Gli uomini, nel mondo, non vivranno lo stesso Natale; non ci saranno luci né regali sotto l’albero per tutti. Dietro le sbarre della Casa circondariale di Carinola il suono di chiavi e cancelli e avvisi ai megafoni suonano più familiari di campane e jingle che non ci saranno per chi vi abita da mesi, da anni…
Eppure il Natale, quello vero, è venuto per tutti e per ognuno: Dio ha preso forma di uomo per stare tra gli uomini, e dopo ha inviato altri perché la sua Parola di speranza e di misericordia attraversasse i secoli e il Tempo. È accaduto in passato; accade in questo presente che vede i passi di un Pastore, un vescovo, fermarsi nuovamente davanti alla porta del carcere presente nel territorio della Diocesi di Sessa Aurunca. Un luogo di scarto umano e sociale – come fu per quell’angolo buio in cui il Figlio di Dio venne al mondo – si apre alla speranza; ad una luce non artificiale racchiusa nel dono di un sorriso, di parole di conforto, di benedizioni, di strette di mano, di ascolto, di racconti. Per il vescovo Giacomo Cirulli Natale e Pasqua sono anticipati dall’incontro con questa umanità: è accaduto lunedì 16 dicembre in occasione del pranzo che il Pastore delle Diocesi di Teano-Calvi, di Alife-Caiazzo e di Sessa Aurunca ha offerto a sessanta detenuti in rappresentanza dell’intera popolazione carceraria; nell’occasione ha annunciato l’abituale dono di un dolce natalizio per tutti i cinquecento ospiti della struttura. Un abituale segno recapitato a ciascuno in occasione delle due maggiori feste cristiane dell’anno, insieme ad altre attenzioni che Mons. Cirulli dedica alla comunità di Carinola. Piccoli e grandi gesti tra cui il sogno di dare vita una struttura di accoglienza per le famiglie dei detenuti che impiegano diverse ore per raggiungere i loro cari in carcere, sia dalla Campania che dalla Puglia; ma anche da Sicilia e Calabria. L’intera macchina di Carinola e con essa i detenuti e le loro famiglie pagano lo scotto di una realtà geograficamente distante dalle città popolose, dai centri maggiori in cui la vitalità sociale garantisce anche maggior presenza di volontari in carcere e maggiori occasioni di uscita e di lavoro all’esterno per chi tra i detenuti può godere di condizioni di semilibertà.
Accolto dal direttore Carlo Brunetti, dal Comandante della Polizia Penitenziaria Attilio Napolitano e dal cappellano don Carlo Zampi, mons. Cirulli ha trascorso alcune ore nella struttura; il salone comunemente utilizzato come teatro e attività laboratoriali per un giorno si è trasformato in una mensa speciale in cui il cibo che più di ogni altro ha saziato i presenti è stata la spensieratezza di qualche ora, una distrazione, una canzone, una tavola imbandita a festa, un brindisi, l’arrivo di Babbo Natale con piccoli doni per i presenti offerti dalla Comunità di Sant’Egidio che regolarmente opera in questo ed altri carceri della Campania e che ha coordinato la speciale giornata nella persona del responsabile Antonio Mattone. Una complessa struttura organizzativa alla base di questo evento che ha visto protagonisti oltre a Sant’Egidio la cooperativa La Strada, impegnata nel sociale, che ha cucinato e somministrato i pasti. Come sempre fondamentale, la presenza di educatori, dei volontari e della Polizia penitenziaria presenti all’evento e in ogni giornata di carcere: insieme per curare, controllare, agevolare la vita e il rispetto delle regole in questo affollato luogo di sopravvivenza in cui emergono personalità contrastanti tra chi sogna la concreta possibilità di un recupero sociale e chi continua a scegliere di non cambiare continuando a delinquere anche da dentro; tra chi soffre l’astinenza di affetti e chi quella di droga o alcol: drammi da accogliere e da curare di cui le strutture – è il caso delle carceri in Italia – non sono sempre all’altezza.
Fabrizio M. è uno dei volontari che tramite il sindacato UIL, da un anno accede alla struttura mettendosi a disposizione per colloqui e incontri di catechesi “ben diversi da quelli che abitualmente si vivono fuori da qui”, ci racconta. Trent’anni, studente in Scienze Religiose; vive in un piccolo centro poco distante dal carcere dove ha scelto di portare tutto se stesso e il suo tempo, superando spesso gli orari previsti: “Qui i detenuti sentono forte il desiderio di raccontare se stessi e di essere ascoltati; i moralismi da queste parti non funzionano; l’accoglienza reciproca, quella sì, è la strada che mette in moto le relazioni”, spiega mentre ci accomodiamo a tavola. C’è vivacità nell’aria, l’euforia eccessiva di chi sa che tra qualche ora sarà tutto finito, la presenza-assenza di chi neppure parla con il suo commensale, l’amaro disappunto per coloro che hanno protestato e deciso di non rispondere all’invito a pranzo: l’immagine di questo pranzo ben sintetizza il micromondo in difficile equilibrio del carcere dove basta poco per spaginare il lavoro di mesi in cui si è provato a rieducare alla legalità e ai civili processi di convivenza. Azioni sempre sufficienti e mirate ai singoli casi? Azioni e progetti misurati sui bisogni e i problemi di ogni carcerato? Basta poco per mettere in discussione i rapporti di fiducia tra detenuti, tra detenuti e Polizia penitenziaria, tra detenuti e le figure che la Giustizia mette a tutela e controllo di diritti e doveri di ogni ospite presente a Carinola. E presenti al pranzo, come in altre occasioni di lavoro o convivialità proprio queste figure, tutte a garantire vicinanza e sostegno ma anche a chiedere collaborazione: il Provveditore dell’amministrazione penitenziaria della Campania Lucia Castellano, il Magistrato di sorveglianza Benedetta De Risi; la Dirigente sanitaria Antonella Migliozzi, la vicedirettrice Daniela Puglia.
Il Natale verrà e passerà; il mondo che è fuori, sotto le calde luci degli alberi addobbati e delle strade divenute vere e proprie gallerie a intermittenza, non saprà che in questo luogo vi sono soltanto neon fissi con la medesima luce fredda tutto l’anno. Non passi però dal cuore di quel mondo anche soltanto una preghiera per il giovane padre, per il magrebino senza famiglia, per l’anziano disorientato, per l’ex cantante di piano bar, per l’agente penitenziario, per i volontari, per chi gestisce questa casa e prova a piantare un seme di giustizia, legalità, futuro.