di Padre Gianpiero Tavolaro
Comunità Monastica di Ruviano (Clicca)
XXXIV domenica del Tempo Ordinario – Anno B
Solennità di Cristo Re dell’Universo
Dn 7,13-14; Sal 92; Ap 1,5-8; Gv 18,33-37
«Dunque tu sei re?» è la domanda che sorge sulle labbra di Pilato nel dialogo tra lui e Gesù nel Quarto evangelo; ma questa è anche la domanda che ogni uomo si deve fare e deve fare guardando a Colui che, dalla croce, regna – «Gesù Nazareno Re dei Giudei», recita infatti il titulus crucis –, ma in un modo diverso da come noi immaginiamo i re e i dominatori di questo mondo. L’ultima domenica dell’anno liturgico termina, dunque, con la contemplazione della “regalità” di Cristo: culmine di ogni vita cristiana vera è, infatti, la proclamazione e il riconoscimento di questa regalità; anzi, la vita cristiana diventa autentica solo quando si inizia a intravedere il volto “singolarmente” regale di Gesù! Si cammina, si combatte per credere e affidarsi, si lotta per essere santi, ci si affatica per le strade della storia…ma per chi? per chi si cammina? per chi si combatte? per chi si lotta? per chi ci si affatica? È sempre forte il rischio di spendere tutta la propria vita per un ideale (sia pure nobilissimo) o per qualcosa: è un rischio perché gli ideali, se sganciati da un volto, se isolati dall’altro, possono diventare disumanizzanti. Certo, anche un volto può divenire un idolo che incatena, suscitando schiavitù! Persino Gesù può essere ideologizzato o tramutato in idolo: ma se ci si lascia incontrare da Lui in verità e non nelle nostre proiezioni, il suo sguardo consegna all’uomo un’umanità libera da sé, capace di amare… una umanità la cui verità è solo l’amore.
Gesù è re perché, amando fino all’estremo, non si è lasciato dominare dalle logiche mondane di vendetta, di rivalsa, di una giustizia che misura tutto, retribuendo o punendo: egli è re perché non si è lasciato dominare, ma ha dominato il mondo con i suoi meccanismi e i meccanismi che si muovono in ogni cuore umano e anche nel suo cuore di vero uomo; Gesù è re perché ha fermato l’“ingranaggio” che da sempre fa muovere il mondo e le cose degli uomini, l’ingranaggio del male che genera male, della morte che genera morte, dell’odio che genera odio e lo ha fatto gettandovisi dentro, facendosene “schiacciare” («È stato schiacciato per le nostre iniquità», Is 53,5) e pagando il prezzo dell’amore che si dona senza riserve. È in questo modo che egli ha dato testimonianza alla verità… la verità su Dio e la verità sull’uomo. Su Dio, che in Gesù si è rivelato un Padre che «ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito» (Gv 3,16); un Dio che si china ai piedi dell’uomo per toccarlo nelle sue miserie e nel suo peccato di cui si fa carico; un Dio che regna in un modo altro rispetto ai regni del mondo e che, tuttavia, dirà una parola di verità e di senso sulla storia.
Sull’uomo, che è in Gesù si scopre creatura infinitamente amata da Dio; che in Lui si sente chiamato figlio, nato dall’Amore e destinato a realizzarsi nell’amore… uno che, per essere nella verità, è chiamato a ripresentare alla storia, sul proprio volto, il volto di Gesù nel suo «amore fino all’estremo» (Gv 13,1), dominando le logiche mondane e chinandosi ai piedi dei fratelli amandoli, non nonostante le loro miserie, ma nelle loro miserie. Gesù rivela all’uomo la sua verità, come una verità che non è senza Dio e in questo mostra una via di vera e piena umanizzazione. Dio e l’uomo, l’uno con l’altro, l’uno per l’altro. Dell’umanità di Gesù, così “carica” di Dio, Pilato, in modo “ironicamente” profetico, non può che riconoscere l’esemplarità: «Ecco l’uomo» (Gv 19,5). Se il Regno che Gesù propone e inaugura non è di questo mondo, se il suo Regno non è di quaggiù, occorre cercarlo nell’“oltre”, entrando in quella tensione di speranza che è capace di trainare la storia verso la meta e che, mentre la traina, la trasforma. La regalità di Cristo attrae al futuro di Dio, mentre chiede che ci si spenda qui nell’amore!