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Commento al Vangelo domenica 6 ottobre. L’uomo non divida quello che Dio ha congiunto

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di Padre Gianpiero Tavolaro
Comunità Monastica di Ruviano (Clicca)

XXVII domenica del Tempo ordinario – Anno B
Gen 2, 18-24; Sal 127; Eb 2, 9-11; Mc 10, 2-16

Seguire Gesù significa farlo nelle vie di ogni giorno, all’interno di quelle dimensioni che caratterizzano l’uomo e la sua esistenza storica: Gesù, infatti, va seguito nel rapporto con l’altro, nel rapporto con le cose, nel rapporto con sé e con il proprio potere. In fondo, la sequela di Gesù è autentica solo quando è in grado di orientare “secondo Dio” quella triplice libido (amandi, possidendi e dominandi), che, secondo la psicoanalisi, è la grande spinta (o l’insieme di spinte) che abita l’uomo e può, a seconda della direzione nella quale viene incanalata, costruirlo o de-costruirlo: per l’evangelo, l’amore, il possesso e il potere vanno indirizzati verso l’edificazione dell’uomo nella sua pienezza e questo significa che essi devono essere sempre con e per l’altro, e mai senza o contro di lui.

François Lemoyne (1688-1737): Adamo ed Eva (1730 ca. Collezione privata)

Gesù libera così l’uomo dalla schiavitù del proprio “io”, non consentendogli di esprimere queste libidines in maniera egocentrica e assoluta, ma rendendo possibili una grande fedeltà nell’amore, una grande libertà dalle cose, una nuova capacità di servire e non di servirsi degli altri dominandoli. I vv. 2-16 del capitolo 10 dell’Evangelo di Marco fissano l’attenzione sulla prima di queste dominanti: quella dell’amore (i vv. 17-31 sono, invece, dedicati alla libido possidendi e i vv. 32-44 alla libido dominandi). La domanda che viene posta a Gesù da alcuni farisei è capziosa e Marco lo dichiara semplicemente: «Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie».

Tuttavia, Gesù non si lascia trascinare nel ginepraio delle polemiche, molto vive a quel tempo tra scuole rabbiniche, circa i limiti e i casi di divorzio: Gesù non intende muoversi su di un terreno “pericoloso”, che al Battista era costato addirittura la perdita della propria vita. Gesù riporta la questione a un livello “altro”, che è quello del cuore… il cuore della Legge e il cuore dell’uomo. La Legge, infatti, rendeva possibile il divorzio a motivo della sklerocardía, e cioè di un cuore duro e impenetrabile alle esigenze d’amore del progetto di Dio. Un cuore di questo tipo non è in grado di cogliere il cuore della Legge, ossia il senso dell’in-principio, in cui, come Gesù stesso dichiara, non fu così. Gesù comanda con chiarezza che «l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».

L’amore dei due è indissolubile perché narra l’alleanza tra Dio e il suo popolo: spezzare il matrimonio è smentire Dio, è rompere l’alleanza di cui Egli è l’artefice e il garante. Dio è fedele e nel matrimonio il credente è chiamato a mostrare la gloria di una tale fedeltà. Gesù cita in tal senso il testo del Libro della Genesi: «… l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola». Per Gesù il matrimonio tende a fare dei due una cosa sola e questo per volontà di Dio: Dio crea nei due un’unità che non può più essere spezzata, perché a quell’unità Egli affida la profezia della sua fedeltà e del suo amore. La sequela è, dunque, per il vangelo, questione di fedeltà, di perseveranza, di costanza.

Nel matrimonio questa fedeltà è chiamata a custodire quell’unità indissolubile che Dio ha voluto per i due e, ove venisse rotta, infangata, alienata, può essere “ricostruita” dalla fedeltà di Dio e dalla sua grazia, senza che a essa l’uomo si sottragga. È questo il messaggio “duro” di Gesù, tanto che i discepoli arrivano a dire, nella redazione di Matteo, che «se questa è la situazione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi» (Mt 19,10). Accogliere le esigenze radicali del Regno è difficile, ma non impossibile: per riuscire, Gesù invita ad accogliere il Regno come un bambino… in un ascolto obbediente e semplice… in un ascolto che si fida.

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