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Tutto chiede salvezza. Gustare insieme l’avventura della vita, i giovani con gli adulti (in ascolto)

Alla sua seconda stagione, la serie Netflix torna a proporre contenuti forti: la sensibilità eccessiva di alcuni, soprattutto i giovani, ferita e incompresa da una società sorda e indifferente. Chiedono salvezza i protagonisti, chiedono la legittima felicità. Il regista Francesco Bruni rinnova la storia andata in rete nel 2022 e non delude

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Emilio Salvatore – Sì, lo confesso! Anche se preferisco, quando posso, di sera o ad orario di pranzo, seguire le serie storiche, quelle in costume, che mi ricordano gli sceneggiati televisivi tratti dai grandi classici che andavano alla Tv di Stato ai tempi della mia adolescenza, qualche volta mi soffermo sulle serie tv che parlano di giovani.

Certo, non le reggo tutte, per tanti comprensibili motivi… Una in particolare però articolare mi ha colpito: Tutto chiede salvezza del regista Francesco Bruni ormai alla seconda stagione su Netflix dal 26 settembre per un totale di cinque episodi; straordinario l’attore protagonista Federico Cesari, attorniato da attori giovani e meno giovani di grande bravura: completamente nuovo il ruolo di una sorprendente Drusilla Foer, questa volta nei panni di una cattivissima Matilde; gli altri sono Ricky Menphis, Michele La Ginestra, Carolina Crescentini. La serie nella sua prima stagione uscita ad ottobre 2022 è tratta dal romanzo parzialmente autobiografico di Daniele Mencarelli edito da Mondadori nel 2020 e vincitore del Premio Strega Giovani 2020.

Daniele si risveglia in uno stanzone d’ospedale, con sei letti, senza sapere la ragione per cui è lì. In realtà è stato predisposto un TSO (trattamento sanitario obbligatorio), dopo che è stato colto da una crisi di rabbia molto violenta. Dovrà trascorrere sette giorni in osservazione, parlare con gli psichiatri, cercare di spiegare perché il mondo gli fa così male. Il bello della storia è che In realtà Daniele è un ragazzo come tanti, dotato però di una sensibilità estrema. Possiamo dire che è il prototipo dei giovani di oggi con le sue esperienze di alti e bassi. Il punto è che nessuno si accorge di quello che prova, di quello che vive. Ritrovatosi in mezzo a personalità con problemi molto più grandi dei suoi (Madonnina l’incendiario; Alessandro il catatonico; Mario il maestro depresso; Gianluca alla ricerca di una nuova identità sessuale; Giorgio, bestione tenero e violento che non ha saputo superare il trauma della morte della mamma), pervasi da tensioni di vita e di morte, da follie e saggezze meravigliose, egli si scopre come loro incapace di non soffrire e di non amare a dismisura. Di fatto, però, una settimana di inferno si trasforma paradossalmente in un percorso di redenzione. In questo senso il titolo dice bene la profonda attesa di salvezza, nel suo senso biblico antico, concreto, non disgiunto dalla carne e dalle miserie umane. La serie, anche nella seconda stagione su cui non mi soffermo, mette in scena innanzitutto la ricerca rabbiosa, disperata, ma anche ingenua, capace di sorprendersi, di un ragazzo che vuole trovare un senso alla sua vita.

Ho segnalato questo libro e questa serie, perché non offrono solo una narrazione del mondo giovanile nel suo vuoto esistenziale, per via della mancanza di motivazioni e di risorse affettive che provengano dagli adulti, spesso incapaci di ascolto (soprattutto in famiglia), colto nel rischio di castrare la propria voce, di ridursi al silenzio e di morire di entropia o addirittura di togliersi la vita. In altre parole non ci si ferma alla ennesima analisi (cosa che dà fastidio ai giovani e a volte anche a quelli che seriamente nella chiesa e nella società lavora con loro), quanto si offre anche in qualche modo la soluzione al problema che sta nella condivisione, nella esperienza del dolore con cui impattare e per mezzo del quale imparare a vivere, il mestiere più difficile, al di là di ogni competenza e ogni velleità di successo, sbandierati dalla società consumistica e altamente competitiva in cui siamo immersi. La soluzione al problema sta, dunque, non nel cercare facili soluzioni, ma nel trovare insieme in una società tutto sommato tanatofila, ossia facile dispensatrice di morte, in ogni sua espressione (la guerra, la violenza, i conflitti, le divisioni, la ricerca dei capri espiatori), l’amore alla vita come dono ricevuto e da ridonare agli altri. Di fronte a tante situazioni anche dolorose che portano i giovani sull’orlo dell’abisso, siamo chiamati a non meravigliarci, né a piatire, ma a ritrovare tempi, modi e forme dell’avventura comune dello stare insieme, del dialogo, dell’abbraccio e della gioia. Del resto è questo lo stile di Gesù di Nazaret nell’incontro col ricco del vangelo, presentato come giovane da Matteo, che chiede salvezza: «fissato lo sguardo su di lui, lo amò» (Mc 10,21).

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