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Il Matese, più lo conosci più lo rispetti. Ottimo il lavoro delle Associazioni: una passeggiata micologica tra scienza e diletto

Presenti famiglie, adulti, giovani provenienti dalla valle pedemontana, ma anche da Abruzzo, Molise, e area partenopea

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Un Matese vissuto, raccontato, tutelato per l’impegno delle associazioni. L’ultimo evento è quello di domenica 13 ottobre con l’iniziativa di Matese Discovery, Matese Nostrum e Tartufai del Matese: una giornata dedicata alla micologia per conoscere (ma solo in parte) la quantità e la qualità di funghi presenti in alcune zone dell’appennino centro meridionale. In questo caso l’esperienza è stata nel territorio di San Gregorio Matese tra Campo Braca e località Le Campetelle nei cui boschi circostanti dominano possenti i faggi (Fagus sylvatica).

Appassionati di montagna, famiglie, giovani provenienti dai comuni della zona, ma anche dal vicino Molise, dall’Abbruzzo, dall’area metropolitana di Napoli hanno sono stati guidati da micologi esperti tra cui Marcello Boragine (a cui si devono importanti scoperte e attribuzioni nel campo) nella raccolta, nella conoscenza e nella selezione dei funghi. Presente anche il nucleo dei Carabinieri Forestali della caserma di San Gregorio Matese nella persona del Maresciallo Giulia Ricciardi.

La mattinata ha avuto inizio con un vero e proprio omaggio al Matese e ai suoi abitanti: prima dell’escursione infatti, sotto la supervisione dei medici veterinari del CRAS di Napoli (Centro Recupero animali selvatici) sono stati liberati due gheppi precedentemente feriti e recuperati sui nostri monti e curati presso il Centro partenopeo. Un volo rapido, affamato di vita e di libertà, certamente in tensione per la presenza di umani curiosi, ignari di essere soltanto ospiti in quegli angoli più riservati della montagna.

Il regno dei funghi si è rivelato in tutta la sua ricchezza di famiglie e specie che l’occhio e la conoscenza dei micologi ha mostrato durante l’osservazione e la raccolta: caratteristiche estetiche e scientifiche per dirne la qualità, la pericolosità, la commestibilità. Mazza di tamburo, canocchia ombrellone (Macrolepiota procera); ovolo malefico, fungo di Biancaneve (Amanita muscaria); galletto (Cantherellus pallens); steccherino dorato (Hydnum rufescens); falso chiodino (Hypholoma fasciculare); manelle, manicciolle (Romaria sanguinea); Lycoperdon echinatum; loffa di lupo (Lycoperdon perlatum); colombina maggiore (Russula cyanoxantha); Neoboletus luridiformis ex Boletus erythropus. Sono questi solo alcuni di quelli deposti delicatamente nei cesti di vimini sotto l’attenta supervisione dei Carabinieri Forestali.

Non un’escursione come tante, ma il piacere della camminata all’aria aperta in una calda mattinata d’autunno unito all’esperienza di un nuovo sapere (che non basta per dirsi esperti di funghi) ma che è ulteriore consapevolezza di quanta prudenza sia necessaria a contatto con questa materia.

Il Matese del lago, dei campi carsici, dei boschi, delle grotte si svela grazie ad iniziative come queste curate con da Associazioni o Società (per alcuni è anche esperienza imprenditoriale) che nel totale rispetto dei luoghi e della loro identità offrono occasioni di formazione, conoscenza, divertimento e consapevolezza di ciò che si vede, si tocca, si odora, si calpesta in questi luoghi. Non solo funghi, come in questa circostanza, perché i boschi, le vallate che si aprono alla vista, le rocce che riflettono il sole, sono uno scrigno di biodiversità: il regno dell’aquila reale (Aquila chrysaetos) e del lupo appenninico (Canis lupus italicus); le faggete in particolare che ospitano rare orchidee spontanee come l’Epipogium aphyllum (conosciuta anche come orchidea fantasma) e la Corallorhiza trifida e sono l’habitat di elezione di insetti a rischio di estinzione come la Rosalia alpina. All’ombra dei faggi, lungo i torrenti vive la Salamandra pezzata (Salamandra salamandra, qui presente con la sottospecie gigliolii endemica dell’Italia centro-meridionale).<

Inclusa nella passeggiata anche una degustazione a base di prodotti locali: funghi, formaggi, pane, taralli del Matese.

Non basta un solo giorno, ma è sufficiente quel breve tempo trascorso in quota per stimolare una nuova visione della montagna.

Grazie a Marcello Boragine e Pasquale Buonpane per la collaborazione. 

 

 

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