Noemi Riccitelli – Con pennellate istantanee, nei titoli di testa, Ridley Scott mostra alcune sequenze ancora vivide nella memoria degli spettatori, riportando indietro il pubblico di circa 24 anni, quando il suo Gladiatore uscì per la prima volta in sala.
Da allora, la storia di Massimo Decimo Meridio, interpretato da un superbo Russell Crowe, è rimasta cristallizzata negli annali, sia in quelli della fittizia Roma antica immaginata da Scott, sia in quelli della mondana cinematografia contemporanea (vincitore di 5 Premi Oscar, tra cui Miglior film).
Non stupisce, dunque, che l’annuncio di un sequel abbia fatto tremare la maggior parte della critica e del pubblico, per i quali quella narrazione sembrava insuperabile e unica.
Tuttavia, ecco che dal 14 novembre è in sala il tanto atteso quanto discusso Gladiatore II, che nell’ultimo fine settimana si attesta primo al box-office, confermando l’hype intorno al titolo.
Lucio Vero (Paul Mescal), figlio segreto di Lucilla (Connie Nielsen) e Massimo Decimo Meridio, vive nella provincia d’Africa sotto il falso nome di Annone, ripudiando le sue nobili origini da cittadino romano e membro della famiglia imperiale.
A seguito della conquista della provincia da parte del generale Marco Acacio (Pedro Pascal), Lucio/Annone viene fatto prigioniero e comprato come gladiatore dall’infido Macrino (Denzel Washington) che lo porta a Roma, al diretto cospetto dei due imperatori gemelli Geta (Joseph Quinn) e Caracalla (Fred Hechinger).
Un’operazione delicatissima e rischiosa: far rivivere un mito e con esso tutta una simbologia, un’atmosfera, senza scalfirla e comunque, insieme, rinnovarla.
Ridley Scott è riuscito a fondere passato e presente, confezionando una pellicola che ha in sé le propaggini, la tradizione di un importante predecessore e tutta l’affermazione, l’entusiasmo di una nuova linea narrativa che fa da traino anche ad una platea diversa.
Infatti, l’ombra che si aggirava su questo sequel era rappresentato da una storia che poteva risultare poco avvincente, scialba, forse anche non necessaria, ma invece la sceneggiatura firmata da David Scarpa e Peter Craig ha fugato ogni dubbio, delineando un racconto chiaro, senza vuoti narrativi, lineare, che si lascia seguire privo di intoppi.
I 148 minuti del Gladiatore II scorrono fluidi, l’occhio si perde in uno spettacolo epico creato ad hoc da un regista che ha ripreso lo sfarzo dei peplum anni ’50 insieme alla maestosità propria del kolossal hollywoodiano.
Certo, questo puro intrattenimento spesso cede il passo ad inesattezze e banali errori di natura storico-realistica, oltre ad eccessi e ricorsi ad una futile digitalizzazione, ma nel complesso la direzione del film funziona e va avanti, immergendo il pubblico in un’esperienza adrenalinica, tra tensione e passione.
Insomma, Scott sembra declinare quel “panem et circenses” che proprio nella Roma antica trovava affermazione: il benessere del popolo, in questo caso il coinvolgimento degli spettatori, prima di tutto, anche a costo di sacrificare la veridicità della Storia.
Il successo del primo Gladiatore si deve soprattutto alle indimenticabili performance di Russell Crowe e Joaquin Phoenix (nel ruolo dell’imperatore Commodo), e anche nel caso di questo sequel si può affermare che il cuore pulsante della nuova trama sia rappresentato proprio da un cast carismatico e brillante.
Dalla fredde scogliere irlandesi, il giovane Paul Mescal è giunto ad infiammare l’arena con un vigore e un entusiasmo unici, da vero protagonista: il suo Lucio Vero è la naturale evoluzione del pio civis romanus Massimo di Crowe;
Pedro Pascal dona un profilo integerrimo e affascinante al generale Acacio, Joseph Quinn e Fred Hechinger con i lori sguardi e atteggiamenti fanatici e folli sono due perfetti imperatori sull’orlo della crisi;
Connie Nielsen riprende il suo storico ruolo conferendo ancora più dignità e solennità al personaggio di Lucilla.
Infine, la menzione particolare va a Denzel Washington, che di certo non ha bisogno di presentazioni, ma il suo personaggio è sorprendente e si resta ammaliati dal modo in cui si muove, sinuoso e accorto nelle pieghe di un intreccio di cui egli è il principale artefice.
Comune alle due pellicole è la presenza di un protagonista che rappresenta l’integrità, la giustizia, l’eroe che ispira e influenza positivamente gli altri con una naturale grazia e autorevolezza: Massimo e Lucio Vero in tal senso sono speculari.
Tuttavia, nel Gladiatore II a prorompere è anche la politica, la brama di potere, una forza infida che corrompe e lascia marcire quello che c’è intorno: ne sono un esempio i due imperatori, presi solo da sé stessi, e Macrino, che vuole spingersi sempre oltre, fino ad arrivare dove il suo lignaggio non gli ha concesso.
Il film di Ridley Scott, nel complesso, è un’opera di intrattenimento a tutto tondo, che non fa della nostalgia il suo cardine (basti pensare alla colonna sonora, che riprende il famoso tema composto da Hans Zimmer, [qui sostituito da Harry Gregson-William], centellinato nello sviluppo del film, senza mai abusarne) ma segue una sua precipua traiettoria in cui cast, vicenda ed effetti speciali si amalgamano per trasmettersi ad un pubblico eterogeneo, in cerca di pathos.
Pur non riuscendo a raggiungere la cifra stilistico-emozionale del primo film, il Gladiatore II è una visione più che piacevole, in cui si evince tutto lo slancio di un regista da sempre volto allo stupore e l’orgoglio degli interpreti nel rispettare e rendere omaggio ad una storia a suo modo iconica.