Non c’è passante che non volti lo sguardo di sera o di giorno per ammirare la bellezza ritrovata della Villa Comunale di Piedimonte Matese, ribattezzata “Giardini Egg” in memoria di Gian Giacomo Egg e dei discendenti che dopo aver impiantato a Piedimonte il più importante cotonificio del Regno (nel 1812) ne mutò l’aspetto e l’economia. Ne abbiamo parlato, con Francesco Ciardiello, ideatore e realizzatore del monumento posto al centro dello spazio verde recuperato dopo qualche decennio di abbandono. Con lui, artista del marmo e autore di numerose opere distribuite nel mondo, entriamo in alcuni dettagli, dalla scelta delle pietre ai modelli iconografici che l’intera opera presenta ai cittadini, ma anche sulle ragioni che l’hanno spinto a rappresentare un Egg-imprenditore-migrante.
Gian Giacomo Egg si riprende un posto di visibilità a Piedimonte Matese. Cosa ha significato per te ridare vita alla sua storia?
Ridare vita alla storia di Gian Giacomo Egg significa onorare il passato e il suo profondo insegnamento sul presente. È stato un viaggio di scoperta personale, comprendere l’impatto che ha avuto sulla comunità e come la sua storia possa ispirare nuove generazioni a perseguire i propri sogni e contributi significativi.
Descrivi l’opera: da quale pietra è stato scolpito? Quali le fasi salienti del lavoro?
La fontana si articola sulla vasca di forma ovale preesistente all’intervento, di dimensioni approssimative di 900x700cm, con profondità di 60cm e riempimento di 50cm. La struttura della vasca è suddivisa in quadranti. Il bordo della vasca, i quadranti e gli elementi di rivestimento sono realizzati in Majlat con una finitura satinata; un marmo estratto unicamente dalla cava di “Spuz” in Montenegro, noto per essere antigelivo, resistente alle macchie e versatile. Al centro della fontana si erge un basamento che funge da cascata, sopra il quale è collocata la statua raffigurante Gian Giacomo Egg, rappresentato come migrante. Questa è scolpita in marmo Nero Rabat, anch’esso con finitura satinata, scelto per la sua resistenza e notevole tenacità e durezza, che lo rendono particolarmente difficile da scolpire.
Il progetto ha inizio con il rilevamento della vasca esistente. Dalla forma ovale della vasca, ho deciso di suddividere l’area in quattro quadranti che sembrassero fluttuare nell’acqua grazie a una struttura portante adeguata. In questi quadranti ho scelto di rappresentare in bassorilievo le tappe fondamentali della storia industriale della manifattura, evidenziando il tema dello sfruttamento delle risorse naturali, in particolare dell’acqua, che ho esplorato e approfondito in tutta l’opera.
È iniziato così un meticoloso lavoro di ricerca fotografica, culminato nella lunga modellazione dei bassorilievi paesaggistici che ho poi scolpito.
I lavori sulla statua del migrante, G.G. Egg, sono cominciati con il suo modellato, a cui ho dedicato il tempo necessario per definire al meglio la composizione, la silhouette, le forme e i volumi principali, per esprimere al meglio tutti i concetti che volevo attribuire all’opera.
Successivamente, si è proceduto al taglio e alla sgrossatura dell’enorme blocco grezzo, rimuovendo il materiale in eccesso per avvicinarsi al modellato finale elaborato inizialmente. Infine, si è passati alla scolpitura e alla paziente rifinitura dei dettagli, un’operazione delicata che richiede grande precisione e cura. Considerata la tenacità del materiale e la complessità del modellato, è molto probabile che questa sia l’unica statua al mondo realizzata in questo materiale.
La statua completa è stata trattata con un rivestimento trasparente protettivo e successivamente installata nella Villa, similmente alla mia conversione contemporanea della sirena bicaudata.
Di quale messaggio si fa portatore Gian Giacomo Egg oggi in questo luogo?
Egg diventa il protagonista di una profonda evoluzione socioculturale, fondata sulla valorizzazione delle risorse naturali, sociali ed economiche. Attraverso il forte legame con l’amore per il territorio, il suo obiettivo è il benessere della comunità, nella consapevolezza che ogni individuo è chiamato a prendersi cura del proprio patrimonio. Questo amore per il territorio non è solo un sentimento, ma un impegno concreto per il suo sviluppo sostenibile, affinché le risorse di oggi possano essere trasmesse alle generazioni future. Gian Giacomo, grazie alla sua trasformazione industriale e socioeconomica, si fa portatore di un testamento non solo patrimoniale, ma anche affettivo. Solo coltivando l’amore per il proprio paese, conoscendo le proprie risorse e valorizzando il patrimonio territoriale, è possibile sperare in una rinascita, una rigenerazione culturale che guarda al futuro. Vivere questa esperienza ci rende consapevoli delle risorse che possediamo e della responsabilità che abbiamo nei confronti delle generazioni che verranno. Non esisterà, infatti, rigenerazione culturale senza una rigenerazione della comunità. La testimonianza di Egg e la sua storia portano, in questo luogo, il seme di una possibile rinascita territoriale e morale del Paese, che, fermo nel tempo, attende solo di essere coltivato. Ognuno di noi ha il compito di lavorare insieme per garantire alle future generazioni un posto migliore in cui vivere, un territorio che cresca con loro, in armonia con le risorse e le bellezze naturali che abbiamo il dovere di preservare e valorizzare.
Hai parlato di lui come “migrante”, una lettura oggi associata a difficili situazioni di dolore e disperazione. Per Gian Giacomo Egg la migrazione verso il sud Italia, per ovvie ragioni politiche, assume connotati diversi. Come mettiamo insieme la storia dell’industriale venuto a portare ricchezza e quella di chi è partito e parte tutt’oggi in cerca di una realizzazione?
La migrazione, nel contesto di Gian Giacomo Egg, assume un significato che si discosta dalle attuali connotazioni di dolore e disperazione spesso associate ai migranti odierni. Nel caso di Egg, la sua “migrazione” verso il Sud Italia non è un allontanamento forzato da una terra di origine segnata da povertà e conflitti, ma una scelta imprenditoriale e socioeconomica, legata alla sua visione di sviluppo e valorizzazione patrimoniale. Egg, infatti, diventa un “migrante” in un senso positivo: il suo spostamento ha lo scopo di portare innovazione, investimento e speranza per una rinascita economica e culturale di un’area che aveva ottimi presupposti per diventare un’eccellenza. Il suo approccio, dunque, è volto a dare una nuova opportunità alla terra che accoglieva la sua impresa, creando posti di lavoro e migliorando le condizioni di vita locali. D’altra parte, la migrazione che oggi coinvolge milioni di persone ha motivazioni e dinamiche ben diverse. Molti migranti contemporanei sono costretti a lasciare i loro Paesi d’origine a causa di conflitti, instabilità politica, disastri ambientali o mancanza di opportunità economiche. Questi migranti, pur cercando una realizzazione, sono spinti da una necessità di sopravvivenza e da un desiderio di migliorare la propria vita in condizioni che, purtroppo, sono segnate da sofferenza e incertezze. Ciò che mette insieme queste due storie, però, è il comune desiderio di “realizzazione”, anche se con traiettorie e contesti molto diversi. Mentre Gian Giacomo Egg migra per creare nuove opportunità, i migranti di oggi partono per cercarle. Tuttavia, entrambi, seppur in situazioni opposte, incarnano il desiderio di un futuro migliore, di un luogo dove poter crescere e realizzarsi. Proprio per questo, la storia di Egg può essere un esempio importante per le generazioni future. In un’epoca in cui molti giovani sentono il bisogno di emigrare in cerca di lavoro e opportunità, l’esperienza di Egg dimostra che è possibile trovare speranza e realizzazione anche nella propria città natale. Non è necessario andare all’estero per avere successo; valorizzare le risorse disponibili, come ha fatto Egg con il suo impegno verso la terra e la comunità, può diventare la chiave per una crescita sostenibile. Il suo esempio ci insegna che, con determinazione e amore per il proprio territorio, è possibile contribuire al benessere locale, creando occupazione e dando nuova vita alle tradizioni e alle risorse locali.
Quando ho scelto di ritrarre Gian Giacomo Egg nella statua in veste di migrante, ho voluto enfatizzare il doppio parallelismo che simmetricamente leggiamo dalla sua storia. Da un lato, Egg migrante svizzero, dall’altro lato, il suo “ritorno” a Piedimonte. Dopo la Seconda guerra mondiale non abbiamo resti tangibili e concreti di questa storia; quindi, ora è come se lui tornasse a raccontarla per farne esperienza. Inoltre, sebbene Ellikon sia stata ufficialmente la sua città natale, è sempre stata per lui una seconda casa, un luogo di intima appartenenza, una terra dove ha scelto di vivere, lavorare e contribuire alla sua crescita. Piedimonte rappresenta per Egg un luogo dove non solo è nato, ma dove ha trovato la sua vera realizzazione, un “luogo in cui nascere, vivere, morire”.
Una valigia e una bambina ad accompagnare il suo viaggio. Cosa raccontano questi elementi che hai scelto come parte integrante del corpo scultoreo?
Sulla bilancia che si delinea nella composizione della statua, troviamo due elementi opposti e complementari: a sinistra (destra di Gian Giacomo) il “carico della pesante borsa”, simbolo delle competenze tecniche e intellettuali, e a destra (sinistra di Gian Giacomo) il “dolce peso” degli affetti. La borsa, con il suo peso significativo, rappresenta il bagaglio culturale che caratterizzava Gian Giacomo Egg: le sue capacità imprenditoriali, le sue passioni per la botanica e per il paesaggio. È il simbolo del sapere e della professionalità, qualcosa che ognuno di noi porta con sé nel proprio viaggio di vita. La bambina, invece, insieme al testamento del pronipote Giovan Giacomo, sottolinea il profondo legame affettivo di Egg con Piedimonte e rappresenta il passaggio generazionale di un’eredità intangibile, ma profondamente radicata. La bambina è una figura sospesa nel tempo e nello spazio, la cui interpretazione è volutamente lasciata all’intimità dello spettatore. Attraverso di lei, l’opera non racconta solo una storia, ma invita chi guarda a fare un viaggio interiore, a confrontarsi con il proprio vissuto e con il legame tra la memoria personale e la storia collettiva. Un’opera d’arte, infatti, è sempre un dialogo con chi la osserva: un ponte tra il visibile e l’invisibile, tra ciò che è stato e ciò che può ancora essere. Pierre Placide Gaboury affermava: “Uno spettatore nel mondo dell’arte è come colui che vive in mezzo a tutti i tempi.”
L’artista, dunque, ha il compito di trasformare l’invisibile interiore in una dimensione reale e tangibile, creando un’esperienza universale. La bambina, oltre a incarnare gli affetti e il legame con la città di Piedimonte, diventa anche un veicolo attraverso cui l’opera si collega al vissuto personale dello spettatore. Ogni interpretazione è una porta aperta verso il proprio io, rendendo la storia di Egg qualcosa di vivo e attuale per chiunque.
Va aggiunto che la scelta iconografica della bambina ha anche una radice personale: durante la fase di progettazione e realizzazione dell’opera è nata mia figlia. Questo evento ha influenzato profondamente la mia lettura dell’elemento, donandogli un significato intimo e universale, legato alla continuità della vita e al passaggio di valori tra le generazioni.
Il tuo lavoro è la tua creatività vivono un positivo tempo di crescita. Percorrendo la linea del tempo, quali lavori ricordi con particolare emozione? E cosa dobbiamo attenderci per il futuro?
Ogni opera è un viaggio unico, carico di significati profondi e di emozioni. Tra i lavori che ricordo con particolare emozione, ci sono sicuramente le opere realizzate per il Santo Padre e l’Arcivescovo Mons. Stanislav Zvolenský a Bratislava, un’esperienza unica che mi ha permesso di legarmi profondamente a una comunità ricca di fede e di tradizioni. Un’altra opera singolare è la Madonna Ausiliatrice per il Santuario del Buon Consiglio a Torre del Greco, legata in modo indissolubile alla nascita di mia figlia. Questa scultura mi è stata commissionata nello stesso periodo in cui ho scoperto che aspettavamo una bambina, ed è stata consegnata pochi giorni prima della sua nascita. Questo legame tra vita e arte l’ha resa un’esperienza straordinaria.
Guardando al futuro, ho già intrapreso collaborazioni per alcune opere che saranno parte dell’ormai prossimo Giubileo, e, rimanendo in tema, sto lavorando a idee per nuove opere da proporre e collocare a Piedimonte, un luogo che per me ha un valore affettivo speciale. Inoltre, per questo Natale, a Piedimonte sarà esposta una mia scultura per tutto il periodo natalizio, un’opera che sto realizzando a compimento di un bozzetto ideato alcuni anni fa, i cui dettagli pubblicherò nei prossimi giorni.