“Una Chiesa sinodale è una Chiesa permeabile alle voci della realtà”, che sa parlare ancora di Dio in un tempo di “vuoto” e di “desertificazione spirituale”. È il volto di Chiesa designato dal card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, nella sua introduzione alla prima Assemblea sinodale delle Chiese in Italia, in corso a Roma fino al 17 novembre nella basilica di San Paolo fuori le mura alla presenza di oltre mille delegati, tra vescovi, sacerdoti, laici e laici. Tra loro anche Mons. Giacomo Cirulli, vescovo delle Diocesi di Teano-Calvi, di Alife-Caiazzo e di Sessa Aurunca e i delegati Don Gianluca Zanni, Cleonice Morone, Don Armando Visone, Vincenzo Filetti, Mariagrazia Nassa, Don Luciano Marotta, Giuseppina Verrengia, Carmelina Codella. Ad essi aggiunge don Emilio Salvatore, vicario episcopale e delegato all’assemblea per la Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale (sez. San Luigi).
È il terzo anno di un percorso che con il contributo di molti, attraverso iniziative locali e nazionali, prova a riscrivere il volto della Chiesa Italiana: la fase narrativa che ha attivato il dinamismo di ascolto e racconto, dentro e fuori gli ambienti ecclesiali; la fase sapienziale in cui si è data una lettura spirituale di quanto raccolto e l’attuale fase profetica, quella delle scelte. Un percorso complesso, vissuto a velocità diverse ed entusiasmi altalenanti in tutto il Paese; talvolta solo annunciato o avviato senza robusta continuità: è quanto emerge dalla sintesi di questi anni, ma al contempo un percorso atteso e oggi affidato alla laboriosità e al sogno di quelle comunità che hanno camminato tenendo per mano i più lenti perché la meta sta a cuore.
Il Messaggio di Papa Francesco ai partecipanti: l’impegno per il Paese
La spinta a procedere, avvertendo tutti la responsabilità della cura per il Paese che passa attraverso l’azione di cmunità ecclesiali vive viene da Papa Francesco nel messaggio ai partecipanti. “Siamo chiamati a guardare alla società in cui viviamo con uno sguardo di compassione per preparare il futuro, superando atteggiamenti non evangelici, quali la mancanza di speranza, il vittimismo, la paura, le chiusure”. Il Pontefice invita a sviluppare le energie “affinché la Chiesa possa compiere al meglio il suo impegno per il Paese”. Tre le consegne affidate alla Chiesa italiana sulla scorta dell’incontro del maggio scorso: “continuare a camminare, fare Chiesa insieme ed essere una Chiesa aperta”.
L’introduzione ai lavori
“Il Signore ci chiama e ci manda, oggi, in questo mondo difficile e terribilmente sofferente, che impaurisce e sembra cancellare il futuro”, ha detto Zuppi: riferimento alle guerre, agli scenari politici in cambiamento, alle forze occulte, agli assetti del mondo, ai poteri economici: emergenze quanto mai vicine seppur “I combattimenti appaiono lontani dai nostri Paesi”. Un clima che si riflette anche nel nostro Paese per quale è chiesto un impegno rinnovato da parte della Chiesa: “Questo clima si riflette sulla società italiana: la spietata avanzata del numero dei femminicidi, la crescita della violenza tra i giovani, l’inasprirsi del linguaggio sempre più segnato dall’odio, i casi di antisemitismo, che non possiamo tollerare, sono come semi che da sempre il male getta nei cuori e nelle relazioni delle persone e contaminano i cuori e i linguaggi”, così il card. Zuppi. “Chi ha incarichi pubblici – il monito ai politici – porta una responsabilità ancora maggiore perché non deve avere modalità e parole violente e pericolose, dentro una logica di polarizzazione, finendo per cercare solo ciò che divide, pensando così di difendere le proprie convinzioni e considerando addirittura pericoloso amare e difendere ciò che unisce, ovvero la collaborazione indispensabile per affrontare problemi”. Si fa sociale, l’appello del Presidente della CEI invitando “a lavorare per l’unità del Paese” ma sfuggendo la “banalizzazione della vita”. Le “preoccupazioni” che esprime la Chiesa italiana, continua “non sono mai per dividere o alimentare contrapposizioni, ma per fortificare quel bene comune che esiste e che va perseguito e difeso. Tanto più in un tempo di cambiamento, perché vinciamo la paura della vita che paralizza e annebbia il cuore di tanti, per dare la vera sicurezza che è la comunità e l’appartenenza a questa, la voglia di aiutare e amare”. Poi lo sguardo ai passi da compiere dall’interno perché anche l’impegno nella società sia più autentico e riconoscibile: “Una Chiesa più partecipativa e missionaria, libera da autoreferenzialità come pure dalla paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli”.
Tre le azioni indicate che hanno il valore di quel primo passo senza il quale nulla sarà possibile emerso come esigenza comune dalla riflessione di tutta la Chiesa italiana. Ne ha parlato ai delegati Mons. Erio Castellucci, vicepresidente della Cei e presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale: “Conversione comunitaria, conversione personale, conversione strutturale”.