Nella Messa di canonizzazione di undici martiri di Damasco, di Giuseppe Allamano, Marie-Léonie Paradis ed Elena Guerra, il Papa ricorda lo stile di Dio che è lontano dal potere e dalla fama ma è fatto di servizio, di amore, di vicinanza, compassione e tenerezza.
Benedetta Capelli – Città del Vaticano
È grigio il cielo su San Pietro ma il rosso dei drappi nei quali sono impresse le immagini dei nuovi santi illuminano la piazza. È un’atmosfera che ben riflette il loro cammino di santità fatto del buio della fatica, dello sconforto ma anche della luce della speranza che viene dal Vangelo. Il cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, insieme ai postulatori, presenta al Papa i Beati che saranno canonizzati: don beato Giuseppe Allamano, fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata; suor Elena Guerra, fondatrice della congregazione delle Suore Oblate dello Spirito Santo; suor Marie‑Léonie Paradis, fondatrice delle Piccole Suore della Santa Famiglia e gli undici martiri di Damasco uccisi nel 1860 Manuel Ruiz López e sette Compagni e Francesco, Mooti e Raffaele Massabki, fedeli laici maroniti.
Servi umili e non mondani
“Discepoli del Vangelo” li definisce nell’omelia della Messa Papa Francesco che “nella storia tormentata dell’umanità” sono stati “servi fedeli, uomini e donne che hanno servito nel martirio e nella gioia”. Questi nuovi santi hanno vissuto lo stile di Gesù: il servizio. La fede e l’apostolato che hanno portato avanti non ha alimentato in loro desideri mondani e smanie di potere ma, al contrario, essi si sono fatti servi dei fratelli, creativi nel fare il bene, saldi nelle difficoltà, generosi fino alla fine.
Onore e potere
Francesco commenta il brano del Vangelo nel quale Gesù pone domande scomode a Giacomo e Giovanni che, nel loro cuore, hanno la pretesa di avere il posto d’onore di un Messia vittorioso e glorioso, immaginandolo “secondo una logica di potere”. E tante volte nella Chiesa viene questo pensiero: l’onore, il potere…
Il Dio dell’amore
Gesù “scende in profondità, ascolta e legge il cuore”, mette in luce le loro attese nascoste, li smaschera. Egli non è il Messia che essi pensano; è il Dio dell’amore, che si abbassa per raggiungere chi è in basso; che si fa debole per rialzare i deboli, che opera per la pace e non per la guerra, che è venuto per servire e non per essere servito. Il calice che il Signore berrà è l’offerta della sua vita, donata a noi per amore, fino alla morte e alla morte di croce.
In croce Gesù ha due ladroni “inchiodati con Cristo nel dolore e non seduti nella gloria”. “Vince non chi domina, ma chi serve per amore”, sottolinea il Papa e così Gesù, “che si fa ultimo perché gli uomini vengano rialzati e diventino i primi”, aiuta i discepoli a convertirsi e cambiare mentalità, a pensare non secondo le logiche del mondo ma secondo lo stile di Dio che è servizio. Non dimentichiamo le tre parole che fanno vedere lo stile di Dio per servire: vicinanza, compassione e tenerezza. Dio si fa vicino per servire; si fa compassionevole per servire; si fa tenero per servire. Vicinanza, compassione e tenerezza…
Il cuore rinnovato
“Chi serve con amore – spiega il Papa – non dice: ‘adesso toccherà qualcun altro’”. Il servizio è frutto di un cuore nuovo. Questo è un pensiero da impiegati, non da testimoni. Il servizio nasce dall’amore e l’amore non conosce confini, non fa calcoli, si spende e si dona. Non si limita a produrre per portare risultati, non è una prestazione occasionale, ma è qualcosa che nasce dal cuore, un cuore rinnovato dall’amore e nell’amore.
Fonte vaticannews.va