di Padre Gianpiero Tavolaro
Comunità Monastica di Ruviano (Clicca)
Quarta domenica di Avvento
Mi 5,1-4; Sal 79; Eb 10,5-10; Lc 1, 39-48
Giunta al termine dell’Avvento, la comunità cristiana è invitata a prestare attenzione alla capacità di leggere la piccolezza e l’insignificanza mondane delle vie che Dio sceglie di percorrere per incontrare l’uomo: chi cerca il venire di Dio nella grandezza e nel trionfalismo non potrà riconoscere il Veniente… la sua venuta non fa rumore per il mondo e il mondo rischia di rimanere indifferente dinanzi a un Dio che sceglie la via dell’umana insignificanza per parlare agli uomini e per cercare le vie del loro cuore. Allora si dischiude innanzi all’uomo un’immagine di Dio che contraddice tutte le immagini sfigurate di Lui che la religione ha creato: il Dio dell’evangelo non è il Dio di una potenza smisurata e inumana… non è il Dio dei potenti e dei grandi… non è il Dio che tuona minacce sulla storia e sui suoi indubbi peccati! Il Dio dell’Evangelo è Colui si fa portare per le vie del mondo stando nel grembo di una giovane madre.
Non è facile, non è immediato riconoscere un tale Dio! Eppure, l’evangelo di Luca mostra in Elisabetta l’umanità che è in grado di riconoscere la visita di Dio e, per questo, è in grado di esultare di gioia. Elisabetta ode null’altro che la voce della giovane madre di Nazareth che la saluta, ma in quella voce, in quel grembo incredibilmente gravido, riconosce nella fede la visita di Dio. Ecco dove è Dio: non nelle grandiose costruzioni dell’uomo, non nelle persone che contano e guidano la storia nei suoi grandi scenari… Dio è nella piccolezza del grembo di una donna, povero tra i poveri, fragile tra i fragili, umile tra gli umili!
Questo Dio sovversivo visita l’umanità in questo modo così dimesso per riaccendere la speranza… non una delle tante, vane speranze che l’uomo cerca di darsi per vivere, ma la “speranza certa” di cui solo Dio è capace! Per questo, nell’abbraccio di Elisabetta e Maria Luca mostra l’incontro tra l’Antica e la Nuova Alleanza, vale a dire l’incontro tra la promessa e il compimento! L’Antica Alleanza significa il desiderio, senza il quale non ci può essere incontro, perché non c’è attesa, non c’è apertura all’altro. Il desiderio è potente: è forza che trascina… è esso a rendere gli uomini capaci di vegliare, di attendere, come sentinelle nella notte (cf, Is 21,11).
Ma il desiderio, senza la certezza del compimento, sarebbe solo un inganno, un vago miraggio dal quale non si può che restare schiacciati. Nell’abbraccio di Elisabetta con Maria, il desiderio viene compiuto nell’incontro con l’Atteso! Il Quarto evangelo dirà che il Battista è l’«amico dello sposo… che esulta di gioia alla voce dello sposo» (Gv 3,29); ma per Luca, nel grembo di Elisabetta, egli esulta già al solo suono della voce della madre dello sposo! La sua è l’esultanza del desiderio che trova risposta, secondo, ma anche oltre la sua stessa attesa. Non a caso, dunque, la pagina della Visitazione contiene la prima, ma anche la più fondamentale, beatitudine dell’evangelo, quella della fede («Beata colei che ha creduto all’adempimento di ciò che il Signore le ha detto»).
Senza la fede, infatti, non si desidera nessun adempimento di promessa; senza fede non si può gioire di Dio; senza fede non si riconosce la visita di Dio! È la fede che ha permesso a Maria di riconoscere la visita da parte di Dio alla sua piccola vita e di accettarla; è la fede che ha permesso ad Elisabetta di riconoscere d’essere visitata dalla madre del Signore; è la fede che permette ancora, alla comunità dei credenti, di vivere la presenza/assenza del suo Signore e di attenderlo con i fianchi cinti! Non a caso, quella della fede è anche l’ultima beatitudine dell’
Maria ha creduto perché ha ascoltato e l’ascolto ha fatto in Lei la Parola, fino a dare carne alla Parola! Come Maria, che ne è l’icona, anche la Chiesa è tutta ascolto, per generare ancora la Parola al mondo… per accendere di desiderio il mondo in cui è immersa… per testimoniare la fedeltà di Dio alle sue promesse!