San Pietro, Rebibbia, San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore, San Paolo fuori le Mura: aperte le Porte sante, aperta la strada verso l’incontro con la misericordia di Dio: in successione le Basiliche romane (con la sola aggiunta della carcere di Rebibbia) si sono spalancate all’incontro con i pellegrini di speranza che nell’Anno Santo 2025 si recheranno in uno di questi luoghi per vivere l’esperienza del Giubileo, quel percorso (perché così va inteso e preparato) che culmina con l’abbraccio di Dio che perdona, che vivifica e in questo caso, per tradizione della Chiesa è definita indulgenza plenaria.
Ma oltre Roma, altri luoghi e pellegrinaggi o precise iniziative saranno la porta di questo passaggio alla vita nuova: nelle Diocesi, per esempio, le chiese cattedrali ed altre chiese designate dai vescovi sono il luogo dove vivere l’esperienza della riconciliazione. In alto casertano, il Vescovo Giacomo Cirulli ha aperto solennemente il Giubileo nelle Cattedrali di Alife, poi di Teano e di Sessa Aurunca e stabilito chiese giubilari i seguenti santuari: Santa Maria Occorrevole in Piedimonte Matese (Diocesi di Alife-Caiazzo); Santa Maria dei Lattani in Roccamonfina (Diocesi di Teano-Calvi); Santa Maria Incaldana in Mondragone e Santa Maria della Libera in Carano di Sessa (Diocesi di Sessa Aurunca); in esse i fedeli troveranno confessori a disposizione e parteciperanno alle celebrazioni anche in forma di pellegrinaggi organizzati. La confessione, la comunione eucaristica e la preghiera secondo le intenzioni del Papa sono l’impegno per l’indulgenza. Altre basiliche nel mondo e le tre in Terra Santa (Nazareth, Betlemme e Gerusalemme) sono stati indicati da Papa Francesco come altrettanti luoghi giubilari. Altri impegni come la carità, l’astensione da consumi superflui e futili, la visita agli ammalati, la carità ai poveri sono altrettante strade di incontro con la misericordia di Dio.
Il Vescovo Mons. Giacomo Cirulli apre il Giubileo nelle Cattedrali di Alife, di Teano e di Sessa Aurunca. All’ingresso di ogni chiesa, come previsto dalla liturgia ha innalzato il Crocifisso, che resterà esposto per tutta la durata dell’Anno Santo
L’indulgenza plenaria, che la Chiesa dona eccezionalmente e in occasione dei Giubilei condona il debito interiore e sana tutti i conti rimasti in sospeso con Dio per l’uomo che sceglie di chiedere questa speciale condizione di grazia: “Potremmo definire l’indulgenza come il dono totale e pienissimo della misericordia di Dio, a complemento, in un certo senso, del perdono delle colpe che riceviamo quando il sacerdote ci assolve dai peccati”, così il Card. Angelo De Donatis alla guida della Penitenzieria apostolica in occasione di un’intervista rilasciata al Sir nel maggio 2024. “Essa è il segno di come l’amore di Dio ecceda in ogni caso tutto il possibile male compiuto dall’uomo”. Ma come anticipato, il passaggio di quella porta è parte di un cammino che Papa Francesco ha voluto offrire ai credenti attraverso l’Anno della Preghiera che ha preceduto il Giubileo, un tempo per prepararsi e motivarsi all’incontro con il perdono, per viverlo da persone pronte a cambiare e a farsi annunciatori di speranza, quest’ultima, il tema portante di un Giubileo che si colloca in un tempo di forti contraddizioni sociali e politiche, di conflitti globali senza precedenti, di morti violente e inaspettate generate dall’istinto brutale e dall’incoscienza dell’uomo, dalle guerre per il possesso di terre, dalle catastrofi ambientali; una speranza urgente per gli scenari di povertà sempre crescente non più soltanto nei Paesi già segnati da fame e debito pubblico ma anche nelle realtà più sviluppate come la nostra Europa; la stessa speranza cristiana da disseminare nel cuore di una società pressata da instabilità politiche e mancate risposte che deludono l’aspettativa dei diritti fondamentali per il cittadino.
In questo turbinìo irrequieto, Papa Francesco ha collocato questa parola sfrattata dal linguaggio comune e dai gesti che ne testimoniano la possibilità, per far sì che il passaggio di ogni porta santa e il dono dell’indulgenza plenaria non sia solo un atto per se stessi, ma un impegno personale con l’obbligo morale di una ricaduta sulla vita del mondo. Ecco che “speranza” smette di essere una parola e diventa un impegno verso qualcuno e verso qualcosa, ed è capace di parlare di futuro, di attesa, di risposte che la fede sintetizza nell’esperienza di incontro con Cristo e la sua Parola, bussola certa di ogni pellegrino.