Un convegno che inizia con un auspicio perché, chi conosce, vive l’urgenza di realizzare progetti non più rinviabili e cioè la realizzazione nel Matese del Centro Ricerche e Documentazione per il Carsismo, la Speleologia e le Scienze della Terra intitolato a Giovanni Badino, fisico speleologo, esploratore italiano.
A fare appello a questa iniziativa su cui si gioca il futuro delle acque territoriali che in più riforniscono l’acquedotto campano è stato Salvatore Capasso in occasione del recente convegno “Dal Messico al Matese. Riflessione sulla gestione dei territori carsici” presso l’auditorium comunale di Piedimonte Matese. Il suo intervento, insieme a quello del divulgatore scientifico Tullio Bernabei, del naturalista e fotografo Natalino Russo, del capitano Juan Antonio Vargas Reyes direttore della Scuola Nazionale di Protezione Civile del Messico, ha inquadrato la natura dei monti del Matese, la morfologia carsica che li distingue e la grande risorsa che conserva nelle sue gole carsiche: l’acqua.
Originario di Alife, Capasso, frequenta i monti del Matese da oltre trentacinque anni; è speleologo, camminatore, cicloviaggiatore, cultore di economia dei territori, di storia e scienze sociali. Conosciuto sul territorio soprattutto per l’attività che ha svolto fino a poco tempo fa come banchiere, alla guida di una banca di famiglia per oltre quarant’anni.
Che acqua beviamo? L’acqua del suolo quanto inquina le falde? Fino a quando ne avremo? Dove si raccoglie la maggior portata d’acqua di tutto il Matese? Quali danni provocano alle falde gli allevamenti intensivi intorno al Lago Matese? Come conservare la preziosa risorsa “acqua”? Come costruire e come tagliare alberi sul Matese? Sono alcune delle domande a cui risponde nel suo intervento che alleghiamo integralmente (clicca qui). “La protezione dell’acqua è una missione prioritaria per tutti i governi del mondo”, spiega Capasso, tornando più volte sulle responsabilità di chi amministra il bene comune, sollecitando l’attenzione sull’“acquifero carsico” matesino che “nel pieno della crisi climatica, rappresenta una risorsa da proteggere e preservare per la nostra stessa esistenza e per il futuro delle nuove generazioni”. Pochi amministratori in sala; ancora troppo poco (o nessuno) impegno per tutelare il patrimonio d’acqua che abbiamo ricevuto in dono.
di Salvatore Capasso – Grazie a tutti per essere qui. Un ringraziamento particolare al sindaco di Piedimonte Matese, Vittorio Civitillo, la cui visione ha reso possibile questo evento.
Mi chiamo Salvatore Capasso e sono originario di Alife. Frequento i monti del Matese da oltre trentacinque anni. Sono speleologo, camminatore, cicloviaggiatore, cultore di economia dei territori, di storia e scienze social. Ex banchiere, ho guidato per oltre quarant’anni una banca di famiglia.
Natalino Russo vi ha illustrato il Matese dal punto di vista naturalistico evidenziando anche le notevoli criticità di un territorio particolarmente vulnerabile,
Il mio intervento tratterà invece della salvaguardia di una acquifero carsico e delle responsabilità che abbiamo verso di esso. Responsabilità che scaturiscono dalla consapevolezza e dunque dalla conoscenza delle dinamiche che muovono le acque sotterranee nel lungo tragitto dalle montagne sino alle sorgenti.
Concluderò l’intervento con l’auspicio – e qui mi rivolgo agli amministratori di questi territori – che venga realizzato al più presto il “CENTRO RICERCHE E DOCUMENTAZIONE PER IL CARSISMO, LA SPELEOLOGIA E LE SCIENZE DELLA TERRA – Giovanni Badino”.
Ogni volta che apriamo un rubinetto, dovremmo essere ben consapevoli della fortuna che abbiamo tra le mani. Senza acqua non si vive e con l’acqua “cattiva” si vive male e si muore presto. In Italia il 40% delle acque potabili è fornito da sorgenti carsiche: una risorsa enorme, ma non infinita, di liquido di buona qualità, purché ne sia scongiurato l’inquinamento.
Più di un quarto dei territori montani e collinari italiani è formato da terreni carsificabili, dove l’acqua, nel corrodere le rocce, scava profonde vie sotterranee. Quando queste assumono dimensioni tali da consentire l’accesso agli speleologi le chiamiamo grotte. Le rocce carsificabili funzionano come delle enormi spugne che assorbono ed immagazzinano le acque meteoriche e del disgelo, restituendole a valle in punti ben precisi che chiamiamo sorgenti. Hanno la caratteristica di di possedere elevate capacità di flusso e scarsissima capacità di autodepurazione.
Questo è cio che accade al nostro Matese: le piogge e le acque provenienti dal disgelo primaverile ingrossano fossi e valloncelli che si infiltrano nelle fratture delle rocce, incontrano livelli permeabili, vengono alla luce e alimentano il lago del Matese. Altri rivoli viaggiano indisturbati nelle profondità del massiccio, formano fiumi sotterranei che alimentano le falde acquifere basali. Qui l’acqua termina il suo viaggio sotterraneo ed emerge formando le sorgenti: il Torano, il Maretto, il Biferno.
Questa è l’acqua che beviamo e forse berremo: se sapremo proteggerla. Se ne sprechiamo troppa, soprattutto in assenza di precipitazioni e di accumuli nevosi, le sorgenti si esauriranno. Se sporchiamo la spugna con gli inquinanti, l’acqua che le sorgenti restituiranno saranno inquinate e imbevibili, per lunghissimo tempo.
L’inquinamento sotterraneo è un problema grave e spesso sottovalutato, perché invisibile. Si è soliti gettare nei pozzi carsici carcasse di animali, macerie, scarti biologici,rifiuti ingombranti, come moto, frigoriferi e medicinali scaduti. Uno studio della Società Speleologica Italiana ha individuato oltre 400 grotte in cui è segnalata la presenza di rifiuti che compromettono seriamente la qualità delle acque.
Anche sul Matese è presente questo fenomeno, soprattutto nei comuni di Pietraroja e Cusano Mutri. Due pozzi si contendono il primato: il Trabucco di Pietraroja e il Pozzo Moriaturo. E non solo. L’inquinamento proviene anche dalle attività agricole e dagli allevamenti. Una eccessiva concentrazione di deiezioni zootecniche, per esempio, come quelle presenti intorno al lago del Matese, può compromettere la qualità delle acque e inquinare irrimediabilmente la sorgente del Torano. L’acqua della sorgente del Maretto, che sgorga ai piedi del monte Cila e confluisce in parte nelle condotte dell’acquedotto del Torano e in parte viene convogliata verso Alife e Baia e Latina, in caso di forti piogge non è più potabile e ne viene sospesa l’erogazione, per la presenza nell’agro di Castello del Matese di due inghiottoi. Le prove di tracciamento con la fluoresceina, effettuate dalla Cassa del Mezzogiorno, ne hanno accertato il collegamento.
La protezione dell’acqua è una missione prioritaria e imprescindibile per tutti i governi del mondo. La protezione è efficace se figlia della conoscenza. Dunque diventa cruciale che gli amministratori di un territorio carsico, sia a livello comunale, provinciale, regionale e nazionale, e con essi i cittadini che vivono e interagiscono con siffatti tipi di ambienti, siano consapevoli della loro vulnerabilità e si comportino di conseguenza.
L’Unione Internazionale di Speleologia nel 2022 ha pubblicato l’elenco delle 76 raccomandazioni per la protezione delle grotte e del carsismo. Elencherò quelle che sono più pertinenti per la gestione del territorio da parte dei pubblici amministratori, e invito il Parco del Matese e il suo presidente, dr. Agostino Navarra, a considerare i principi elencati per adottare buone pratiche conservative nell’area del massiccio del Matese ed estenderle a tutti i sindaci dei comuni interessati.
Una pianificazione efficace delle regioni carsiche richiede la piena comprensione di tutti i loro valori economici, scientifici e umani, nell’ambito del contesto culturale e politico locale. I gestori dovrebbero conoscere che, nei bacini carsici, le azioni eseguite in superficie hanno impatto diretti e indiretti nel sottosuolo e anche più a valle. Una buona comprensione delle caratteristiche delle grotte e dell’unicita’ del loro valore è essenziale per una gestione migliorativa di qualunque area carsica.
Alcune zone all’interno di un’area carsica possono essere fortemente sensibili alla contaminazione delle acque sotterranee, mentre altre zone possono essere meno vulnerabili. È quindi necessaria una pianificazione generale dell’uso del suolo per proteggere le risorse idriche sotterranee.
L’attività agricola ha il potenziale di causare impatti avversi significativi sui geo-sistemi carsici. Le terre da pascolo dovrebbero essere gestite per mantenere la copertura vegetale, con particolare attenzione alla numerosità degli animali. Poiché le doline costituiscono punti di ricarica dovrebbero essere lasciate nel loro stato naturale e mai colmate di rifiuti.
Ovunque possibile, sarebbe opportuno lasciare delle zone cuscinetto intorno alle aree di ricarica, come alvei di torrenti che si infiltrano nel sottosuolo, doline o altre aperture naturali. Nei terreni agricoli delle zone cuscinetto non dovrebbe essere permessa alcuna azione di aratura.
Per quanto riguarda la quantità delle acque, dovrebbero essere controllate le aliquote di prelievo di acque sotterranee per scopi irrigui. Per quanto riguarda la qualità delle acque, dovrebbe essere scoraggiato l’uso di pesticidi. L’uso di fertilizzanti dovrebbe essere limitato e, ove possibile, andrebbero utilizzati i fertilizzanti naturali.
Prima di qualunque attività di taglio forestale dovrebbe essere valutata la sensibilità e/o vulnerabilità dell’area carsica. Le foreste naturali che si sviluppano su terreni carsici vanno protette dal taglio. Qualsiasi proposta di apertura di una nuova miniera in area carsica dovrebbe essere soggetta a una dettagliata valutazione ambientale che consideri i potenziali impatti sulle acque superficiali e sotterranee.
Tutti gli studi di fattibilità per progetti di costruzione in aree carsiche dovrebbero includere una valutazione ambientale del luogo prescelto, e il dimensionamento di una zona cuscinetto. In aree protette, le infrastrutture dovrebbero essere mantenute al minimo e realizzate lontano dalle grotte e dai punti di assorbimento. Per costruire in aree carsiche, dovrebbero essere predisposti dei regolamenti analoghi a quelli esistenti per aree soggette a rischio sismico o idrogeologico.
Materiali pericolosi come benzina o altri carburanti, solventi e altri rifiuti pericolosi non dovrebbero mai essere smaltiti nel sottosuolo.
Iniziative di educazione dovrebbero promuovere la consapevolezza dei proprietari e dei cittadini in relazione alla specificità degli ambienti carsici, al fine di evitare scarichi impropri di rifiuti solidi e liquidi.
Un robusto sistema di monitoraggio dovrebbe essere implementato nelle aree carsiche. Il monitoraggio dei pozzi, delle doline, delle sorgenti è uno strumento essenziale per la gestione e la salvaguardia delle grotte e degli acquiferi carsici.
Tutte le aree protette dove sono presenti grotte e fenomeni carsici dovrebbero sviluppare politiche per la gestione della ricerca.
Il paesaggio carsico del Matese, come quello di altre aree dell’Appennino, è il risultato dell’interazione tra l’uomo e l’ambiente; è la forma che l’uomo, nei millenni, ha impresso all’ambiente naturale con le sue attività produttive. L’utilizzo di un territorio da parte dell’uomo deve necessariamente tenere presente la corretta conservazione delle risorse naturali affinché lo sviluppo di un territorio possa progredire in equilibrio con il prelievo delle sue risorse, e non solo per ragioni prettamente etiche. Un acquifero carsico, oggi nel pieno della crisi climatica, rappresenta una risorsa da proteggere e preservare per la nostra stessa esistenza e per il futuro delle nuove generazioni.
Il mio intervento termina qua. Ringrazio i presenti per l’ascolto e rivolgo ancora una volta l’invito al sindaco di Piedimonte Matese di perseguire con costanza la realizzazione del Centro per lo studio del carsismo, anello portante e fondamentale per la salvaguardia del nostro Matese, dell’ acqua che beviamo e di quella che berremo.
Complimenti per questa importante iniziativa sulla Risorsa Acqua. Manca una Cultura educativa della Montagna .Condivido la relazione di Capasso.peccato mi è sfuggito questo incontro.