Rosario Di Lello – In data 27 novembre u.s., sono entrato nella chiesa di Santa Lucia, in Piedimonte, e ho notato una impalcatura fin quasi al soffitto; ne ho chiesto il motivo ad un devoto e mi ha risposto che veniva utilizzata per degli accomodi, essendo prossima la festa annuale della Santa. Anni or sono, nell’indagare riguardo a storia e popolare tradizione medica nella diocesi di Alife prima dell’unione con quella di Caiazzo, ho appreso e annotato che a santa Lucia ha fatto riferimento due volte San Tommaso d’Aquino nella Summa Teologica del 1265-1274: era una giovane che, nata a Siracusa nell’ultimo quarto del terzo secolo, fu promessa in sposa ad un pagano del luogo. In occasione di un pellegrinaggio al sepolcro di sant’Agata, a Catania, per implorare la guarigione della madre, le apparve la santa e le predisse il martirio; di ritorno a Siracusa si votò al Signore e rinunziò al matrimonio. Fu allora che –s’era intorno all’anno 303 e in piena persecuzione contro i cristiani– il fidanzato respinto la denunziò al proconsole Pascasio (1). Il giudice minacciò di rinchiuderla in un lupanare, ma quella gli rispose che “il corpo viene contaminato soltanto se l’anima acconsente”; eseguirono la condanna a morte, fra tormenti, trafiggendole la gola, secondo alcuni, (2) o decapitandola, secondo altri(3).
Circa il ruolo nella medicina popolare, i santi risultano classificati in medici certi, medici probabili, medici secondo la tradizione, non medici, ma attivi in medicina, protettori contro gli stati patologici. I taumaturghi vengono, inoltre, distinti in: generici, contro tutte le malattie e specialisti, contro un certo tipo di infermità. Nel secondo caso, la specialità è stata attribuita al nome del santo o al genere di martirio sofferto o al morbo patito o alla causa di morte. Ebbene, santa Lucia non fu medico, però è stimata protettrice e, per giunta, taumaturga d’elezione contro le affezioni degli occhi. Più di altre ha ricevuto onori, omaggi ed ex voto; riconoscimento singolare è il collirio preparato dagli speziali del Medioevo e denominato Santa Lucia. (4)
Per quale motivo Le è stato attribuito questa funzione? Pare che l’opinione comune abbia ricondotto ogni cosa a episodi leggendari della vita: una versione racconta che Lucia compì, in merito, un prodigio terapeutico quando era ancora in vita; un’altra narra che durante il martirio le cavarono gli splendidi occhi; un’altra, invece, riporta che fu lei a strapparseli, per inviarli, in un vassoio, e così sottrarsi alle pretese del proconsole che degli stessi s’era invaghito. Da tanto hanno tratto origine anche le differenti raffigurazioni. D’altro canto è verosimile che il compito di protettrice e taumaturga della vista e degli occhi le sia stato assegnato in relazione al nome che, appunto, deriva dal latino lux, luce; (5) del resto, aggiungo, anche il comune modo di dire definisce “luce” gli occhi e “luce degli occhi” una cosa preziosa, ad esempio la vista e una persona cara; così pure santa Lucia è la protettrice degli elettricisti in quanto produttori di luce; infine, la maggior parte delle preghiere, delle invocazioni, degli scongiuri e dei proverbi popolari, attengono al bene più caro: la luce degli occhi.
In ogni caso e più nel dettaglio, della devozione per santa Lucia e della ricorrenza del 13 dicembre nella diocesi Alifana si trovano riferimenti, senza andare troppo indietro nel tempo, in documenti ecclesiastici del XIX secolo; (6) della diffusione del culto si rinvengono informazioni a stampa su storia e in tradizioni locali. In Alife, già nel Medioevo e dopo che nel IX secolo i Saraceni distrussero la chiesa matrice, le funzioni religiose vennero celebrate in un piccolo tempio dedicato alla Santa. Agli inizi del XII secolo, sorse la basilica di San Sisto che inglobò quel luogo di culto; pertanto la odierna cattedrale oltre che di Santa Maria Assunta in Cielo acquisì anche il titolo di Santa Lucia (7). In questo secolo, nella omonima cappella ristrutturata (8) una statua che, policroma, la raffigura, tiene nella mano destra un vasetto a clessidra con sopra due bulbi oculari; in occasione della festa, si pratica il triduo, il 13 di dicembre si celebrano una messa ordinaria al mattino e una solenne la sera e al termine della stessa i fedeli baciano l’immagine, da alcuni anni, nella circostanza, spostata, dalla cappella al davanti e al lato dell’altar maggiore (9).
In Sant’Angelo d’Alife – Raviscanina, prova di venerazione non recente è la chiesa di Santa Lucia, una delle prime costruzioni nell’ambito del castrum, castello medievale, già abitato nell’ XI-XII secolo. (10) Fu arcipretale; lo era nel 1591; lo rimase per alcuni anni fino a quando il titolo passò a Santa Maria della Valle, in Sant’Angelo. Col tempo, il primo edificio diventò un rudere nella cui abside rimaneva soltanto un affresco che, di tipo bizantino, riproduceva la Giovane Martire. In seguito, quei resti sono stati sottoposti a restauro. Il rispetto per santa Lucia era vivace tanto che i sacerdoti della zona e i devoti si recavano al castello nel giorno della ricorrenza. Anche dopo, in occasione della festa, la statua lignea della Santa, riconducibile al ‘700, è stata portata in processione dalla parrocchiale di Sant’Angelo fino alla cappella ristrutturata. (11) Nel 2016, una seconda statua, recente, è stata collocata, a permanenza, nel luogo di culto al castello. (12)
In Ailano la devozione sarà stata tutt’altro che trascurabile, se Le intitolarono la “Chiesa di Santa Lucia, alla pantana” –al pantano– in seguito, “loco Santa Lucia” –luogo Santa Lucia– ; oggi, l’edificio di culto non è più. (13)
In Piedimonte, nel rione San Giovanni e nel XIV secolo, edificarono –forse Sveva Sanseverino pronipote di san Tommaso d’Aquino – la piccola chiesa di Santa Lucia ad montes, interessante per “il portale, in travertino, ad arco acuto” e per le maioliche della lunetta le quali riproducevano un paesaggio con la Santa e gli episodi della condanna e della decapitazione. Il canonico Luigi Merolla la restaurò, in parte, nella seconda metà del XIX secolo, (14) ed è probabile che in quella circostanza sia stata posta in opera la composizione, in ceramica cerretese, ancora visibile negli anni Venti dello scorso secolo. Si racconta che subì gravi danni da un bombardamento alleato, nell’ottobre del ’43. Restarono le mura perimetrali e il campanile a vela. Il parroco di Santa Maria Maggiore ed un gruppo di cittadini volontari hanno dato inizio all’arduo, meritevole compito di rendere praticabile il suggestivo tempietto ad montes e di riaprirlo al culto.
Sempre in Piedimonte, la “Chiesa ossia Cappella della Trinità”, pur essa risalente al ‘300 fu poi dedicata a “Santa Lucia ad aquas”, a motivo del vicino torrente che ancora scorre a limite di Piazza Carmine. Due iscrizioni all’interno del tempio ricordano, rispettivamente, che lo stesso, ampliato e decorato, fu consacrato l’8 aprile del 1907 dal vescovo Caracciolo e che, distrutto nel 1943 dal furore della guerra, fu riedificato più capiente e consacrato nell’aprile del 1956 dal vescovo Dondeo (15). Una statua del 1906 – anno scolpito sulla base d’appoggio del piede sinistro – raffigura la Santa che tiene, nella mano sinistra, la palma del martirio con l’immagine, simile a maschera, della zona degli occhi. In passato, in occasione della ricorrenza, prima dell’avvento della luce elettrica –e perciò delle luminarie– gioia dei ragazzi era il falò che riscaldava – e faceva luce – nello spazio antistante. Prima del triduo il simulacro è stato esposto di lato e d’avanti l’altar maggiore; nel giorno della festa i fedeli, hanno assistito numerosi a tre messe ordinarie nella mattinata e ad una solenne nel tardo pomeriggio; al termine delle funzioni, hanno baciato il reliquario di Santa Lucia. (16) Ventisei ex voto, quasi tutti simili ad artistiche maschere bioculari, stanno in uno scarabattolo della sacrestia: sono la prova di intercessioni implorate e –perché no? – di grazie ricevute.
Nella mattina del 27 novembre 2024, sono entrato nella chiesa di Santa Lucia e, prossima la festa annuale, ne ho notato la statua esposta a capo d’altare, in alto.
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1- AA.VV., Lucia, in Enciclopedia dei Santi, Roma, Città Nuova, VIII, 1967. col. 246-247.
2- Cfr. Luciano Sterpellone, I santi e la medicina, Cinisello Balsamo, 1994, pp.233-234.
3- Cfr. Raffaello Marrocco, Memorie storiche di Piedimonte d’Alife, ivi, 1926, p. 275.
4- Adalberto Pazzini, Storia tradizioni e leggende nella medicina popolare, Milano,1940, pp. 124-134. L. Sterpellone, 1994, pp.7 e 233-234.
5- Cfr. A. Pazzini, 1940, p. 125. L. Sterpellone, 1994, pp. 233-234.
6- Cfr. Officia in die octava SS. Patronum, Titularumque ecclesiarum huius Alliphanae Dioecesis celebranda ex Octavario Romano deprompta, Neapoli, Carluccio, 1878, p.96, Officia Sanctorum pro Dioecesis Aliphana a Sancta Sede concessa, Pedemontii ab Aliphis, ex Typis Silvii Bastone MDCCCLXXXX, p. 157.
7- Cfr. Francesco S. Finelli, Città di Alife e diocesi, Scafati, 1928, p.189.
8- Gianni Parisi, Alife e le sue chiese, Piedimonte Matese, 2006, pp. 67-68.
9-Refer. don Pasquale La Cerra, 20-02-2016.
10- Cfr. Michelangelo Naldi, a c.d., Alexandri Telesini. De rebus gestis Rogerii Siciliae regis, Napoli,1845-1868, III, 14, pp. 135-136. Antonio De Sisto, Raviscanina paese mio, ivi, l’A., 1988, pp. 112.
11- Gabriele Martone, Rupecanina, Piedimonte Matese, 1956, pp. 6-19 e 20-23, Napoli, 1981, pp. 13-14, 55-59 e 64; Nicola Mancini, Raviscanina, Piedimonte Matese, 1998, pp., 25, 258 e 261; Antonio M. Napoletano, Ecclesia Sancti Angeli de Ravecanina, Piedimonte Matese, 2005, pp. 21-25, 164-165, 207-213.
12- Refer.tel., don Mario Rega, 15-03-2016.
13- Riccardo U. Villani, La Terra dei Sanniti Pentri, Curti (CE),1983, pp. 218 e 428.
14- Raffaello Marrocco, 1926, p. 275; Dante B. Marrocco, Il Vescovato Alifano nel Medio Volturno, Piedimonte Matese, 1979, p. 107.
15- Cfr. Dante B. Marrocco, Piedimonte Matese, ivi,1980, pp. 264 e 426.
16- Refer. don. Emilio Salvatore,20-02-2016.