Daniele Rocchi – Sarebbero tra gli 80mila e i 105mila i siriani e i libanesi in fuga dal Libano sotto attacco israeliano. “Si tratta di una stima fornita dalle Istituzioni siriane. La situazione è complicata – conferma al Sir Davide Chiarot, operatore di Caritas Italiana in Siria – ed è molto difficile avere un quadro chiaro di quanto sta avvenendo”. Numeri in crescita rispetto alle cifre fornite solo pochi giorni fa dall’Alto commissario dell’Onu per i rifugiati, Filippo Grandi che, via social, parlava di “50mila tra cittadini libanesi e siriani che vivono in Libano entrati in Siria per fuggire agli attacchi aerei israeliani” e di “operazioni di soccorso, anche da parte dell’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, per aiutare tutti coloro che ne hanno bisogno, in coordinamento con entrambi i governi” libanese e siriano.
Durante la guerra in Siria, cominciata nel 2011, oltre 1,5 milioni di siriani, secondo le autorità libanesi, avevano trovato rifugio nel Paese dei Cedri. Adesso, con l’attacco di Israele contro Hezbollah, il flusso si è invertito e sono i libanesi a fuggire in Siria, ancora instabile e nelle mani del presidente Bashar al-Assad. L’Unhcr ha dichiarato che la Siria “sta consentendo ai cittadini libanesi di entrare per un periodo di tempo non specificato, a condizione di esibire un documento di identità”.
Valichi monitorati Difficoltà maggiori si registrano per i siriani, poiché, spiega Chiarot, “molti di loro erano fuggiti dal Paese in quanto oppositori politici di Bashar al-Assad. Per costoro rientrare potrebbe essere pericoloso. Meno problemi invece sussistono per chi ha parenti e familiari e quindi una destinazione di accoglienza. Sappiamo anche che in alcune zone del nord della Siria, fuori dal controllo del governo, si stanno organizzando per l’accesso in sicurezza degli sfollati.
Per quanto ci riguarda, – aggiunge l’operatore – da Caritas Siria stiamo aspettando notizie dai valichi che stanno monitorando vicino a Damasco per vedere quali potrebbero essere i bisogni e le eventuali risposte umanitarie da dare agli sfollati in arrivo.
In questo momento la Mezzaluna Rossa e il Governo siriano si stanno organizzando in autonomia. Inoltre – afferma Chiarot – è scoppiata una forte polemica perché normalmente i siriani per rientrare in Siria dall’estero hanno l’obbligo di cambiare 100 $ alla frontiera col cambio ufficiale. Ma data l’emergenza, tanti non hanno questa disponibilità economica e sono rimasti bloccati al confine. Per i libanesi il problema non esiste perché hanno maggiori disponibilità economiche, nonostante la crisi finanziaria nel loro Paese. Domenica scorsa il governo ha sospeso quest’obbligo per una settimana”.
Sfollati ammassati nei terminal bus La situazione adesso, spiega Chiarot, “vede i terminal dei bus di Homs, dove noi di Caritas abbiamo base operativa, pieni di sfollati, in larga parte famiglie con bambini, accampati in attesa di trovare un passaggio per raggiungere amici e parenti. Si tratta di persone che non possono permettersi un taxi o auto private”. A questo riguardo Caritas Italiana, di concerto con Caritas Siria, sta valutando la possibilità di assistere gli sfollati in queste stazioni bus distribuendo generi di prima necessità, coperte e indumenti invernali. Ad accrescere le difficoltà di spostamento sono i rifornimenti di gasolio e benzina, normalmente già contingentati, e che prima arrivavano dal Libano di contrabbando. “Ora – spiega l’operatore di Caritas Italiana – a causa delle tensioni nel Paese dei Cedri questo flusso è molto diminuito con gravi conseguenze sulla mobilità. Senza rifornimenti non ci sono mezzi per spostarsi. Un altro problema che potrebbe presto presentarsi è l’aumento dei prezzi di affitto per gli sfollati che giungono in Siria”. Nota interessante, sottolinea Chiarot, è “la decisione del Ministero dell’Istruzione siriano che ha permesso ai bambini siriani e libanesi sfollati in Siria di frequentare le scuole, almeno nelle classi dell’infanzia”.
Il sostegno di Caritas Italiana In attesa di definire l’aiuto da dare a Caritas Siria per questa nuova emergenza, Caritas Italiana continua a portare avanti i suoi progetti di supporto progettuale, di accompagnamento e di formazione. Diversi gli ambiti principali di intervento, ricorda Chiarot. In primis “quello sanitario. Finanziamo e seguiamo progetti di supporto economico per offrire cure mediche e accesso ai servizi medici ai più vulnerabili. C’è poi la ricostruzione post terremoto che ha colpito la Siria nel febbraio del 2023. Dopo una fase di emergenza e di primo soccorso, adesso nelle aree di Aleppo e Latakia, le più colpite, si stanno ridisegnando alcuni progetti di formazione professionale volti ad avviare piccole attività generatrici di reddito”. Un altro ambito particolarmente a cuore alla Caritas Italiana è quello della pace e della riconciliazione avendo come priorità i giovani. “Da qualche anno – spiega Chiarot – abbiamo aperto a Damasco un centro di incontro per giovani cristiani e musulmani. Stiamo studiando con Caritas Siria la possibilità di estendere questa esperienza anche ad altre città. Siamo impegnati anche in percorsi di formazione, con lo staff Caritas, legati alla mediazione dei conflitti, alla pace e alla riconciliazione”. L’azione di Caritas Italiana in Siria guarda anche al sostegno delle realtà pastorali cristiane locali. “Nasce da qui il supporto a Caritas Siria perché valorizzi, dove già ci sono, le buone pratiche di altri. Caritas Siria – per Chiarot – può mettere a disposizione i suoi canali non solo per la ricerca di finanziamenti, ma anche per dare supporto nella stesura dei progetti. Questo avvicina la Caritas alle comunità locali e favorisce l’animazione della carità”.