio nella sequela di un Messia umiliato e crocefisso; un’identità che non può essere mai “contro”, ma sempre al servizio dell’altro, del diverso, del lontano.
Gesù invita qui a guardare dentro e non fuori per stigmatizzare gli esterni: il problema è che quelli “di dentro” un giorno potrebbero rinnegare e tradire; il problema è per quelli di dentro che se ne vanno e non per quelli di fuori, i quali, addirittura, possono usare il nome di Gesù per compiere opere di liberazione. Non a caso Marco fa seguire a questo episodio una serie di detti di Gesù raggruppati intorno al tema dello scandalo! La comunità dei credenti deve guardarsi dallo scandalo: invece di essere chiusa in sé stessa e nelle sue pretese, essa è invitata a verificarsi se non sia motivo o causa di inciampo per i piccoli e per sé stessa. Il discepolo non deve essere di impedimento agli esterni, ma deve preoccuparsi di custodire l’evangelo che gli è stato consegnato: deve prestare attenzione a togliere ciò che è inciampo nella sua vita: la mano, l’occhio e il piede da tagliare significano, rispettivamente le azioni, i desideri e le direzioni (cioè le scelte) che impediscono l’accesso al Regno, portando lontano da Cristo e dalla obbedienza a Lui, nel cui nome ogni ginocchio dovrebbe piegarsi (cf. Fil 2,10).
Il discorso di Gesù è duro per quelli di dentro: lo scandalo dal quale guardarsi è la vita cattiva dei discepoli di Gesù, ossia la vita non conforme all’evangelo di chi, chiamato a essere custode dell’evangelo, diventa invece, a motivo della propria incoerenza, inciampo verso il Regno per tanti e, soprattutto, per i fragili, per i semplici, per i poveri. La comunità dei discepoli, però, deve guardarsi anche dall’essere inciampo a sé stessa e ciò avviene quando non compie i tagli necessari a che sia visibile il suo volto di comunità del Crocefisso: una Chiesa che voglia sommare mondanità ed evangelo è una Chiesa che inciampa in sé stessa e che non giunge alla meta del Regno, perché non guida al Regno.
Gesù è netto: invece di calcolare chi è fuori e chi è dentro, chi può profetare e chi no, invece di escludere gli altri trincerandosi dietro a pretesi “possessi” di Dio, i discepoli devono stare attenti ad accogliere lo scandalo salutare della Croce! Cristo chiede dunque alla sua Chiesa di vigliare e di verificarsi, per sottrarsi alla Geènna del non-senso: la morte di chi non sa lasciarsi potare per la vita. Solo una comunità capace di restare nella sequela di Gesù non solo non sarà di scandalo, ma diverrà essa stessa via di salvezza. È paradossale, ma non si è di scandalo solo quando si accetta e si assume con coraggio lo scandalo della Croce!