Daniele Rocchi – “Speriamo che la caduta del regime porti ad una fase nuova e positiva per tutta la Siria. Ho parlato con il capo dei jihadisti di Hayat Tahrir al-Sham (Hts), Abu Mohammed al-Jolani, e con il suo vice, e mi ha assicurato il rispetto della nostra dignità, dei nostri diritti e delle nostre proprietà e delle minoranze. Nulla verrà toccato. Speriamo che le promesse fatte vengano tutte mantenute. Da questo punto di vista sono piuttosto ottimista”. Così mons. Hanna Jallouf, francescano della Custodia di Terra Santa, vicario apostolico di Aleppo, commenta al Sir la caduta del regime di Bashar Al Assad sotto l’avanzata delle forze di opposizione armata guidate dal gruppo Hts, sostenute dalla Turchia. Un ottimismo alimentato dalla sua lunga esperienza di parroco a Knaye, uno dei tre villaggi ‘cristiani’ della Valle dell’Oronte (gli altri due sono Yacobieh e Gidaideh, ndr.) nella provincia di Idlib, vicino al confine turco nella Siria occidentale. “Ho avuto a che fare con loro che controllavano la zona – ricorda il vicario che fu anche rapito nel 2014 dai miliziani di Al-Nusra poi diventati Hts -. Da lì sono passati tutti i gruppi di ribelli e terroristi, Isis, al-Nusra oggi Hts. Abbiamo vissuto così dal 2011 da quando ha avuto inizio la guerra. Ero riuscito ad entrare in dialogo con i loro leader locali ottenendo qualche margine di movimento come, per esempio, rientrare in possesso di proprietà cristiane espropriate in precedenza. Potevamo celebrare le nostre liturgie ma non avere esposti simboli religiosi sulle nostre chiese”.
A mons. Jallouf, tuttavia, non manca la prudenza per cui, spiega, “bisognerà attendere un po’ di tempo per verificare se alle parole seguiranno i fatti. Intanto posso dire che tutte le richieste che ho avanzato nel corso dell’incontro che ho avuto con lui appena entrato ad Aleppo, sono state recepite. Mi riferisco ai cristiani di Aleppo e al rispetto dei nostri luoghi di culto, delle proprietà dei cristiani come case, terreni, uffici, negozi e fabbriche. Per ora tutto sta andando nella giusta direzione. Spero che sia così anche a Damasco dove al-Jolani è arrivato da poche ore”. Ma senza l’aiuto della comunità internazionale “sarà difficile”, annota il frate che aggiunge: “per prima cosa la comunità internazionale deve rimuovere le sanzioni per ridare fiato all’economia del Paese e speranza alla popolazione in preda alla povertà. Deve poi contribuire alla ricostruzione del Paese devastato dalla guerra e dal terremoto del febbraio del 2023”. Tra le priorità ravvisate da mons. Jallouf anche “la riapertura delle autostrade M4 e M5 necessarie per favorire mobilità e commercio interno”. “La Siria merita un cambiamento sereno e trasparente” conclude il vicario che non manca di collegare simbolicamente “la caduta del regime e la nuova fase politica della Siria alla festa dell’Immacolata Concezione”.
“Che la nuova Siria possa rinascere all’ombra del manto misericordioso di Maria”.
Gioia e preoccupazione. La notizia della caduta del regime è rimbalzata da Damasco ad Aleppo dove, racconta al Sir il parroco latino della città, padre Bahjat Karakach, “stamattina ci siamo svegliati avvolti da un clima di festa, dai caroselli di auto e da canti di gioia. Le forze di opposizione siriane – spiega il francescano della Custodia di Terra Santa – sono entrate e hanno aperto le carceri e liberato i prigionieri politici detenuti. Si respira ovunque un clima di speranza”. Gioia mista a preoccupazione per le sorti dei cristiani “da sempre protetti, insieme alle altre minoranze, dal regime di Assad. La comunità cristiana, come molti siriani, in tutti questi anni di guerra e di regime sanguinario, è diminuita drasticamente. Molti sono emigrati all’estero. Adesso con questa nuova fase politica in tanti sperano di poter fare rientro nelle proprie case e terre e contribuire in modo fattivo al futuro della Siria”. La speranza di padre Karakach è che “le forze di opposizione e il futuro nascente Governo, diano conferme concrete a tutte le rassicurazioni che ci hanno dato circa il rispetto dei cristiani e delle altre minoranze nel Paese. I prossimi giorni saranno importanti per capire la veridicità delle loro affermazioni”.
“Noi cristiani non vogliamo essere trattati come minoranza ma come cittadini siriani con eguali diritti e doveri”.
“Nella caduta del regime degli Assad i cristiani vedono la fine della guerra e questo è un motivo di soddisfazione. I cristiani della Siria, così come tutta la popolazione siriana – rimarca il parroco di Aleppo – sono sfiniti dopo 11 anni di guerra che ha bloccato ogni forma di sviluppo, di economia e di futuro. Si sopravvive con difficoltà. Questi gruppi di opposizione armata negli ultimi due, tre anni, hanno mostrato tolleranza verso i cristiani cominciando a restituire loro i beni confiscati. C’è stata una svolta nel loro modo di approcciarsi ai cristiani. Entrando ad Aleppo – ribadisce padre Karakach – hanno lanciato messaggi di tolleranza e di dialogo verso le minoranze. Tutto questo ci rassicura un po’. Anche il fatto che il capo di questi gruppi, al-Jolani, non abbia voluto guidare il Paese ma lasciare che la transizione politica avvenisse senza scosse ulteriori ci fa capire che potrebbe esserci una reale volontà di non cambiare il Paese con una mentalità estremista”.
“Speriamo – conclude – che la caduta di Damasco sblocchi la situazione politica in Siria e che la comunità internazionale faccia la sua parte per stabilizzare il Paese e per far adottare una nuova Costituzione rispettosa dei diritti di tutti. Questa è la nostra speranza”.
Dalle parole ai fatti. “Damasco è nelle mani delle milizie di opposizione guidate da Hts che nei giorni scorsi avevano occupato Aleppo, Daraa e altre città siriane. Attualmente le stazioni di polizia, le caserme e gli uffici delle Forze dell’ordine, Ministeri e palazzi delle Istituzioni sono in mano loro. Registriamo l’apertura al dialogo del capo delle forze di opposizione a guida Hts, al-Jolani, intenzione che sarebbe confermata dalla notizia che un ex ministro di Assad, riparato in Turchia, potrebbe prendere in mano il governo di transizione”. Dalla capitale siriana, poche ore dopo la sua caduta e la fuga del presidente Assad, a parlare al Sir è padre Firas Lufti, parroco e guardiano del convento della conversione di san Paolo. Anche il francescano, come i suoi confratelli di Aleppo, confida nelle aperture di al-Jolani: “Ci auguriamo che alle sue parole seguano i fatti. Ma per verificare questo servirà un po’ di tempo. Conosciamo bene il background di Hts, è quello dell’estremismo islamico di Al Qaeda e delle affiliazioni all’Isis. Vero è che hanno dimostrato un cambiamento nel Governatorato di Idlib, verso i nostri frati e i cristiani dei villaggi dell’Oronte, come ad Aleppo e in altre località”.
“Ecco – dice speranzoso – vorremmo che questo diventi un comportamento condiviso dai tutti i gruppi che sono alleati con lui nella guerra contro il precedente regime”.
Il clima qui nella capitale adesso è piuttosto tranquillo, dopo una notte piuttosto movimentata con spari e scontri”. Padre Lufti non manca di registrare le preoccupazioni dei cristiani di Damasco ascoltate, spiega, “durante una riunione con capi musulmani e cristiani in cui sono risuonate domande sul futuro e su cosa fare in questo momento. C’erano tanti giovani cristiani che hanno manifestato la loro paura ad uscire di casa per non trovarsi di fronte a gruppi di armati che stanno saccheggiando negozi e che hanno già messo a fuoco una centrale di polizia. Questi giovani sono preoccupati perché non sanno come evitare, specialmente la notte, saccheggi e vandalismi verso le loro proprietà e i loro quartieri. Aspettiamo anche a Damasco l’arrivo dei capi militari dell’opposizione armata gli unici in grado di controllare queste schegge impazzite e riportarle all’ordine. In molti casi si tratta di ragazzi di meno di 18 anni, armati e che fanno paura. Ci vorrà ancora qualche giorno prima di vedere organizzato un servizio di ordine pubblico nelle strade”.
Prudenza. “La Festa dell’Immacolata e le imminenti liturgie natalizie ci spingono ad agire con prudenza. Con i confratelli – rivela padre Lufti – abbiamo deciso di sospendere per questi giorni il suono delle campane. Vogliamo prima sapere se questi miliziani ci permettono di farlo. Non vogliamo esporre la nostra gente al pericolo. Desideriamo – conclude – che in queste prime ore caotiche i nostri fedeli restino a casa, in attesa di tempi più tranquilli e dell’arrivo dei loro capi”.
Fonte SIR